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 2021  aprile 10 Sabato calendario

Periscopio


Con un po’ di soldi rubati ai miei sperperi vorrei comprare un angolo di un palazzotto alla Don Rodrigo qui a Velletri, con un portale tardo nobiliare del Seicento. Serve per arpionarmi alla realtà, qualcosa che non galleggia nel vuoto. Aurelio Picca, scrittore (Maurizio Caverzan). LaVerità.
L’operazione politica di Conte è tutt’altro che facile da realizzare, anzi i dubbi sono enormi, anche perché è piuttosto complicato immaginarsi Beppe Grillo che molla sul serio il suo adorato giocattolo a qualcuno, fosse pure un ex Avvocato del popolo diventato addirittura, su Wikipedia, Conte I e Conte II. Fabrizio Roncone. Corsera.
Un nunzio apostolico dev’essere come una fisarmonica: flessibile. È un mestiere particolare, che richiede molte doti: anticipare, prevedere, reagire bene, essere umile, parlare sottovoce. «Spogliatevi di voi stessi», ci raccomandava il sostituto della Segreteria di Stato, Giovanni Benelli. Rino Passigato, 77 anni, già nunzio apostolico (Stefano Lorenzetto). l’Arena.
La deputata democratica Linda Sanchez prima che venisse eletto Joe Biden alla casa Bianca chiedeva a gran voce l’accesso dei media ai centri di detenzione, oggi dichiara che «non è appropriato per i giornalisti recarsi in queste strutture per i minori migranti». I media si adeguano, così come le associazioni di tutela dei diritti dei migranti che non osano contraddire i loro mecenati politici, i democratici. Intanto i pochi giornalisti investigativi indipendenti fotografano di nascosto l’orrore di questi campi dal confine messicano. Andrea Molle. ItaliaOggi.
Pupi Avati, 82 anni, bolognese di origini, studi in Scienze politiche («ero sedotto dai mestieri belli»), passione per il jazz, dal 1959 al 1962 fa parte della Doctor Dixie Jazz band come clarinettista («ma un giorno nella mia orchestra arrivò Lucio Dalla e capii che non era la mia strada»), per lavorare diventa rappresentante dei surgelati Findus («gli anni peggiori della mia vita»), poi l’incontro folgorante con Fellini che lo porta sulla strada del cinema. Alessandra Ricciardi. ItaliaOggi.
A ben vedere, vista l’inesistenza di una sanità europea, ormai soltanto l’euro e la Bce tengono insieme l’Ue. Basta scorrere gli acquisti dei titoli di Stato fatti in marzo dalla Bce nell’ambito del Quantitative easing e del Pepp per sostenere l’economia Ue di fronte alla pandemia: 3,8 miliardi per l’Italia (421 miliardi in totale), 4,8 per la Germania (592 in totale), 2,1 per la Francia (494 in totale), 1,48 per la Spagna (293 in totale). Nella Bce, giova ricordarlo, si vota a maggioranza, non all’unanimità. Una regola democratica, funzionale alla governance e perciò condivisibile, dalla quale non si potrà prescindere per ridisegnare e salvare l’Unione europea, oggi a pezzi e in evidente crisi di fiducia. Così divisa, quanto può durare ancora? Tino Oldani. ItaliaOggi.
Resta ferma la manipolazione comunicazionale di tipo allarmistico svolta dalla Rai, la tv pubblica: il Tg1 delle 20 di mercoledì 7 aprile apriva con la mesta notizia del numero dei decessi, mettendo in secondo piano la notizia del giorno, vera e consolante, dei pochi contagi, 13.708, su 338.939 tamponi (4,04%) e del numero decrescente dei ricoveri. Siamo per strada, on the road e dobbiamo accelerare, correre per raggiungere la meta di un adeguato numero di vaccinati. «Il resto è noia» cantava Franco Califano. Domenico Cacopardo. ItaliaOggi.
Era il 16 settembre 1992 e Craxi era a Berlino, con il Psdi, Vizzini e il Pds Occhetto per far ammettere il Pds all’Internazionale socialista. Alla notizia del crollo della lira, tutti gli altri erano rimasti senza parole, attoniti, Craxi scomparve. L’ho visto allontanarsi appena Vizzini ha parlato di crollo della lira. Si era infilato in una stanzetta e aveva già afferrato un telefono prima di chiudere la porta. Come ho poi saputo, si era buttato a capofitto per capire come stessero le cose. In mezzora, aveva parlato in Italia col premier, Giuliano Amato, col Governatore, con i responsabili dell’economia. Ha urlato e detto che sarebbe rientrato all’istante. Aveva fatto il Craxi, insomma, e aveva già imboccato la via del ritorno quando gli altri due, Vizzini e Occhetto, spompati erano ancora lì a interrogarsi. Così, in quello che è passato alla storia come «mercoledì nero», ho visto con i mei occhi che c’è politico e politico. Giancarlo Perna. LaVerità.
Le Br applicavano una selezione rigidissima nell’arruolamento, una disciplina ferrea nella clandestinità, quasi monastica (tutti i militanti ricevevano uno «stipendio» da operaio e non una lira di più, sconsigliate le relazioni sentimentali tra rivoluzionari), laddove Prima Linea era più spontaneista, cioè incasinata, e più porosa verso le frange del Movimento che la fiancheggiavano. La distinzione pesa, e non poco: gli ex di Prima Linea detenuti a Cuneo fanno sapere a Giorgio Soldati (che aveva spifferato alla polizia) che da loro troverebbe comprensione, che non dovrebbe temere rappresaglie. Ma Soldati chiede invece di andare nel braccio dei brigatisti, dove sa che lo aspetta un ben altro processo. Il 28 novembre scrive infatti ai compagni di Cuneo: «Sono stato torturato, ho parlato, ma ho cessato subito ogni forma di collaborazione. Confermo di avere con lo Stato un rapporto di guerra. È la giustizia proletaria che deve giudicarmi». Sono righe che sembrano vergate da uno di quei «magnifici giovani fanatici, credenti senza dio» elogiati da Michail Bakunin più di un secolo prima. Rivoluzionari accecati dalla furia ideologica, disposti ad annullarsi in un nichilismo incomprensibile, privo di futuro e di senso. È la sua autocondanna a morte. Sarà strozzato in carcere. Maurizio Pilotti. Libertà.
Non so se mi piace la parola femminismo. Di certo, mi piace pensare che le donne debbano essere riconosciute in tutto quello che fanno. Al potere ce ne sono tante, ma noi o non le raccontiamo o raccontiamo sempre le stesse donne di potere: le manager, le dirigenti, le straricche. E invece anche la proprietaria di un banco di ortofrutta è una donna che gestisce un’impresa, e lo fa al freddo, alzandosi al mattino prima dell’alba per alzare la saracinesca del suo negozio e occuparsi di tutto. E sì, quella è un’avventura. Se proprio c’è qualcosa cui vorrei che tutti venissimo educati è al riconoscimento di queste persone e delle loro storie, che io trovo avvincenti, bellissime, degne di rispetto e ammirazione come lo sono tutte le storie di lavoro e dedizione. Emma Marrone, X Factor (Simonetta Sciandivasci). il Foglio.
Vorrei smettere di sognare e cominciare a credere. Roberto Gervaso.