Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  aprile 04 Domenica calendario

Intervista a Stefanos Tsitsipas

Prendete un foglio, una matita e provate a disegnare il tennista capace nei prossimi anni di non far rimpiangere (non troppo, va bene…) Roger Federer: inevitabilmente vi uscirà il ritratto di Stefanos Tsitsipas, il nuovo cocco del circuito mondiale.
Giovane, alto (un metro e 96) biondo e bello come un dio, Stef è l’ideale greco del kalos kagathos - il bello che è anche buono - applicato al tennis.
Nato ad Atene ventidue anni fa, è figlio di Apostolos, ex maestro di tennis che oggi gli fa da allenatore in ticket con Patrick Mouratoglou, il guru di Serena Williams, e di Julya Salnikova, ex tennista riciclatasi in popolarissima anchor woman della tv post sovietica. Cromosomi compositi, arricchiti dall’eredità di nonno Salnikov, che da calciatore regalò un oro olimpico all’Urss nel 1956. Non a caso, con un innato talentaccio per la comunicazione - quattro anni fa alle Next Gen di Milano si aggirava per la Fiera realizzando video-interviste dei colleghi - e un rovescio a una mano che apre il cuore, Tsitsipas possiede il gioco più arioso e la personalità più intrigante della nouvelle vague. Certo, non ha ancora messo piede in una finale Slam, ma è numero 5 del mondo con cinque tornei pro in bacheca, fra i quali spiccano le Atp Finals del 2019. Ha già visto la morte in faccia - suo padre qualche anno fa lo ha salvato da un annegamento certo - e battuto due volte sia Djokovic che Federer e Nadal, quindi c’è poco che possa spaventarlo. Ciò che non tutti sanno è che la sua carriera è molto legata all’Italia. Non solo perché a Milano ha vinto il Trofeo Bonfiglio e le Next Gen Finals, o perché tifa Genoa, ma anche perché è stato giocando la serie B con il TC Galatina, in provincia di Lecce, che ha compiuto il suo primo passo verso il tennis dei grandi. «Sono arrivato a Galatina che avevo 13 o 14 anni - ci racconta via zoom da Marsiglia - Un ambiente fantastico. Ricordo che fui choccato dal livello, dall’energia e dalla passione che trovai nel tennis di club in Italia, e nel corso degli anni Galatina è diventata un pezzo della mia identità. Avevano messo su un bellissimo team, e una delle scelte più azzeccate è stata proprio scegliere me (ride)… Sono sempre rimasto legato alla città, al team al club, al presidente Stasi, che purtroppo è mancato qualche anno fa. Mi seguono e mi sostengono sempre: un paio di anni fa, prima della pandemia, sono venuti a vedermi agli Internazionali di Roma. Ma in generale con l’Italia ho sempre avuto un ottimo rapporto. La gente da voi mi tratta sempre molto bene, del resto siamo due nazioni simili, che hanno in comune gli stessi valori e principi».
Infatti per postare un selfie con Fabio Fognini ha scelto il più classico degli slogan italo-greci: #unafazzaunarazza. Un altro amico lo hai trovato all’altro capo della penisola, l’astigiano Davide Giusti…
«Con Davide ci siamo incontrati tre anni fa a Dubai, dove fa il maestro, ed è iniziata subito una bella amicizia. Ci ha invitati per la pre-season anche quest’anno al Jebel Ali, il resort dove insegna. È un ragazzo molto divertente e appassionato, è bello passare del tempo con lui».
Da Asti a Torino, dove quest’anno si giocheranno le Atp Finals. Contento della nuova sede?
«Grande! Sono contentissimo. Anche perché sono sicuro di mangiare dell’ottima pasta…».
E di bere dell’ottimo vino.
«… Anche. Ma quello solo dopo la finale, okay? Confesso che non conosco molto Torino, come non credo che gli altri tennisti sappiano bene che cosa aspettarsi. Ma so che l’Italia sta compiendo il massimo sforzo per organizzare le migliori Finals di sempre. Mancano ancora parecchi mesi, quindi ho bisogno di giocare bene per arrivarci, ma lo desidero davvero. E spero di qualificarmi anche in doppio con mio fratello».
Petros, di due anni più giovane di lei.
«Abbiamo debuttato in Australia, ed è stato il momento più bello della mia vita, meglio anche della semifinale che ho raggiunto in singolare. Al doppio ho deciso di dedicarmi di più perché sono convinto che possa aiutarmi a migliorare il mio gioco di volo, rendendomi più aggressivo, un po’ come faceva McEnroe, che in doppio si allenava per il singolare. In passato non l’ho preso seriamente, ma ora ho una occasione che non posso perdere: non c’è niente di più bello che avere tuo fratello a fianco in campo. E non mi importa cosa dice la gente, giocherò solo con lui».
Anche Jannik Sinner ha in programma il doppio nel 2021: ci saranno lui e gli altri italiani fra i suoi avversari nella gara agli Slam?
«Certamente. L’Italia ha una bella schiera di giocatori, giovani e molto forti: Berrettini, Sinner, altri ancora. Possono sostenersi l’un l’altro, e di sicuro avete già un ottima squadra di Davis. Ho già affrontato Berrettini, ha un tennis molto potente, come pure Sinner. Il mio augurio è che possano evitare gli infortuni, perché la cosa più importante a questo livello è restare in salute per poter giocare con continuità».
Il suo esempio aiuterà la Grecia?
«Vorrei che i nostri tennisti avessero le stesse opportunità dei vostri, perché sono convinto che potenzialmente ci siano altri giocatori forti oltre a me. Uno dei miei obiettivi è far nascere un torneo nel mio Paese, ne stiamo discutendo. Credo che la Grecia meriti non un semplice torneo Atp, ma un evento davvero importante. Negli ultimi due anni da noi c’è stato un aumento di popolarità del tennis, anche grazie ai risultati miei e di Maria (Sakkari, ndr), un torneo sarebbe il compimento di questa crescita e spingerebbe altri giovani a giocare. Voglio avere un ruolo in questo percorso. La federazione sostiene tutti, ma è sempre importante avere una figura in grado di ispirare gli altri».
A proposito di modelli: è vero che durante un torneo dell’Estoril ha immaginato di essere Cristiano Ronaldo per trovare la forza di vincere un match?
«Sì, è vero. Cristiano è una personalità molto interessante. È un lavoratore incredibile, si impegna più di tutti i suoi avversari. Ho visto i suoi video, il film che parla di lui, e credo che la sua etica del lavoro sia davvero spettacolare. C’è molto da imparare da Cristiano, ed è bello avere dei modelli del genere».
Lei è figlio di una giornalista - che una volta si è presentata a rampognarla in conferenza stampa - e molto bravo a maneggiare i social media. Una competenza che sarà richiesta sempre più ai campioni del futuro?
«Sì, per il tipo di atleta che sono, per quello che posso offrire, i social sono uno strumento ideale per ispirare chi mi segue. Mi preoccupo molto degli altri, ci tengo ad avere un feedback. Non per ragioni utilitaristiche, ma perché attraverso i social vorrei offrire una visione positiva e piacevole della vita. Per mostrare a tutti quali sono le cose che mi stanno veramente a cuore».
Il tennis ha bisogno di cambiamenti per attrarre ragazzi della sua età?
«Non sono esperto di infografica o presentazioni piene di cifre, non so dire a quale gruppo di età dovremmo rivolgerci. Però so che il tennis piace. La gente vuole vedere in ciascuno di noi non solo un tipo di gioco, ma anche una ben precisa personalità, qualcosa di particolare. Ci sono allo studio diversi formati alternativi, che forse possono dare un po’ più di pepe ai match rispetto al tennis più tradizionale. Ma non sta a me decidere. Se ci sarà un cambiamento sarà in meglio, non credo che nessuno voglia peggiorare il prodotto. A noi giocatori toccherà adattarci».
Djokovic sostiene che lui, Rafa e Roger non sono ancora pronti a lasciare spazio a voi giovani: cosa risponde?
«Be’, Djokovic se la sta cavando bene, mi pare, e gli Slam lo eccitano parecchio. Per me e la mia generazione però sarà più facile sconfiggerli: perché stanno invecchiando. Gli anni passano anche per noi, ma ne soffriamo meno. Può darsi che Djokovic vinca altri Slam, che batta tutti i record; o magari Federer e Nadal gli resisteranno, chi lo sa? Ma di certo non può durare all’infinito».
Se potesse scegliere un giocatore con cui sviluppare una rivalità come quella fra Federer e Nadal, chi sarebbe?
«Non ce n’è uno solo, ma tanti, questo è il bello. Dominic Thiem, Daniil Medvedev, con cui già ci siamo scontrati alcune volte, Denis Shapovalov, Alexander Zverev, Alex De Minaur, Frances Tiafoe… Il tennis ha bisogno di un confronto di stili e di personalità, e ciascuno di noi ha qualcosa da offrire di nuovo e di fresco. C’è chi ama il serve & volley e chi la tattica. Non si preoccupi, non rimarrete delusi».
Sua madre è russa, suo padre greco: come la influenzano le sue due nature?
«Be’, posso bere vodka durante un match e mangiare formaggio Feta ai cambi di campo… Scherzi a parte: tutte e due le mie nature sono importanti, e fanno di me quello che sono. Forse al lato russo è legata più la disciplina, ma sono riconoscente a entrambi i miei genitori per come mi hanno cresciuto. In realtà mi sento più greco, sono nato e cresciuto in Grecia, ma ho una formazione multiculturale, parlo entrambe le lingue e dalla Russia mi sono arrivate anche proposte per giocare con quella bandiera. Sono molto orgoglioso di entrambe le mie metà».
Che obiettivo ha nel 2021?
«Vincere un grande torneo: un Masters 1000, uno Slam. Mi concentrerò sui grandi tornei».
Qualche preferenza? Wimbledon, il Roland Garros?…
«No! Contano tutti allo stesso modo: va benissimo il primo che viene».