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 2021  aprile 10 Sabato calendario

Intervista a Jean-Michel Jarre


Anche chi è soddisfatto della sua vita ha buoni motivi per pensare che Jean-Michel Jarre non se la passi affattomale. Unalungastoriacon Isabelle Adjani e quattro matrimoni condonneaffascinanti: Flore Guillard, Charlotte Rampling, Anne Parillaudeoggi conlastardi
Lanterne Rosse, Gong Li (nel 2019 i duehannocenatoall’Eliseocon Emmanuel Macron e il presidente cineseXi Jinping); unafamiglia piena di artisti, il padre Maurice Jarreèstatounfamoso compositore, il nonno André, oboistaeinventoreperfezionòil primo mixer audio, lamadreFrance Pejotpluridecorataper aver fatto parte della resistenza francese sopravvivendoancheal campodi concentramento. Il giovane Jean-Michel inizialasuacarriera come allievo del creatore della musicaconcretaPierreSchaeffer e di Karlheinz Stockhausen e nel 1976 conil suosecondolavoro, Oxygène, realizza uno degli album francesi piùvenduti di sempre: quindici milioni di copie in tutto il mondo (di cui dueinFrancia). Oggi levendite dei suoi album oltrepassano gli ottantamilioni di copiee Jean-Michel Jarre occupa anche cinque posizioni su venti nel Guinnessdeiprimati per i piùgrandi concerti della storia, con un secondo postoperunconcertoaMoscadel 1997a cui hanno assistito tre milioni emezzodi spettatori. Èdelloscorso capodanno infine la performance virtualeaNotreDamecheha attirato oltre 75 milioni di spettatori datuttoilmondo. Oggi Jarreèstato chiamato arealizzare le musiche per unimportanteevento: lamostra Amazônia basata sulle foto di SebastiãoSalgadochesi terràalla Philharmonie De Paris.
Comeènato questo progetto?
«Ovviamente conoscevoe amavo da moltotempoil lavorodi Salgado, che non è solo un fotografo ma un artista. Per cui quandola Philarmonie mi ha contattato per chiedermi sevolevofarpartedel progetto di una mostra che avrebbe coinvoltofotografiaemusicaero molto intrigato dall’idea. Era un onoremaancheunasfidaperché una cosa simile è piena di trappole: peresempioquelladi faredella musica-tappezzeria, oppure di fare della“worldmusic” o, ancora, una sorta di colonna sonora. E nemmeno unapprocciodaetnomusicologo andava bene secondo me. Infine, la musicanonpotevadipendereda una certa immagineperché ovviamentenonpotevaessere sincronizzata: diverse persone avrebbero guardato diverse immagini. Epoi c’eral’interesseper l’Amazzonia, per quello che significa dal puntodi vistaecologicovistoche il nostro futuro sul pianeta dipende daposti comequello».
In che modo ha risolto questi problemi?
«Sono partito dal fatto che la foresta èmoltorumorosa, unrumorefatto di suoni casuali, che non sono parte diun’orchestrazione: ci sonosuoni di uccelli che vanno e vengono, il ventodegli alberi, animali che camminano, volano, strisciano, le vociei canti tribali degli uomini.
Tutti questi elementi casuali sono partedi un’armoniaglobale. L’altro elemento su cui ho lavorato è il fatto cheinunpostosimiletuttoèin movimento così i suoni appaiono e scompaiono. Questoèstatoun approccio completamente nuovo al miolavoro: di solitoquando componiun brano parti dall’inizio e arrivi aunafine. Inquestocaso invece era come avere a disposizioneunatelavuotadove creare ununiverso di suoni elettronici legati allavitadella foresta senza lo scopo di illustrare o dinarrare: unaforestaimmaginaria.
In questo mi ha aiutato anche FedericoFellini».
Davvero?
«Sì. Nondimenticheròmai l’incontro con lui. Una delle cose che mi disse in quell’occasione fu : “Non mi interessafilmareinun determinato luogo come per esempioilMarMediterraneo, preferisco ricrearlo in studio con pannelli, dipinti, carpentieri ecosì via perché quella che voglio dare è la miaideadelmare. Allostessomodo, io che non sono mai stato nella forestadell’Amazzoniavoglio portarvi con me in questo viaggio.
Altreinfluenzepermesonostate
AguirreeFitzcarraldodi Werner HerzogeGli uccelli diHitchcock perché molti degli uccelli del film sonofalsi esi creaun’atmosfera molto strana incui un uccello può esseremoltocarinomaal tempo stesso davvero spaventoso».
Ilsuo potrebbeessere considerato una sorta di esperimento dimusicaconcreta?
Lei ha lavorato con uno dei padri di questacorrente, PierreSchaeffer… «Assolutamente sì. Questo lavoro è unmixtramusicaconcretaemusica elettronica».
Qualèstatalacosapiù importante che ha imparato da personaggi comeluiecome Karlheinz Stockhausen?
«Chelamusicaèfattadi suoni enon solo di note basate sul solfeggio. È il suonoaesserefondamentale, il sistema musicale viene dopo. Amo l’ideachevienedall’Egittoedalla Grecia per cui tutte le possibili
forme sono presenti già nella roccia e che la scultura non è altro che l’arte di rivelarle. La musica è la stessa cosa: tutte le musiche sono presenti nel suono e il lavoro del musicista è quello di tirarle fuori dal mondo “sonico”».
Lei è forse l’unica persona al mondo ad essere riuscita ad avere un immenso successo di pubblico facendo musica sperimentale. È addirittura nel Guinness dei primati: come ha fatto?
«Non ne ho idea. Con i lavori prima di Oxygène non ho avuto alcun successo e quando al mio primo concerto è venuto un milione di persone non ho capito neanch’io il perché. Forse una ragione è che, in quanto latino, ho sempre cercato di mescolare sperimentazione e melodia. La mia musica non ha niente a che vedere con jazz, blues o rock. Non ha niente a che vedere con la musica americana. Voi in Italia per esempio non siete interessati a un Celentano che viene dal Brasile o da una Mina che viene dal Madagascar perché avete già gli originali. E così è per il rock: gli americani e gli inglesi hanno gli originali anche se ci possono essere talentuosi artisti rock francesi o italiani. Ma il rock è la loro rivoluzione. La mia, la nostra è la musica elettronica: Luigi Russolo scrisse L’arte dei rumori nel 1913 e Schaeffer e Stockhausen hanno definito i concetti di musica concreta ed elettronica, quindi questi generi musicali hanno una legittimazione storica che viene dall’Europa».
Perché ha deciso di realizzare una versione del suo lavoro usando la tecnica “binaurale”?
«Io non sono un grande fan del “surround sound” ma credo che questa tecnica immersiva riesca a dare il senso di emozione che puoi provare quando ti trovi in una foresta come quella amazzonica. Per provare questa esperienza però bisogna assolutamente ascoltare i suoni con la cuffia: chi lo farà credo che resterà veramente sorpreso».
Ha incontrato Salgado?
«Sì certo. È venuto diverse volte nel mio studio per ascoltare la musica: siamo stati sulla stessa lunghezza d’onda fin dal primo momento riguardo a come dovesse essere».
Che tipo di persona è?
«È un artista molto sensibile e come molte persone che passano il loro tempo immerse nella natura ha un’anima… antica. Lui non ha fatto un reportage sull’Amazzonia, non la descrive ma ce la fa capire a un livello emozionale. Usa il bianco e nero che in natura non esiste, tutto il suo lavoro non riproduce la realtà ma ne coglie l’essenza, ed è proprio questo che fa di lui un artista».