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 2021  aprile 12 Lunedì calendario

Ernesto Nathan, un ebreo mazziniano, riformatore e massone

Destini che non si sono mai sfiorati ma che ora s’incrociano per un fatale rincorrersi di date. Dunque il 6 aprile scorso, il martedì dopo Pasquetta, nella teutonica Tubinga è morto il teologo svizzero Hans Küng. Aveva 93 anni ed era stato uno dei due “esperti” più giovani del Concilio Vaticano II, dal 1962 al 1965. L’altro era Joseph Ratzinger.
Nel 1970 Küng conquistò una fama mondiale grazie al suo libro Infallibile?, divenuto poi un bestseller. Era la prima volta che una voce così autorevole della Chiesa metteva in discussione il dogma dell’infallibilità papale, che fu proclamato nel 1870 dal Concilio Vaticano I, convocato appositamente da Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti), l’ultimo papa re dello Stato Pontificio. Lo studioso pagò la sua libertà nove anni dopo, sotto Giovanni Paolo II, con il ritiro dell’autorizzazione a insegnare la teologia della Chiesa.
Tre giorni dopo la morte di Küng, il 9 aprile, è quindi caduto il centenario del “passaggio all’Oriente” di Ernesto Nathan, due volte Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia, la principale obbedienza massonica del Paese, e soprattutto gran sindaco di Roma dal 1907 al 1913. Nato a Londra nel 1845, i genitori ebrei di Nathan erano amici stretti di Giuseppe Mazzini, il magnifico Apostolo del Risorgimento italiano. E Nathan fu un ebreo mazziniano, riformatore e massone. Da sindaco di Roma, per esempio, fece approvare il primo piano regolatore della Capitale e aprì 150 asili pubblici (giusto per dire: sua collaboratrice fu Maria Montessori). Il suo discorso più famoso, Nathan, lo tenne il 20 settembre 1910 davanti alla Breccia di Porta Pia, nel quarantesimo anniversario della fine del potere temporale del Papa. La contrapposizione tra Chiesa e massoneria (fino all’avvento del fascismo la gran parte della classe politica indossava il grembiulino) fu violenta per decenni e Nathan si scagliò proprio contro l’infallibilità papale.
Vale la pena rileggere alcuni brani di quel discorso: “Ritornate, o cittadini, alla Roma di un anno prima della breccia; nel 1869. Convennero allora in pellegrinaggio i fedeli da tutte le parti del mondo, qui chiamati per una grande solenne affermazione della cattolicità regnante. S. Pietro, nella monumentale sua maestosità, raccoglieva nell’ampio grembo i rappresentanti del dogma, in Ecumenico Concilio; vennero per sancire che il Pontefice, in diretta rappresentanza e successione di Gesù, dovesse, come il Figlio, ereditare onnisciente illimitato potere sugli uomini, e da ogni giudizio umano i decreti suoi sottrarre, in virtù della infallibilità proclamata, riconosciuta, accettata. Era l’inverso della rivelazione biblica del Figlio di Dio fattosi uomo in terra; era il figlio dell’uomo fattosi Dio in terra!”.
L’allora sindaco di Roma ricordò che l’infallibilità riguardava persino l’emergenza delle epidemie: “Il pellegrinaggio ora ricordato fu per la infallibilità; quella infallibilità che ereditata dalla tradizione, passata nei costumi, si manifesta purtroppo oggi nell’ignoranza popolare che dinanzi all’apparizione d’una epidemia, appende voti alla Madonna e scanna i sanitari”. Era il tempo in cui per tutti i cattolici peste e colera erano una punizione divina.