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 2021  aprile 10 Sabato calendario

Intervista a Dusan Vlahovic


FIRENZE – È il ragazzo del 2000 che ha segnato più reti in Serie A, 13. La vita di Dusan Vlahovic, centravanti della Fiorentina, in Italia dal 2018, è cambiata un mese fa con i tre gol in un tempo a Benevento: una deviazione sotto porta, un tap-in e poi un sinistro da fuori proprio all’angolino. «L’avrò provato un migliaio di volte, quel tiro. È tutta la vita che ci lavoro. Ma quella tripletta è già dimenticata: col Milan non ho segnato, conta questo».
Il suo idolo Ibrahimovic le ha regalato la maglia.
«Mi ha impressionato la dedica: ‘In bocca al lupo per tutto, ti auguro il meglio’. L’ha scritta in serbo, la mia lingua. È stato unico».
Adesso per lei ci sono riflettori e paragoni eccellenti.
«Ma portano grandi responsabilità.
Alla mia età fai un gol e sei un fenomeno, sbagli due partite e sei un flop. So come funziona. Mi concentro, testa sulle spalle e piedi per terra. Non so se e dove arriverò, ma un giorno, voltandomi indietro, vorrei non avere rimpianti».
È vero che lei si trattiene a lungo sul campo a fine allenamento?
«Ogni giorno provo qualcosa di diverso: i tiri di destro, lo stop spalle alla porta, l’uno contro uno, il dribbling. Il trucco è ripetere il movimento all’infinito. Anche Ronaldo vuole sempre migliorarsi. È la strada del campione».
Come Ribéry, 38 anni, e l’entusiasmo del ragazzino…
«Uno dei più forti degli ultimi 20 anni. Un esempio. Guardandolo, mi sono detto: ‘Amico svegliati, qui non ci siamo’».
A inizio campionato lei era nella bufera.
«Con l’Inter ho sbagliato un gol e ne ho fatto prendere uno alla mia squadra. Ho vissuto un momento molto difficile. Mi sono detto che dovevo cambiare. Sono contento di aver preso uno schiaffo così grande da darmi la sveglia».
Lei ha detto di Haaland: “Non gli ruberei niente, credo in me stesso”.
«Sarò presuntuoso ma col lavoro duro e la testa giusta posso arrivare anche io. Haaland lo guardo, cerco di capire come si muove, come finalizza. Però poi mi concentro sui miei punti forti e su quelli deboli.
Non è bello per me essere alto 1 e 90 e non far gol di testa (sorride, ndr)».
Resterà alla Fiorentina?
«Non mi piace parlare del contratto perché non siamo in una bella situazione di classifica. Commisso farà di tutto per portare in alto la squadra perché è ambizioso. In estate vediamo, sono aperto a ogni discorso con il club».
Cosa ha provato a leggere la lettera di dimissioni di Prandelli?
«C’era molta umanità dentro.
Rispetto la sua scelta, gli auguro il meglio. Quando Prandelli è arrivato mi ha chiamato nel suo ufficio: ‘Hai 7-8 partite. Punto tutto su di te. Tu non ti preoccupare e gioca tranquillo’. Non segnavo e lui mi ha fatto battere i rigori per sbloccarmi».
Come si vive lo spogliatoio ai tempi dei social?
«Nel mondo digitalizzato si stanno perdendo i confronti umani. Quando esco con gli amici, con la ragazza, coi genitori che non vedo da tanto tempo, non ricordo un momento dove non ho preso in mano il cellulare dopo due minuti. Mi sta dando fastidio questa cosa, vorrei cambiarla. Entri nello spogliatoio e su dieci persone nove hanno il cellulare in mano. È anche colpa nostra, ognuno guarda al suo».
Poteva diventare un giocatore di basket?
«È uno sport che amo. Ho iniziato a giocarci a quattro anni, con il mito di Jordan in testa, ero alto come i miei coetanei. A 12 sono cresciuto di 15 centimetri in una sola estate, ma il calcio era da tempo nella mia vita.
Prima le partite con gli amici, con tantissima gente intorno a guardarci: se perdevi non potevi più rigiocare per tutto il giorno. Quando ho detto alla mamma che volevo fare il calciatore lei mi ha detto che non c’erano problemi. I miei genitori sono sempre stati il mio sostegno, come mia sorella. Dopo la scuola calcio sono andato nel Partizan. Due anni di giovanili e poi in prima squadra».
Come è stato il suo arrivo in Italia da Belgrado?
«Ho esordito nel Partizan a 16 anni.
Segno, gioco. Poi firmo un precontratto con la Fiorentina e da quel momento non metto piede in campo per un anno e mezzo. Non so perché mi hanno fatto questo. Mi allenavo da solo.
Non è stato facile ambientarmi in Serie A, qui tutto è perfetto. Quando poi è arrivato Muriel ho chiesto di giocare con la Primavera per riprendere il feeling col gol. È stata la scelta giusta».
Lei gioca al Fantalcalcio: chi schiera in attacco?
«Me stesso, ovvio! (sorride, ndr).
Milenkovic, per me un fratello maggiore, mi ha aiutato a fare l’asta e l’ho preso in squadra con Dragowski, Bonucci, Faraoni, Bonaventura, Çalhanoglu, Luis Alberto, Veretout, Cuadrado, Latuaro, Joao Pedro. Sono vicino alla vetta ma chi ha Muriel è in testa».
Muriel, appunto. Domani la sfida con l’Atalanta.
«Non abbiamo paura, proveremo ad essere al loro livello».
Nel calcio la sua Serbia è fuori dall’Europeo.
«È una ferita. Ora abbiamo iniziato bene il ciclo per il Mondiale, nel gruppo col Portogallo: tutto aperto, e l’ultima la giochiamo da loro. Se vuoi andare in Qatar devi vincerle tutte».