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 2021  aprile 09 Venerdì calendario

Ultime sull’Alitalia


Il settore aereo è tra quelli più colpiti dalla pandemia virale ed è anche tra quelli che più stanno beneficiando di aiuti pubblici per sopravvivere ed evitare bancarotte in serie. Mentre il Governo italiano sta negoziando alacremente con la Commissione europea l’ennesimo rilancio di Alitalia, l’esecutivo comunitario ha permesso a Parigi e a Berlino di ricapitalizzare le loro rispettive compagnie di bandiera. Le situazioni, d’altro canto, sono molto diverse.
Secondo una recente ricerca dell’organizzazione non governativa Transport & Environment, dallo scoppio della crisi economica a causa della pandemia virale «l’esecutivo comunitario ha concesso aiuti pubblici alle aziende del settore per un totale di 37 miliardi di euro». L’obiettivo è stato di garantire la sopravvivenza di aziende che ormai assicurano un decimo dei voli, rispetto al 2019. L’organizzazione internazionale IATA stima che a rischio siano 25 milioni di posti di lavoro a livello mondiale.
Bruxelles permette la concessione di aiuti sotto diverse forme. Tra queste la prima – ex articolo 107/b dei Trattati – consente allo Stato di compensare danni legati a un evento eccezionale. Prima di dare il suo benestare, Bruxelles verifica che il danno sia legato all’evento (in questo caso l’epidemia virale) e che l’ammontare corrisponda in effetti al danno sofferto. Una seconda forma di sostegno si basa su un allentamento temporaneo, per via della crisi sanitaria, delle normali regole sugli aiuti di Stato.
Aiuti a Lufthansa e Air France sono stati concessi in linea con questa seconda fattispecie. È di martedì l’annuncio di un accordo tra l’esecutivo comunitario e il Governo francese (si veda Il Sole 24 Ore del 7 aprile). Quest’ultimo potrà ricapitalizzare Air France per 4 miliardi di euro. In cambio dovrà impegnarsi a recuperare il denaro entro sei anni. In giugno Bruxelles aveva dato un simile benestare condizionato alla ricapitalizzazione di Lufthansa, per 6 miliardi di euro.
Come è possibile che Air France e Lufthansa ricevano aiuti statali e Alitalia stia ancora negoziando con Bruxelles un accordo di salvataggio? Spiega Arianna Podestà, portavoce della Commissione: «Le aziende che erano già in difficoltà al 31 dicembre del 2019 non possono ricevere aiuti pubblici previsti dal quadro di riferimento temporaneo, comprese le misure di ricapitalizzazione (...) Alitalia è in perdita da tempo ed era già in difficoltà alla fine del 2019».
Nei casi francese e tedesco l’obiettivo è di aiutare la società, ma anche di salvaguardare la libera concorrenza. Poiché le due aziende in questione godono di «un significativo potere di mercato», prosegue la portavoce, entrambe hanno dovuto accettare una riduzione di rotte a Parigi, Monaco e Francoforte. I casi di Air France e Lufthansa sono quindi ben diversi da quello di Alitalia. A Bruxelles fanno notare che la società italiana ha potuto comunque contare su aiuti ex articolo 107/b per un totale di 297,15 milioni di euro.
Il negoziato tra Roma e Bruxelles sul futuro della compagnia prosegue da mesi. Per consentire la nascita della nuova società ITA in linea con le regole europee la Commissione deve garantire la discontinuità economica rispetto alla vecchia Alitalia e assicurare la ristrutturazione dell’azienda. Sul tavolo ci sono quindi la riduzione di rotte (tendenzialmente da Linate), la gestione di alcune filiali a terra, l’uso del marchio, il futuro del programma di fidelizzazione Mille Miglia.
Si può immaginare che in ultima analisi un compromesso possa prevedere una riduzione delle rotte e l’abolizione del programma Mille Miglia, in cambio dell’uso del marchio ed eventualmente del mantenimento di alcune filiali a terra.
Più in generale, lo scoppio della pandemia virale e lo shock economico stanno mettendo a repentaglio il settore. Notava di recente Fitch Ratings: «L’industria aerea è ciclica, stagionale, ad alta intensità di capitale e tra le più colpite dalla pandemia del coronavirus». In questo contesto alcuni analisti sottolineano la stratificazione delle regole europee. Queste impongono tetti alla presenza di soci stranieri (al 49% del capitale), limitano gli aiuti di Stato, prevedono confini pur di garantire la libera concorrenza, in un mercato peraltro segnato da margini bassi, dove la concorrenza avviene sul prezzo più che sulla qualità. Ci si chiede quanto questa situazione – che nei fatti ostacola il finanziamento da parte dei governi, dei privati e degli stranieri – sia in realtà sostenibile.