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 2021  aprile 06 Martedì calendario

Intervista al soprano Lisette Oropesa, vegana e maratoneta

«Di prima mattina, riposata, ho girato le scene sul letto, morente. E la sera, sfinita, cambio di abiti e parrucca, ciak in sala da ballo. Un’esperienza unica. Ma non facile. Quando si è chiuso il set di Traviata, nuovo film del Teatro dell’Opera, sono scappata in Toscana. A riposo, ho permesso alle emozioni di entrare. Ho elaborato tutto, ho pianto».
Una prova straordinaria, dice il soprano Lisette Oropesa, 37 anni, ma impegnativa persino per una vegana, runner, salutista come lei. Ha cantato, danzato, recitato, senza risparmiare mai la sua preziosa voce, con applausi a scena chiusa del maestro Daniele Gatti e del regista Mario Martone. Il film-opera, girato al Costanzi, coprodotto da Rai Cultura andrà su Rai3 il 9 aprile alle 21,20. La Oropesa il 16 aprile sarà di nuovo a Roma per il Gala di Belcanto di Santa Cecilia diretto da Pappano. E sempre diretta da Pappano inaugurerà la stagione della Royal Opera House con Rigoletto.
È la sua quarta Traviata in pochi mesi. E l’ha anche appena incisa con Oren. Perché a Roma è stata così impegnativa?
«Nelle regie teatrali il pubblico è davanti a noi. Avere una telecamera sempre intorno è come avere spettatori che ti seguono ovunque».
Quali complicazioni affronta un cantante su un set?
«Verdi ha scritto Traviata pensando a un percorso vocale. Prendere certe note è possibile perché prima ne hai cantate altre. Se si cambia l’ordine, la voce fatica di più. Tra l’altro il maestro Gatti ha voluto eseguire la versione senza tagli di tradizione, più lunga».
Lei ha appena registrato un album di arie da concerto di Mozart, che esce il 9 maggio, e sta per prepararne un altro. La sala discografica non funziona come un set?
«Sto lavorando a un disco di brani del repertorio francese di Rossini e Donizetti: arie impossibili.com! Diciamo che il set è stato un buon allenamento».
Set o non set, come sarà la sua Traviata?
«Una donna forte. E generosa, che sa sacrificarsi per gli altri. Io la vedo così e credo che sia scritta così. Non è una vittima lacrimosa, ma una persona consapevole del suo passato e del suo futuro».
I film-opera: esperienze da conservare o da archiviare?
«Il teatro è diventato un set perché ora è vuoto. Quelli girati negli studios sono sempre esistiti. Da piccola avevo a casa la Traviata di Zeffirelli. Sono sicura che se ne faranno ancora. Mi auguro però che non diventino la nuova normalità».
Americana e cubana. Che cosa conserva dei due Paesi?
«Sono figlia di migranti. Nata in Louisiana cresciuta al Met. Quando raggiungi un traguardo, pensi: il sogno americano esiste».
Quando si è accorta di essere una diva?
«Quando hanno cominciato a riconoscermi in strada. Wow, sanno chi sono? Scatta subito un senso di responsabilità. Devi comportarti sapendo che puoi rappresentare un esempio. Soprattutto sui social. Su Instagram ho più di 40 mila follower. Quando scrivi lì, resta per sempre. Internet non dimentica».
Lei rappresenta un esempio anche in temi salutistici: runner e vegana.
«Noi cantanti siamo atleti. Dipendiamo dai polmoni. E mantenere questa disciplina mi fa sentire più forte. Quando sono in Italia è una meraviglia anche noi vegani mangiamo da Dio».
Oltre che sane è importante essere belle?
«Cantanti belli ci sono sempre stati. Corelli era un dio. Ora però siamo in tanti a giocarci una parte. Ed è normale che tra 500 Violette si scelga chi si avvicina di più alla figura immaginata dal regista. Vale per le donne e per gli uomini».
Lei però è dimagrita tanto per paura di non lavorare. O no?
«Sono un soprano leggero: con tanti chili in più, voce e corpo non vanno più d’accordo».
Problemi di chili, ma mai sessismo?
«Non esiste un’industria che non soffra di sessismo. Il vantaggio è che un soprano deve essere una donna e non toglie lavoro agli uomini. Ma per registi, pianisti, direttori è diverso».
Direttori o direttrici: come mai ci sono poche donne sul podio?
«Comincia tutto nelle scuole. Se una ragazza al conservatorio si rende conto di essere scavalcata, cambia mestiere».
Il suo mestiere la porta ad avere ritmi impegnativi: incompatibili con la vita privata?
«Io e mio marito ci conosciamo da tanto tempo. Siamo felici e fortunati. Ci amiamo. E se hai una vita felice a casa, sul lavoro sopporti tutto. L’amore è la benedizione più grande».