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 2021  aprile 09 Venerdì calendario

Ana Bettz, gli affari con la camorra e i soldi in nero per Gabriel Garko

C’è la cronaca mondana che diventa giudiziaria, con gli affari occulti tra la cantante-ballerina Ana Bettz e l’attore Gabriel Garko, coppia dello spettacolo fotografata al centro di Roma e intercettata dalla Guardia di finanza mentre contratta pagamenti in nero per una pubblicità. E c’è la storia di una imprenditrice ereditiera – la stessa Ana Bettz, al secolo Anna Bettozzi, vedova del petroliere Sergio Di Cesare – accusata di favorire la camorra, compreso il famigerato clan dei Casalesi. Questo e molto altro svela l’operazione condotta da quattro Procure (Roma, Napoli, Catanzaro e Reggio Calabria) con i Nuclei di polizia economico-finanziaria delle Fiamme gialle e il Ros dei carabinieri, chiamata «Petrol-mafie spa»: frodi fiscali e autoriciclaggio per un valore complessivo di circa un miliardo di euro, che hanno portato all’arresto di circa 70 persone in tutta Italia. Tra le quali Ana Bettz e un pezzo consistente della sua famiglia: due figli, un nipote, il compagno della figlia e l’avvocato dell’impresa.
I pagamenti a Garko sono diventati un capo di imputazione: autoriciclaggio aggravato dall’aver agevolato un’organizzazione di stampo mafioso (i Casalesi) perché 150.000 euro consegnati in contanti all’attore sarebbero parte dei guadagni illeciti derivanti dai finanziamenti ricevuti dal clan e riciclati attraverso la frode fiscale nel commercio di gasolio. Agli atti dell’inchiesta c’è una telefonata del 28 febbraio 2019 in cui l’attore (che al momento non figura tra gli indagati) si lamenta con la Bettozzi perché gli è arrivato un contratto da 250.000 euro mentre «doveva essere da 100», cioè centomila. La donna lo rassicura: «Abbiamo detto che dopo strappiamo tutto. Scusa, noi abbiamo stabilito 250... 50 te li ho già dati e rimangono 200», al che Garko chiarisce: «100 in nero e 100 fatturato... sul contrato va messo il fatturato!».
Ma al di là dei lati nascosti di un rapporto pubblicizzato sui settimanali rosa, l’indagine della Procura antimafia di Roma ha scoperchiato i finanziamenti occulti alla Maxpetroli (oggi divenuta Made Petrol) con cui la camorra riciclava i guadagni illeciti e correva in aiuto di un’impresa in difficoltà, realizzando un’evasione dell’Iva, dell’Ires e delle accise calcolata in oltre 185 milioni di euro. Dall’inchiesta risulta che il rapporto tra Bettozzi e il tramite della camorra, Alberto Coppola, è nato da un contatto su Facebooke s’è sviluppato facendo entrare nell’impresa ereditata da Ana Bettz i soldi del clan Moccia (tra i più importanti di Napoli), dei Casalesi (attraverso Armando Schiavone apostrofato come «il nipote del barbone», cioè di Francesco Schiavone detto Sandokan) e del clan Micola. Grazie a questi finanziamenti il volume d’affari della Made petrol sarebbe lievitato in tre anni – secondo gli accertamenti della Finanza – da 90 a 370 milioni di euro.
In un colloquio intercettato il 4 marzo 2019, la stessa Bettozzi ha in qualche modo confessato le sue relazioni pericolose, mentre cercava di convincere la sorella Piera a desistere dal progetto di aprire un deposito di carburanti: «A Piè, io dietro c’ho la camorra! Tu dove c... vai... Te stanno a pijà per il c... Lo sai quanto c’ha in giro Felice (...). E io controllo che sia borderline, quasi regolare... Sai quanto c’ha in giro! 15 milioni al giorno, quell’altro 5 milioni, io altri 5 e insieme c’abbiamo 15 e 10, 25/30 milioni al giorno! Tu dove c... vai? (...) Sei responsabile sempre te... Tu la legge, ti danno l’associazione...».
Felice è verosimilmente Felice D’Agostino, trentanovenne pugliese introdotto nella Maxpetroli da Coppola, fidanzatosi con Virginia Di Cesare (figlia di Ana Betz) da cui ha avuto un bambino, finito anche lui in carcere con l’accusa di associazione a delinquere. Come paventato dalla stessa Bettozzi, che l’11 maggio 2019 ebbe un primo complicato incontro con la Guardia di finanza.
Stava andando in Francia, al festival di Cannes, e fu fermata mentre passava la frontiera a Ventimiglia su una Rolls Royce guidata da un autista. I militari controllarono l’interno dell’automobile e trovarono 300.000 euro in contanti nascosti in uno stivale a coscia alta. La donna si attaccò al telefono con l’avvocato Ilario D’Apolito (altro arrestato nell’operazione di ieri) che gli ripeteva: «Ma la chiave ce l’hai tu?... Mettila in tasca ad Augusto (l’autista, ndr)...». Parlava della chiave delle cassette di sicurezza dell’hotel Gallia di Milano, dove poche ore più tardi i finanzieri scoprirono banconote per un altro milione e 700.000 euro. «Come hanno fatto a trovare le chiavi? – si rammaricò subito dopo l’avvocato —. Glielo avevo detto pure ad Augusto, mettitele nelle mutande...».