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 2021  aprile 06 Martedì calendario

Biografia di Giovanni Amendola

Il futuro dell’area politica liberale, democratica e riformista, in Italia, giace sulle ginocchia di Giove, ma è utile ricordare che l’odierna attività ha un precedente assai nobile, l’Unione Democratica Nazionale di Giovanni Amendola, di cui il 7 aprile ricorre il 95° anniversario della morte.
Amendola è stata un’altra di quelle personalità generose, poliedriche e di grande intelletto degli anni a cavallo della Prima Guerra Mondiale, fino alla definitiva presa di potere del Fascismo. C’è una affascinante correlazione tra il periodo di fine della Repubblica Romana, dove nel mezzo delle sanguinose lotte civili emersero i personaggi più notevoli dell’antichità romana, e quella della morte della monarchia costituzionale italiana, con i suoi Gobetti, Albertini, Matteotti, Sturzo, Gramsci e l’anziano Giolitti. Amendola era uno di loro: nato nel 1882 a Napoli, dimostrò interesse per il giornalismo e la filosofia (nonché la teosofia), rifacendosi più a Kant che all’idealismo del mostro sacro Benedetto Croce. Ottenne a Pisa nel 1913 la libera docenza universitaria, ma la abbandonò in favore del giornalismo cominciando a collaborare con il Resto del Carlino nel 1912 per unirsi due anni più tardi al Corriere della Sera con una interruzione dal 1915 al 1917, quando fu richiamato sotto le armi.
Nel frattempo, coltivava la passione politica e si fece eleggere deputato alle elezioni del 1919, del 1921 e del 1924 tra le file democratico-liberali; nel 1922 fu pure ministro del governo Facta, formando nel mentre una quantità di partiti e gruppi parlamentari riguardevole, seppur con la stessa ispirazione.
Tre furono però le iniziative che connotarono l’attività di Amendola in quel turbolento periodo. La prima fu la fondazione del quotidiano Il Mondo, il cui primo numero uscì il 16 gennaio 1922. Fu un giornale di opinione di impostazione laica, liberale, risorgimentale, antifascista: il degno antenato del più noto settimanale che venne pubblicato nel dopoguerra sotto la direzione di Pannunzio. Questa incessante e creativa operosità giornalistica ha fatto si che il modo migliore per celebrarlo fu di intestargli l’Istituto di Previdenza dei giornalisti, che tutt’oggi porta il suo nome.
La seconda fu la famosa politica «dell’Aventino». Essa fu la conseguenza dell’omicidio nel giugno del 1924 del deputato socialista Giacomo Matteotti da parte di sicari fascisti, crimine che provocò una generale indignazione e per qualche mese scosse le fondamenta del governo fascista. Amendola, insieme con socialisti, liberaldemocratici, repubblicani e popolari, annunciò che non avrebbe più partecipato ai lavori parlamentari in segno di protesta per le illegalità. L’astensione dai lavori prendeva il nome dal colle Aventino, dove si diceva i plebei si acquartierassero nei momenti di scontro con i patrizi. Purtroppo, in parte perché i liberali, giolittiani e conservatori, e i comunisti rimasero a Montecitorio, la protesta non funzionò e nel 1925 Mussolini aveva ripreso il pieno controllo della situazione. Quando nel giugno di quell’anno Amendola creò l’Unione Democratica Nazionale, partito liberaldemocratico, moderno e ormai lontano pure dalla monarchia, Mussolini era ormai già il Duce.
Altro grande atto promosso nell’aprile del 1925 da Amendola fu il coraggiosissimo Manifesto degli Intellettuali Antifascisti, vergato in gran parte de Benedetto Croce, in cui si ridicolizzava il confuso e pomposo Manifesto degli intellettuali fascisti, firmato tra gli altri da Gentile, Pirandello e D’Annunzio.
Amendola divenne, così, il nemico pubblico numero uno del fascismo. Aggredito già a partire dal 1923, nel 1925 fu violentemente bastonato sia ad aprile sia a luglio. Gravemente ammalatosi a causa delle percosse, morì a Cannes l’anno successivo, il 7 aprile 1926.
Perché è ancora attuale Amendola, oltre che per il suo coraggio e il suo sacrificio? In primis perché ha dimostrato che le forze politiche autoritarie, sguaiate ed aggressive, temono prima di tutti chi ai voti unisce l’intelletto lucido e le idee che smascherano gli imbrogli. In secondo luogo, perché creò in Italia per la prima volta un collante liberaldemocratico (ne era dirigente un giovanissimo Ugo La Malfa) che si staccava sia dai liberali conservatori acquiescenti col fascismo sia dai giolittiani. Fu l’antenato del moderno liberalismo che cerca ancor oggi di affermarsi in Italia.
Infine, una lezione amara: contro avversari senza scrupoli qualsiasi forma di aventinismo non serve. Chi vuole combatterli deve farlo in tutti i luoghi possibili ed in modo unitario, giacché gli spregiudicati prenderanno sempre l’indignazione morale per debolezza. —