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 2021  aprile 09 Venerdì calendario

Risate a confronto Abatantuono sfida Matano


Diego Abatantuono e Frank Matano, due generazioni di comicità e stili diversi che si fondono in un film, Dica 33, diretto da Guido Chiesa (per Colorado e Medusa). È il libero remake del francese Chiamate un dottore! Un medico in servizio notturno ha un incidente stradale con un rider: a uno si distrugge la bici, all’altro si riacutizza la sciatalgia. Per sopravvivere alla nottata il medico guiderà il rider con l’auricolare nelle visite ai pazienti e con l’auto faranno le consegne a domicilio.
«I personaggi ci somigliano, il mio col suo cinismo burbero e il fare pragmatico, figli di un difficile rapporto familiare», racconta Abatantuono. «Il mio rider è un infantile, inguaribile ottimista, sarà costretto a un viaggio di maturazione», spiega Matano. L’incontro con i protagonisti è sul set nel romano quartiere Prati. Sullo schermo la loro coppia è inedita, ma nella vita gli attori, 65 e 31 anni, sono amici da tempo. «Ci siamo conosciuti a Torino sul set di Fuga di cervelli. Siamo entrati in confidenza, in vacanza a Riccione siamo stati bene, Frank mi ha insegnato giochi di prestigio». «È venuto anche a Caserta dai miei per il 25esimo compleanno», ricorda Matano.
Rispetto all’originale francese, dice Abatantuono, «abbiamo scelto la chiave del realismo, alla base della nostra commedia. Ci siamo allontanati dall’umorismo surreale ed esasperato dei francesi. Ricordate Louis De Funes nei Tartassati, in cui era il ragioniere di Totò? Faceva ridere, ma era esasperato.
Però si adeguava e gli altri lo avviluppavano nel realismo». Di realistico e contemporaneo ci sono i mestieri dei personaggi, il medico e il rider. Matano: «Mi sono fatto raccontare come funziona dai miei amici. E poi ho fatto il cameriere, il rapporto con il cliente è simile. Da cameriere devi conquistarti cliente e tavolo, devi farli ridere ma non troppo, altrimenti sei fastidioso, una buona scuola». Per Abatantuono la scuola è stato il palco del Derby di Milano. «A sedici anni ero lì che spostavo il microfono, aprivo il piano, ho capito subito che mi dava punti sulle ragazze. A differenza del teatro, che ti porti appresso, il cabaret ti aiuta a sventare i tranelli del cinema, capire quando le frasi della sceneggiatura sono sbagliate, cose che non diresti nella vita». Il suo primo pubblico è stato speciale: «Nel locale c’erano Cochi e Renato, Beppe Viola, Enzo Jannacci; se ridevano loro sapevo di aver colto nel segno». La mamma di Diego, guardarobiera, ogni tanto s’affacciava in sala: «Tentò di rovinarmi la carriera. Arbore venne a vedermi, voleva che facessi L’altra domenica con lui. Finisce lo spettacolo e va da mia mamma, che conosceva. “Chi è quel ragazzo bravo?”. Lei nomina tutti, Boldi, Teocoli, alla fine capisce e dice: “No ma quello è mio figlio, un deficiente”». L’intraprendente Abatantuono si affittò un teatrino in Piazza Navona, arrivarono tutti, Villaggio, Benigni, Vanzina e Vitti, che lo volle in Il tango della gelosia. «Dopo i primi due giorni non venne più nessuno, ma lo scopo lo avevo raggiunto». L’umorismo si raffina frequentando quelli che fanno ridere: «Oggi sembra ridicolo dirlo ma per tutta la vita sono stato il più giovane del gruppo. A sedici anni devi stare attento a quel che dici, Cochi e Renato non ci andavano leggeri, alla terza battuta sbagliata non ti chiamavano più». L’umorismo di Matano invece è figlio della rete: «Il mio è stato un inizio al contrario rispetto a Diego. Sono partito da YouTube, per noia, in provincia di Caserta. Ho avuto la fortuna di trasferirmi adolescente negli Stati Uniti, a scuola c’erano corsi di improvvisazione teatrale. Ho imparato ad essere sciolto in pubblico. Mi ha dato il coraggio di girare un video con i miei scherzi telefonici e metterli in rete». «A diciott’anni – ancora Matano – ti porti dietro il senso di inadeguatezza. All’inizio vivevo solo il momento. Poi è andata avanti un po’ da sé. Internet dà la possibilità anche ai più timidi di aumentare l’autostima, poi ti devi confrontare col pubblico in carne e ossa. In America ho provato la comicità stand up, per far ridere devi essere fedele a te stesso. Le persone ridono perché ti trovano autentico, poi perché sei divertente». Sottolinea Abatantuono che «talento e senso umorismo ce li hai o no, non si impara a scuola a far ridere. Vale per tutti i comici». Per lui oggi il mestiere è al cinema, «il punto di arrivo per tutti noi, il luogo dove lavorare a tutto tondo». Matano invece è reduce del successo su Amazon di LOL, dieci comici chiusi riuniti che si eliminano facendo ridere i colleghi. «In studio ho capito che era una cosa speciale, il rapporto tra noi autentico, ci siamo divertiti davvero». Ai critici che sostengono che il programma non faccia ridere, risponde: «La critica sarebbe utile per far scoprire al pubblico prodotti nuovi. LOL è stato visto da tutti, puoi fare le critiche che vuoi, ma il pubblico ha riso moltissimo. Spiegare la comicità è come vivisezionare una rana, scopri quel che c’è dentro, ma la rana muore. Giudicare la risata è come rivelare il trucco di un prestigiatore».