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 2021  aprile 09 Venerdì calendario

Tutte le polemiche del sofagate

«Ho riavvolto 150 volte la scena nella mia mente, deploro profondamente quanto accaduto». Charles Michel, raccontano i suoi, è molto triste per il “sofagate”. E anche in difficoltà, tanto da dover andare in prima serata sul canale belga Ln24 a raccontare la sua verità ed ammettere: «Forse ho sbagliato». Se a caldo l’attenzione era stata calamitata dal “machismo diplomatico” di Recep Tayyip Erdogan, ora è il presidente del Consiglio europeo a finire nella bufera per non avere reagito quando ad Ankara Ursula von der Leyen è rimasta in piedi, senza sedia, di fronte ai maschi seduti uno di fianco all’altro, spingendo la numero uno dell’Eurogoverno su un divano beige a distanza. E la questione che cresce a Bruxelles è decisiva: l’ex premier belga è rimasto impalato per mancanza di riflessi o per dolo? Una domanda tanto pressante che nella capitale dell’Unione parte il balletto delle veline, delle ricostruzioni e delle mezze verità.È l’abile diplomazia turca a dare perfidamente consistenza a un dubbio che già serpeggiava nelle cancellerie. Fonti governative di Ankara spiegano che «la delegazione europea non ha chiesto una diversa disposizione delle sedie, ci aspettavamo che i due ospiti si fossero accordati tra loro». Poi è direttamente il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, a intervenire: “Abbiamo accolto le richieste degli europei” sul protocollo. Infine il colpo da ko: un (anonimo) alto funzionario turco insinua che il “sofagate” sia nato dalle “gelosie” tra Michel e von der Leyen.Bersaglio centrato, visto che il dubbio serpeggia anche a Bruxelles, dove viene attribuita al belga una certa gelosia verso la tedesca. E già in mattinata inizia a emergere cosa sia accaduto ad Ankara, con tutti gli indizi che portano proprio al protocollo di Michel, l’unico ad avere gestito la trasferta in assenza di quello di von der Leyen e secondo i turchi (che hanno sfruttato l’occasione) ad aver concordato il format. Un sospetto avvalorato dall’ambasciatore Ue ad Ankara, il tedesco Nikolaus Meyer-Landrut, che avrebbe dovuto avvertire von der Leyen dei rischi. In mattinata l’ex sherpa di Angela Merkel fa sapere di non essere stato coinvolto nell’organizzazione del protocollo, gestito dallo staff di Michel. La situazione è tanto scivolosa che dalla sede del Consiglio europeo filtra una nota scritta dal capo del protocollo presidenziale – Dominique Marro – che dice e non dice quanto già stava emergendo.Marro ammette che il 5 aprile una missione del protocollo del Consiglio, senza quello della Commissione, si è recata nel palazzo presidenziale di Erdogan per preparare l’incontro. Ma, si giustifica, ai funzionari Ue è stato negato l’accesso alla sala degli incontri e quella della colazione: «Se fossimo potuti entrare avremmo suggerito di sostituire il sofa con due poltrone». Quindi racconta di avere sventato un secondo incidente (la cui esistenza già circolava) quando entrando nella sala del pranzo ufficiale pochi minuti prima dei leader i suoi hanno scoperto (ed evitato) che Erdogan sarebbe stato seduto di fronte a Michel, con un posto e una sedia di minor pregio per von der Leyen. Michel davanti alla tv belga si difende: «Non ho reagito perché c’era il rischio che fossi percepito come paternalista, ho pensato che avrebbe provocato un incidente più grave». Nel frattempo a Bruxelles si dava per certo che il protocollo del belga sapesse del divano riservato alla presidente della Commissione. Michel in tv cambia versione rispetto a Marro: «I servizi erano stati informati di come sarebbero state disposte le sedie, ma non in questo modo così distanziate». Poco prima il portavoce di von der Leyen aveva ricordato che ai due presidenti spetta lo stesso trattamento.I palazzi europei insomma ribollono e i maggiori gruppi del Parlamento Ue – popolari, socialisti e liberali – convocano Michel e von der Leyen in aula alla plenaria di fine mese. Dietro le quinte l’irritazione verso il belga è forte, anche se solo le donne del Pd (Picierno, Moretti e Toia) ne chiedono le dimissioni. In aula Michel troverà un clima incandescente, ma al momento è difficile pensare possa essere costretto al passo indietro: aprirebbe una crisi istituzionale e regalerebbe un’immensa soddisfazione a Erdogan, che dopo avere umiliato von der Leyen dimostrerebbe di poter far cadere il chairman del Consiglio europeo. Anche se, è la voce ricorrente tra diplomatici e ministri, la sua conferma al termine del mandato, tra 13 mesi, ora è quanto mai incerta. Troppo forte il dubbio di una faida dettata dalla voglia di affermare la primazia della sua carica rispetto a quella di von der Leyen.