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 2021  aprile 04 Domenica calendario

La Russia si allontana dall’Europa

Le operazioni di intelligence hanno tempi e modalità del tutto propri ma a volte svelano processi in corso più ampi e complessi: ecco perché quanto avvenuto a Roma con la cattura di una talpa russa nello Stato Maggiore della Difesa è la cartina al tornasole della fase di crisi in cui versano le relazioni fra Mosca e l’Unione Europea.
È una crisi che non è nell’interesse di nessuna delle parti coinvolte perché pregiudica i rapporti di collaborazione economica, interazione culturale e sviluppo globale che uniscono storicamente l’Europa alla Russia e che si sono andati rafforzando dall’indomani del crollo del Muro di Berlino. Ma è una crisi che bisogna esaminare senza remore perché investe la sicurezza del nostro Continente su tre fronti diversi ma convergenti: il rispetto dei diritti umani fondamentali, la cybersicurezza e la sovranità dell’Ucraina.
La divergenza sui diritti umani è emersa in maniera evidente in occasione della visita a Mosca, in febbraio, del “ministro degli Esteri Ue” Josep Borrell. In quell’occasione l’anfitrione russo, Serghej Lavrov, ha definito in pubblico la Ue come un “partner inaffidabile” accusandola di “mentire” sull’avvelenamento dell’oppositore Aleksej Navalnyj ed arrivando ad espellere da Mosca – con Borrell ancora in città – diplomatici tedeschi, svedesi e polacchi accusandoli di “aver partecipato” alle proteste di piazza proprio in favore di Navalnyj. Il pur notoriamente cauto Borrell, tornato a Bruxelles, ha commentato: “Con la Russia siamo ad un bivio, l’incontro con Lavrov ha evidenziato che ci stiamo allontanando” perché “la Russia si sta progressivamente disconnettendo dall’Europa” anzitutto su questioni fondamentali come il rispetto dei cittadini e la tutela delle minoranze. In una parola: sullo Stato di Diritto. Nessuno ignora che Europa e Russia abbiano radici culturali e politiche assai diverse ma la comune intenzione, dopo la fine della Guerra fredda, di dar vita ad una forte partnership si scontra ora con una gestione del potere da parte del Cremlino che include l’uso di armi chimiche per eliminare gli oppositori, vede Vladimir Putin da oltre venti anni alla guida incontrastata della nazione e ostacola la genesi di ogni tipo di dissenso interno.
La cybersicurezza ha a che vedere invece con le “interferenze maligne” che i Paesi Ue e Nato dal 2016 in più forme e modi hanno attribuito ad “attori russi”, imputando a Mosca una sofisticata strategia di infiltrazioni digitali – in Europa come in Nord America – tese a creare scompiglio nelle singole nazioni al fine di indebolirle dall’interno con ogni strumento possibile: dal sostegno ai movimenti di protesta populista e sovranista alla diffusione delle fake news, dal furto di brevetti allo spionaggio militare vero e proprio. È l’estensione di questo fronte di attacchi digitali che ha portato l’ex generale americano David Petraeus – già capo della Cia – a coniare nel 2019 l’espressione “seconda Guerra fredda” poi fatta propria dai successori Mike Pompeo e Gina Haspel. Negli ultimi tre anni almeno una decina di Paesi occidentali – Italia inclusa – hanno lamentato tali “interferenze maligne”.
Infine, ma non per importanza, c’è la questione dell’Ucraina ovvero dell’intervento con cui la Russia nel 2014 ne violò la sovranità, si annesse la regione della Crimea e aprì la crisi militare nel Donbass divenuta da allora – con almeno 14 mila vittime – la maggiore emergenza umanitaria europea. Su questo fronte il recente invio di almeno quattromila soldati russi lungo il confine ucraino ha fatto scattare nella Nato il più alto livello di allerta, spingendo il generale Mark Milley capo dello Stato Maggiore Congiunto americano, a contattare il parigrado russo per fargli presente la gravità di un’escalation che fa temere l’invasione al governo di Kiev.
L’Ucraina non fa parte della Nato ma la protezione della sua sovranità viene individuata da Ue e Usa come un elemento cardine della stabilità europea, al pari della Georgia che vede alcune sue regioni occupate dai russi sin dal 2008.
Insomma, su diritti umani, cybersicurezza e Ucraina la divergenza fra Ue e Russia è cresciuta fino al punto da convincere più capitali che Putin persegua una strategia europea fatta di aperte aggressioni militari ai Paesi confinanti – Georgia e Ucraina – e incursioni cyber in quelli più distanti, al fine di creare una vasta area di instabilità geopolitica per consentire un rafforzamento dell’influenza russa nello scacchiere euro-mediterraneo.
Sfruttando in questo schema ogni evento – dall’instabilità della Libia alla pandemia di Wuhan – a proprio vantaggio.È il rafforzamento di questa convinzione nell’Ue che spiega la crescente attenzione anche nel mondo dell’intelligence per le operazioni degli agenti russi: solo nell’arco degli ultimi quaranta giorni il controspionaggio tedesco ha sventato il loro tentativo di infiltrare l’edificio del Bundestag corrompendo un cittadino locale, in Bulgaria è stata scoperta una cellula di alti funzionari militari pagata da Mosca per rubare segreti Nato e in un parcheggio di Spinaceto è caduto in trappola il capitano di fregata Walter Biot al servizio diretto del capo stazione russo a Roma. Sono tre operazioni che hanno in comune il disinvolto reclutamento di cittadini europei da parte degli agenti di Mosca e sollevano dunque l’interrogativo se in questi ultimi anni di instabilità l’ex Kgb abbia investito per creare dei propri network locali di ben più ampie dimensioni. Saranno le indagini in corso a rispondere a tale domanda ma possono esserci pochi dubbi sul fatto che è in pieno svolgimento un vasto “reset” delle relazioni fra Unione Europea e Russia.