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 2021  aprile 04 Domenica calendario

L’italiana che sorveglia i vulcani

«L’eruzione è un po’ come un parto, fino a che non vedi la creatura sei immersa in mille preoccupazioni. Con i vulcani è uguale: ci sarà un’esplosione, sarà grande o piccola, la lava in che direzione andrà? Il momento in cui il fenomeno avviene, lo puoi finalmente conoscere, osservare e gestire: non passa l’emergenza ma almeno sai con chi hai a che fare». L’accento è quello toscano di sempre, spiccato e indelebile, la voce invece tradisce un po’ di stanchezza, dopo settimane in cui giorno e notte non sono esistiti, risucchiati dal monitoraggio continuo dei movimenti del magma alle porte di Reykjavík. Sara Barsotti, 45 anni, da 8 anni è la coordinatrice per la pericolosità vulcanica dell’«Icelandic Meteorological Office». E dalle 20.30 di venerdì è in prima linea per prevenire gli effetti della spettacolare fuoruscita di lava ad una ventina di chilometri dalla capitale islandese. «Che stesse per accadere qualcosa d’importante lo abbiamo capito il 24 febbraio, quando un sisma di magnitudo 5.7 ha interessato la vicina penisola di Reykjanes» - spiega la vulcanologa originaria di Carrara – «La terra da allora non si è più fermata, abbiamo contato oltre 53mila scosse. E i dati elaborati dai sistemi Gps e dalle immagini satellitari, ci hanno mostrato una forte deformazione della crosta terrestre: il magma stava spingendo per farsi spazio, e da qualche parte sarebbe dovuto uscire. Una situazione di massima criticità».
Ricercatrice precaria all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Pisa, otto anni fa è stata assunta – curriculum alla mano e dopo un solo colloquio via Skype – in seguito all’eruzione del famigerato e impronunciabile Eyjafjallajökull, che con le sue ceneri bloccò il traffico aereo di mezza Europa. Ed è suo compito, attualmente, vigilare i fenomeni associati a una eruzione, come la formazione di nuvole vulcaniche, il diffondersi di gas tossici, le traiettorie dei flussi lavici o eventuali inondazioni. «Nella serata del 19 marzo si è aperta una frattura di circa ottocento metri: ce ne siamo accorti dal bagliore trasmesso dalle telecamere, quasi nascosto dalle nuvole basse. Un elicottero si è alzato subito in cielo: il timore era che la lava potesse raggiungere Grindavík, una vicina cittadina da tremila abitanti. Fortunatamente invece si era incanalata verso una valle disabitata». Con un occhio alla protezione civile, per inviare in tempo reale i dati e concordare le azioni, e l’altro ai centri di controllo e agli aeroporti, per segnalare eventuali emissioni anomali di ceneri, l’attenzione della ricercatrice si è spostata sull’inquinamento. «Reykjavík ha 130 mila abitanti, un terzo dell’intera nazione. E’ necessario vagliare lo stato di salute dell’aria, con una eruzione così vicina e che potrebbe durare ancora per giorni, se non per settimane». Competenze e senso pratico, alta professionalità e affidabilità: l’ente statale islandese di ricerca e monitoraggio del clima ha scommesso su Sara Barsotti, scienziata italiana così abile nel "leggere" i vulcani. «Era un ruolo che non esisteva, e penso di aver risposto alle loro aspettative. Il fatto che sia straniera non ha nessuna importanza, da parte mia credo che la flessibilità, lo spirito di adattamento e l’attitudine a trovare il lato positivo delle cose – caratteristiche tipiche della nostra cultura – mi abbiano aiutato. Lo scoglio rimane un po’ quello della lingua: nelle situazioni d’emergenza viene naturale parlare l’idioma del luogo. Ma sto migliorando: fino a qualche anno fa le riunioni dovevano però essere solo in inglese, ora inizio a comprendere e a farmi capire anche in islandese. E mentre le foto dell’eruzione continuano a fare il giro del mondo, il peggio sembra passato, con tutti i team coinvolti nelle operazioni che finalmente possono tirare un sospiro di sollievo. «Ce lo auguriamo tutti. Anche i miei tre figli, che si stanno un po’ lamentando dell’assenza della mamma», sorride Sara, mentre sta pensando a prendersi un giorno di ferie per accompagnare la famiglia a vedere i fiumi di magma. «In questi giorni in tantissimi si sono mossi per andare ad osservare un fenomeno così bello» – spiega – «Bisogna camminare per 4/5 km in un terreno non facile, e in una stagione ancora ostica. A onor del vero sono stati fatti molti interventi di soccorso per aiutare persone che si erano smarrite o che erano stravolte, ma per gli islandesi è normale andare ad osservare gli effetti della potenza della natura. E questa è una occasione unica per farlo, con tutte le precauzioni e senza correre rischi inutili: ho visto gente cuocere le uova al tegamino sulla lava, e mi pare eccessivo. Quindi sì, penso che esaudirò il desiderio dei miei piccoli».