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 2021  aprile 03 Sabato calendario

Biografia di Ernesto Nathan

Cento anni fa, il 9 aprile 1921, moriva Ernesto Nathan. Per il popolo ebraico, e per i lettori del Vecchio Testamento, quel nome solenne simboleggia la preminenza della religione sulle ambizioni temporali, visto che quel Profeta rimproverò David delle sue gravissime colpe, lo indusse alla contrizione e gli ispirò quel magnifico salmo penitenziale – il Miserere – che si recita, o si recitava, durante questa settimana di Passione. Ma malgrado un nome così impegnativo, Nathan fu un laico incorreggibile, e come tale rappresentò una larga coalizione che nel 1907 lo elesse sindaco di Roma.
LA NASCITA
Era nato a Londra il 5 ottobre 1845 da Sara Levi e Moses Meyer. Come molti ebrei, aveva ascendenze cosmopolite, e ne aveva tratto una visione del mondo ben più ampia delle limitate prospettive capitoline. Era cresciuto nell’idolatria del Mazzini, e nella concezione della Res Publica come sacro patrimonio comune: patrimonio in senso etico ma, come vedremo, anche finanziario. Dall’ebraismo più tradizionale aveva ereditato la riluttanza alle astratte speculazioni metafisiche e riteneva che la Giustizia si dovesse affermare in questo mondo, attraverso un’etica intransigente e una solidarietà sociale accompagnata da urgenti riforme. Nonostante Giobbe, l’Ecclesiaste e la Storia legittimassero forti dubbi su queste opinabili possibilità, Nathan coltivò la religione civile dell’educazione, dell’uguaglianza, e della conoscenza. Si iscrisse alla Massoneria e ne divenne Gran Maestro. Le vicende giudiziarie e le deviazioni della P2 hanno compromesso, in Italia, l’immagine di questa congregazione, che allora dominava buona parte della cultura laica. È anche vero che gli ideali di Licio Gelli non erano proprio quelli di fraternità e tolleranza universale predicati allora nei templi massonici. Ma torniamo a Nathan,
Ispirato da questi precetti salutari, entrò in politica, unendosi ai vari gruppi progressisti repubblicani, liberal radicali, socialisti, – che in Italia costituivano una minoranza ideologica ma una maggioranza politica, vista la preclusione dei cattolici a concorrere alle cariche istituzionali. Roma, come il resto del Paese, era divisa in due, dopo la lacerazione insanabile con la Chiesa conseguente all’annessione al Regno d’Italia. Se infatti il pontefice era sdegnosamente chiuso dentro le mura leonine, molte scuole, asili e organizzazioni assistenziali erano aperte a studenti, a poveri e malati sotto la cura di volonterosi sacerdoti e di suore amorevoli.
LA DIPLOMAZIA
La Santa Sede aveva mantenuto il riconoscimento internazionale e una diplomazia accreditata. Le chiese erano tante e piene di fedeli, anche se le liste elettorali e le urne erano vuote di cattolici. Fu in questa situazione complessa che Ernesto Nathan fu chiamato ad amministrare la Città Eterna.
L’urgenza più pressante era la sistemazione urbanistica. Non avendo mai avuto una borghesia consistente, la Roma papalina si divideva tra gli estremi dei palazzi patrizi, delle chiese sontuose, dei conventi affollati e delle baracche plebee. L’afflusso nella capitale di migliaia di politici, burocrati e militari aveva determinato una carenza di alloggi: bisognava quindi programmare, demolire e ricostruire, spesso a danno delle proprietà ecclesiastiche.
Ma non si trattava soltanto di espropriare beni economici. La filosofia e gli obiettivi dei radicali, e di Nathan che li rappresentava, si estendevano alla laicizzazione di tutti i settori pubblici, dall’educazione alla sanità. La cura del corpo e dell’anima, fondamentali nel ministero assistenziale della Chiesa, costituivano, secondo questi accaniti mangiapreti, strumenti di captazioni ereditarie, di donazioni indotte, e più in generale di un asservimento delle coscienze a quello che veniva considerato un cumulo di superstizioni. Il laicismo si articolava in molte forme, dal repubblicanesimo mazziniano al furore socialista allo scetticismo liberale, e tuttavia era pur sempre minoritario nella capitale del cattolicesimo universale, dove alla devozione sincera di alcuni si associava l’adesione tradizionale di molti e l’interesse economico di tutti alla prosperità della Chiesa. L’inaugurazione, nel 1900, del monumento a Giordano Bruno, più che un ossequio alla tolleranza e un rito riparatorio sembrò una provocazione irriverente alla stessa fede in cui si riconoscevano, almeno formalmente, quasi tutti gli italiani in genere e i romani in specie. In questo crogiuolo di contraddizioni, Nathan introdusse e affermò, svincolandoli da ogni pregiudizio confessionale, i principi della buona amministrazione, della lotta allo spreco, alla corruzione e alla speculazione edilizia, con un occhio all’emancipazione delle classi più povere, con l’altro a un razionale sviluppo urbanistico, e con entrambi allo stato delle finanze.
IL CONTROLLO
La sua opera fu imponente. Moltiplicò le scuole pubbliche, rurali e urbane, reclutando pedagogisti per l’educazione, architetti per le strutture e medici per l’igiene; riportò sotto il controllo pubblico i servizi essenziali, l’acqua, il gas, la luce, il mattatoio, la centrale del latte e i magazzini generali; sviluppò la rete tranviaria, ampliò i musei e promosse il recupero dei resti dei monumenti imperiali; progettò la bonifica dell’agro romano, la rimodulazione delle borgate e dei suoi sconci abituri; istituì presìdi per la profilassi di malattie infettive; e infine disegnò una nuova Roma, con un piano regolatore che la sottraesse ai latifondisti e agli speculatori, coniugando i disegni di Haussman con le visioni di Mazzini e la prudenza di Colbert.
IL BILANCIO
Una cautela che sconfinò nella sparagnerìa, quando cancellò dal bilancio comunale la voce frattaglie per gatti, destinata a foraggiare le schiere di felini che braccavano i topi del Campidoglio. Il rigoroso economista sostenne che i ratti costituivano cibo sufficiente, e che se questi fossero spariti anche il mantenimento dei loro cacciatori sarebbe stata ingiustificato. Pare che da lì sia nata la nota locuzione – non c’è trippa per gatti – che esprime l’indisponibilità di risorse. Ma fu un errore fatale. Ignorando che nei pressi Roma aveva collocato, secoli addietro, la statua della dea Basteth, dolce e crudele, amorevole e vendicativa come tutti i felini, ne provocò evidentemente le ire. Nel 1913 il Papa attenuò il suo non expedit, e il 14 Giugno dell’anno successivo l’Unione Romana, formata da cattolici e liberali, vinse le elezioni. Nathan come Churchill dopo la sconfitta di Gallipoli, si arruolò come tenente, e all’età di 70 anni partecipò volontario alla guerra.
Dopo la sua morte, con l’avvento del fascismo, Roma cambiò. Ma molti lavori da lui iniziati proseguirono. Nel Largo di Torre Argentina emersero, e furono sistemati, i resti del maestoso complesso che tutti ammiriamo. Come ulteriore vendetta di Basteth, oggi vi risiede una splendida colonia felina, diligentemente accudita da benemerite gattofile