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 2021  aprile 08 Giovedì calendario

I 50 anni di Villeneuve

Jacques Villeneuve, campione del mondo, figlio dell’indimenticabile Gilles, domani compie 50 anni. «Per ora è un numero. Invecchiare non è un problema».
Piccolo segreto: lei hai una collezione di computer e videogiochi anni ‘70-80, la fa sentire giovane?
«Ne ho un centinaio e funzionano. Li usavo da bambino, amavo programmare. A un certo punto torna la voglia di gioventù».
Che cosa programmava?
«Cercavo “trucchi” perché il computer facesse ciò che volevo. È un approccio che mi hai aiutato pure nelle corse».
Come?
«Nella ricerca degli assetti. Sperimentavamo con gli ingegneri, e spesso i “trucchi” funzionavano bene».
Vincitore a Indianapolis, campione in F1. Ha avuto tutto quello che voleva?
«Mi manca Le Mans. Con quella avrei avuto la Tripla Corona, ci è riuscito solo Graham Hill».
Quanto ci ha messo a togliersi di dosso l’etichetta di «figlio di Gilles»?
«Gradualmente: prima con il successo a Indy, ma soprattutto con quello in F1. Finalmente hanno iniziato a vedere due persone, prima ne vedevano una sola».
Che cosa è cambiato?
«Il problema non era essere considerato il figlio di Gilles, ne andavo fiero. Il problema era che si arrabbiavano quando dicevo che non correvo per continuare il sogno di mio padre. Così ho deciso di non parlarne più, perché era diventato impossibile dire la verità».
Ma davvero non ha mai avuto questo desiderio?
«No, mai. Papà mi ha fatto conoscere le corse, ma correvo perché lo volevo io non per proseguire ciò che si era interrotto».
La rivalità con Schumi
Come a scuola c’è sempre quello con cui non potrai mai andare d’accordo
Nel 1997, duello Mondiale con Schumacher a Jerez. Se ci ripensa che le viene in mente?
«Che Michael, venendomi addosso, mi ha aiutato a vincere. Non posso essere arrabbiato».
Perché i rapporti fra voi erano inesistenti?
«Come a scuola, c’è sempre qualcuno con cui non andrai mai d’accordo. Era uno scontro fra lupi, lui era il lupo più forte. Da battere».
Dopo la morte di suo padre, a 11 anni, pianse per giorni e poi disse: «Devo andare avanti». Una forza enorme.
«Questo atteggiamento ha avuto lati positivi, e negativi: ho perso anni d’infanzia. Mi ha fatto crescere, ma forse qualche danno l’ha provocato».
Nel 2012 ha guidato la Ferrari 312 T4 di Gilles.
«Stupendo. Mi sono immaginato lui che si sedeva dentro per la prima volta, guardando quella tecnologia avanzata per l’epoca. A me sembrava vecchia, pericolosa, per quanto fosse divertente da portare. Girando cercavo di capire che cosa passava nella testa di papà».
Lei da piccolo a Fiorano su un albero a mangiare fichi.
«L’albero non c’è più».
È lì che le è venuta voglia di diventare pilota?
«No, da prima. Gare di motoslitte e poi di macchine, vivevo nei circuiti sul camper».
Non era un luna park per un bambino?
«Divertente, però non avevi molti amici. E poi non funzionava con la scuola».
Diverso da mio padre
Vincendo mi sono tolto di dosso l’etichetta di figlio di Gilles, non era facile
E i suoi quattro figli che cosa fanno?
«Studiano, a nessuno piacciono le macchine».
Come mai?
«Perché mi vedono come telecronista non come un pilota».
Come vede questo Mondiale di F1?
«Tirato. La Red Bull ha una gran macchina, ma è abituata a stare davanti e si è fatta sorprendere in Bahrein, avevano la vittoria in tasca e sono riusciti a perdere. Anche Verstappen ha una pressione diversa, non può sbagliare».
Ferrari?
«Meglio dell’anno scorso».
Ci voleva poco.
«Sì ma a tante squadre è capitato di andare peggio nella stagione successiva. A Imola si capirà di più».
Non deve essere facile per Leclerc lottare a centrocampo.
«Per Charles il vero pericolo è Sainz».
Perché?
«Perché Carlos non è mai stato in una squadra così importante: si è costruito nel tempo, arriva con grinta ed esperienza, è abituato a confrontarsi con compagni veloci. È freddo, studia, può dare molto fastidio a Charles».
Verstappen-Hamilton
Sarà un Mondiale tirato, la Red Bull è più forte ma non è abituata a vincere
Hamilton meglio di Senna e Schumacher?
«Non lo so. Michael e Ayrton hanno vinto con macchine che non dovevano vincere, in situazioni complicate, senza il sostegno del team. Lewis invece ha sempre dominato con il mezzo migliore e con l’appoggio interno. Bisognerebbe vederlo senza queste due condizioni».