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 2021  aprile 06 Martedì calendario

Putin militarizza l’Artico

La Russia si sta rafforzando militarmente nell’Artide e sta testando le sue armi di ultima generazione in una zona che l’emergenza climatica ha reso da poco libera dai ghiacci: a riportarlo è la Cnn, secondo cui le immagini satellitari che ha ottenuto dalla società Maxar mostrano «un evidente e continuo concentramento di basi e mezzi militari sulla costa artica del Paese», ma anche «strutture di deposito sotterranee» che l’emittente americana ritiene «probabilmente» destinate ad armi «ad alta tecnologia» come il drone-siluro sottomarino Poseidon: uno dei razzi ipersonici nucleari che Putin presentò al mondo poco prima delle presidenziali del 2018 e che sarebbe capace di affondare navi e sommergibili ma anche di colpire strutture costiere.
Nell’Artide pare che la Russia abbia schierato bombardieri e jet multiruolo Mig31Bm, nonché nuovi sistemi radar vicino alla costa dell’Alaska. Le immagini citate dall’emittente mostrano inoltre «il lento e metodico rafforzamento» negli ultimi anni di aerodromi e basi dalla struttura a forma di «trifoglio» nei colori della bandiera russa. La situazione preoccupa alcuni funzionari Usa, ma le basi si trovano comunque nel territorio della Russia e, secondo la stessa tv americana, fanno quindi «parte di una difesa legittima dei suoi confini e delle sue coste».
«C’è chiaramente una sfida militare da parte dei russi nell’Artico», che include il rinnovamento delle loro vecchie basi risalenti alla Guerra Fredda e la costruzione di nuove strutture nella penisola di Kola, ha detto all’emittente un alto funzionario del Dipartimento di Stato Usa. Da parte sua, il portavoce del Pentagono Thomas Campbell ha confermato che «la Russia sta ristrutturando aeroporti e installazioni radar d’epoca sovietica» e «sta costruendo nuovi porti e centri di ricerca e soccorso».
Le ambizioni geopolitiche di Putin dunque passano pure dall’Artide. Mentre continuano le tensioni con l’Occidente, riaccese nel 2014 dalla crisi ucraina, la Russia denuncia l’espansione della Nato nell’Est Europa e militarizza pian piano l’estremo Nord, tanto che gli esperti del Centro Carnegie sottolineano come la Flotta del Nord a gennaio sia stata strutturata come Quinto Distretto militare russo. Ma con lo scioglimento dei ghiacci, tanto pericoloso per il pianeta, Mosca punta a sfruttare sempre di più l’Artico anche a fini economici. Il riscaldamento globale rende infatti più facile l’accesso alle immense riserve di idrocarburi della regione e meno difficoltosa la navigazione, come dimostra il graduale sviluppo del Severnij Morskoj Put: la Rotta Marittima Settentrionale che attraversa le gelide acque dell’Artico e, evitando Suez, dovrebbe accorciare i collegamenti navali tra Europa e Asia. Mosca scommette da tempo su questo «passaggio a Nord-Est», e dopo l’incidente della Ever Given che aveva bloccato il traffico di merci lungo il canale di Suez, l’ambasciatore russo per la cooperazione nell’Artico non ha perso tempo e ha subito rimarcato l’importanza di «rotte alternative»: a partire da quella del Nord ovviamente.
Per sfruttare il Severnij Morskoj Put anche nei mesi più freddi, la Russia sta ampliando la sua flotta di rompighiaccio nucleari e ha inaugurato anche una nave cisterna rompighiaccio: la «Christophe de Margerie», che, stando ai media locali, due mesi fa è stata la prima nave commerciale ad attraversare la Rotta Marittima Settentrionale a febbraio, quindi in pieno inverno, viaggiando da Jiangsu, in Cina, a Sabetta, hub siberiano del gas liquefatto. La via marittima potrebbe rafforzare i legami economici tra Mosca e Pechino, ma i funzionari Usa nutrono dubbi sulla legittimità di alcune norme che la Russia starebbe cercando di imporre. «Chiedono a ogni nave che passa dalle acque internazionali della Rotta di avere un pilota russo a bordo», dice il portavoce del Pentagono, secondo cui la Russia starebbe anche «tentando di chiedere ai vascelli stranieri un permesso speciale». L’obiettivo, afferma da parte sua un funzionario del Dipartimento di Stato Usa, sarebbe quello di «stabilire alcune regole» che siano accettate tacitamente dalla comunità internazionale «per poi affermare che è questo il modo in cui si suppone che le cose debbano funzionare». —