Il Messaggero, 11 aprile 2021
Storia del Canale di Suez
Il gigantesco affollamento di navi bloccate a Suez si è risolto, ma paradossalmente proprio quel blocco, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, ci ha reso l’idea di quanto il Canale sia indispensabile. Ma che cosa succedeva quando quel Canale non c’era ancora?
Non solo non c’era, ma nessuno lo proponeva, nemmeno quando, fra ’400 e ’700, grandi navigatori andavano scoprendo terre lontane. L’idea di tagliare l’Istmo si affacciò all’epoca della spedizione di Napoleone in Egitto e in Siria (1798-1801), ma si concretizzò, dopo vari rinvii, solo fra 1859 e 1869, grazie alla tenacia di Ferdinand de Lesseps, ex-console francese ad Alessandria.
In antico, invece, un canale fra Mediterraneo e Mar Rosso era stato realizzato dal Faraone Nekao II intorno al 600 a. C.; nel III secolo a. C. Tolemeo II creò inoltre sul Mar Rosso la città portuale di Berenice.
Dopo la vittoria di Ottaviano ad Azio contro Antonio e la stessa Cleopatra nel 31 a. C., l’Egitto è assoggettato: quando nel 27 a. C. Ottaviano diviene Augusto e fonda l’impero romano, la terra bagnata dal Nilo è annessa come proprietà privata dell’imperatore. È il “granaio dell’Urbe”, ma fornisce anche materiali preziosi come alabastro, porfido, granito, marmo di grande qualità. Dopo Augusto si punta, in vari modi e momenti, su una rete di vie di terra e di acqua che collegano il Nilo e l’importantissimo porto di Alessandria con il Mar Rosso. Adriano, dopo la morte del favorito Antinoo (caduto nel Nilo durante un viaggio compiuto nel 130-131 d. C.), fonda in suo onore la città di Antinoupolis, ma traccia anche la Via Hadriana che dal nuovo insediamento e dal grande fiume porta a quel mare, passando per giunta accanto alle cave di porfido del Mons Porphyrites e a quelle di marmo del Mons Claudianus.
Alcune rotte seguivano anche la costa della penisola araba trasportando mirra e incenso da Sud e da Est, mentre, per via di terra, lunghe carovane muovevano dall’Arabia Felix (attuale Yemen) puntando verso Petra (nell’attuale Giordania). Un pullulare di traffici, insomma: ne parla nel I secolo d. C. un testo anonimo, il Periplo del Mare Eritreo. Comprende, oltre al Mar Rosso stesso, il Mare Arabico, il Golfo Persico, l’Oceano Indiano, il Golfo del Bengala. L’autore cita molti porti o emporia: la già ricordata Berenice, e poi Myos Hormos e Adulis, nonché Leuke Kome sulla costa arabica, e infine molti altri al di là del golfo oggi detto di Aden fino a Muziris e Poduke nell’India Sud-orientale. Queste rotte erano divenute più sicure da quando, poco prima del Periplo, era stato scoperto l’alternarsi annuale dei venti Monsoni, e quindi era possibile programmare meglio i calendari della navigazione. Da Myos Hormos partivano ogni anno 120 vascelli.
Dall’India si importavano merci di ogni tipo, spesso rare e molto costose, forse perfino troppo, come lamenta Plinio il Vecchio: perle, avorio, stoffe, pietre trasparenti, gusci di tartaruga, nonché (per gli stomaci forti dei consumatori romani) pepe e funghi prelibati. Da Roma e dall’Italia giungevano in India fra l’altro vino e ceramica, in un ampio quadro di relazioni: si sa che furono ricevute da Augusto numerose ambascerie di principi indiani.
Fra le testimonianze archeologiche ne scegliamo, per concludere, alcune piuttosto sorprendenti. A Pompei è stata rinvenuta una statuina d’avorio raffigurante Lakshmi, dea indiana della bellezza e della prosperità (è ora esposta nella mostra Pompei 79 d. C. in corso al Colosseo): rivela la presenza, nella ricca città vesuviana, di mercanti provenienti da quel lontano sub-continente. Sempre a Pompei si sono trovati graffiti murali “safaitici”: un dialetto sud-arabico, il che evoca quell’import-export di mirra e incenso di cui si è detto. In India, invece, è stato da tempo individuato uno dei porti citati dal Periplo, Poduke. Siamo ad Arikamedu, presso Pondicherry, ex-capitale dell’India francese: gli scavi sono stati condotti negli anni Quaranta del secolo scorso da un grande archeologo britannico, Sir Mortimer Wheeler. Sì, un insediamento romano in India: sono stati rinvenuti muri di cinta, strutture portuali e ampi magazzini, nonché abbondante ceramica aretina e anfore vinarie provenienti dall’Italia; da qui partivano perle e pietre semipreziose, ancora oggi fra le “specialità” del luogo.