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 2021  aprile 06 Martedì calendario

Hamza, la caduta di un principe

GERUSALEMME La madre di origine americana che per anni aveva coltivato lui e la speranza di vederlo alla guida del regno hashemita adesso prega perché «la verità e la giustizia prevalgano per tutte le vittime innocenti di questa campagna infamante. Che Dio ci protegga».Noor, la quarta e ultima moglie di re Hussein, era convinta che il primogenito Hamza sarebbe potuto succedere al padre, che l’avrebbe avuta vinta sugli altri figli maschi nati dai precedenti matrimoni. Il cancro che aveva colpito Hussein nel 1999 aveva deragliato queste ambizioni: Hamza aveva 19 anni, troppo giovane, e a due settimane dalla morte il monarca aveva scelto di lasciare in eredità il trono (più uno zio amareggiato e vendicativo) ad Abdallah, dopo aver promesso lo scettro nel 1965 al fratello, il principe Hassan.
È lui che in queste ore ha ricevuto il mandato di ricomporre la frattura nella famiglia ed è riuscito a ottenere da Hamza l’impegno di restare fedele alla dinastia.
Anche la crisi di questi giorni – con le accuse di complotto contro Hamza, tenuto sotto controllo e sorveglianza nel suo palazzo ad Amman – è una storia di principi ereditari che vengono sostituiti e lasciati da parte. Abdallah II lo ha privato nel 2004 del titolo che gli aveva concesso e cinque anni dopo ha nominato al suo posto il figlio Hussein. Con una lettera soffocava il sogno del fratello di conquistare un giorno le scettro: «Dover esercitare questo ruolo onorario ti ha ingabbiato e non ti ha permesso di assume le piene responsabilità che sono pronto ad affidarti».
Hamza sembra averlo preso in parola e dalla ristrettezza degli arresti domiciliari – le forze armate giordane non vogliono chiamarli così – allarga le sue responsabilità e libertà, anche se allora aveva risposto alla retrocessione con una promessa di devozione: «Resterò al tuo fianco come un soldato fedele e un fidato sostenitore per lealtà, amore e obbedienza». In primo piano via cellulare denuncia dal suo palazzo «l’incompetenza e la corruzione» del sistema al potere senza fare nomi. Prima con una videochiamata lasciata trapelare all’emittente Bbc, poi con una conversazione resa pubblica in cui ripete di non essere «disposto a obbedire agli ordini» del capo di Stato Maggiore che gli ha imposto di interrompere i contatti con il mondo esterno e soprattutto di «evitare qualsiasi attività che possa compromettere la stabilità della Giordania».
Con lui c’è la seconda moglie Basma, nata in Canada: condividono la passione per il paracadutismo e il volo (Hamza è un ufficiale dell’aviazione addestrato all’accademia britannica di Sandhurst, Basma una pilota acrobatica), la voglia di avventura e di solitudine nel deserto.
Il principe è benvoluto dai capi dei clan tribali che si muovono tra quelle sabbie: come lui protestano contro la corruzione e la crisi economica ¬aggravata in questi ultimi mesi dalla pandemia. «Gli interessi finanziari e personali sono più importanti della dignità e del futuro dei 10 milioni di giordani che vivono qui», ha proclamato il principe nel primo dei suoi messaggi.
Ayman Safadi, il ministro degli Esteri, sostiene che potenze straniere – senza indicarle sulla mappa – avrebbero tramato con Hamza e una ventina di cospiratori, tra i quali Bassem Awadallah, ex ministro delle Finanze, che adesso fa affari con i sauditi e gli altri Paesi del Golfo. Una persona legata all’intelligence di un altro Paese – accusa il ministro – avrebbe offerto ad Hamza di inviare un jet privato per portarlo all’estero assieme alla famiglia. Un’agenzia di stampa giordana fa il nome di Roy Shaposhnik e scrive che si tratta di un’ex agente del Mossad.
Shaposhnik ha contattato il giornalista Barak Ravid che lavora per il sito Axios e gli ha raccontato di non essere «mai stato un agente del Mossad»: «Sono un israeliano che vive in Europa. Da amico del principe mi sono messo a disposizione per aiutarlo e lui ha rifiutato». Shaposhnik ha una società nel settore della sicurezza privata ed è così che avrebbe conosciuto il principe.