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 2021  aprile 03 Sabato calendario

Orsi e tori


Blockchain (catena di blocchi) è, secondo Treccani o Wikipedia, una struttura di dati condivisa e immutabile. È definita, anche, come un registro digitale le cui voci sono raggruppate in blocchi, concatenati in ordine cronologico, e la cui integrità è garantita dall’uso della crittografia. Sebbene la sua dimensione sia destinata a crescere nel tempo, è immutabile in quanto, di norma, il suo contenuto una volta scritto non è più né modificabile né eliminabile, a meno di non invalidare l’intera struttura.
Criptovalute o criptomonete rappresentano un valore, in forma digitale, basato sulla crittografia. Le criptovalute o criptomonete utilizzano la blockchain o reti distribuite, i cui nodi risultano costituiti da computer di utenti, situati potenzialmente in tutto il globo.
Ecco, nell’uovo di Pasqua, potrebbero esserci anche criptovalute. Sicuramente circolano sempre più, anche se non si vedono, ma si sentono. Si sente che la rivoluzione tecnologica in atto sta sconvolgendo un altro dei capisaldi degli Stati e quindi delle democrazie. Non sono più solo gli Stati a battere moneta, per usare un termine arcaico, ma con la blockchain teoricamente tutti possono battere moneta. Un vero sconvolgimento che in un certo senso era iniziato con i pagamenti digitali attraverso le carte di credito, o con il bancomat, ma anche in questi casi il riferimento era sempre a valute ufficiali, il dollaro, la sterlina e in Europa l’euro. Oggi le criptovalute prescindono dalle monete ufficiali, anche se alla fine per trasmettere il valore, in mille oscillazioni, hanno bisogno di essere quantificate in dollari, sterline, euro.
Quasi inutile ricordarlo, la criptovaluta capostipite è il bitcoin, che riempie le cronache, non solo finanziarie, con le sue mostruose oscillazioni. Ma anche il macellaio può decidere di farsi la sua criptovaluta per comprare la carne e ricevere criptovaluta quando la vende ai clienti.
Apparentemente è un’evoluzione democratica, perché uno dei poteri più forti degli Stati è sempre stata la prerogativa di battere moneta. Ai tempi dei Medici, la loro banca batteva moneta, il fiorino, per tutto il territorio di Firenze. Ma allora la moneta era riferita all’oro o era addirittura oro. E per lunghi secoli il riferimento è stato l’oro per quasi tutte le valute. Il Gold standard era il sistema monetario fondato sulla circolazione di monete d’oro e biglietti di banca o di Stato liberamente convertibili in oro e viceversa, con piena libertà di conio e fusione, nonché di importazione ed esportazione del metallo. Il Gold standard ha regolato le relazioni economiche internazionali dal 1870 alla Prima guerra mondiale. Dopo, molti Stati si trovarono ad aver emesso troppa valuta cartacea per le spese di guerra e pertanto il Gold standard fu abbandonato a favore del Gold exchange standard.
Lo sganciamento definitivo dall’oro di quella che era diventata la valuta principale del mondo, il dollaro, fu deciso dal presidente Richard Nixon. L’oro custodito a Fort Knox costituisce sempre un tesoro, ma il dollaro non fa più riferimento a esso.
In realtà ancor prima che finisse la Seconda guerra mondiale, anche sull’esperienza drammatica della grande depressione del ’29, 40 Stati convocarono la riunione di Bretton Woods per definire regole utili a mettere in ordine il sistema monetario internazionale. La guerra, seguita a dieci anni di depressione, aveva fatto capire che il mondo aveva bisogno di un ordine mondiale.
Il combinato disposto della rivoluzione tecnologica della blockchain, che permette a chiunque di emettere criptovalute (appunto anche al macellaio, che nel suo cerchio di clientela può scambiare la carne con una criptovaluta da lui creata per comprare la carne, quindi una sorte di catena di baratti estendibili) e della pandemia del Covid dovrebbe consigliare una nuova Bretton Woods. Un economista del livello di Paolo Savona ne ha segnalato l’urgenza. Per la semplice ragione che il processo delle criptovalute è parallelo al fenomeno della diffusione istantanea di notizie vere, ma in prevalenza false, da parte degli Ott, da Facebook a Google. Un potere di diffondere notizie che, proprio perché in maggioranza false, sta trasformando profondamente le regole delle democrazie. Come l’informazione corretta è indispensabile per una vita democratica corretta, la riorganizzazione del sistema monetario internazionale è indispensabile per un ordinato sviluppo economico minacciato da una diffusione sempre più incontrollata di criptovalute che presentano da un giorno all’altro sbalzi anche del 100%. E in molti casi, queste criptovalute vengono addirittura considerate bene rifugio.
È un processo apparentemente inarrestabile. Ci sono carte di credito importanti, ovvero sistemi di pagamento finora basati solo sulle valute ufficiali, che hanno comunicato di accettare pagamenti appunto in criptovalute. E sulla spinta di questo fenomeno che lievita ogni giorno, anche non pochi Stati hanno cominciato a parlare di trasformare le loro valute in digitale. Perfino la Cina si è mossa. Il caos valutario sta per diventare preoccupante.
Ha scritto il professor Savona: «In Cina, il capo dell’Istituto per la ricerca della moneta digitale della People bank of China, Mu Changchun, ha confermato l’impegno del suo Paese di voler passare alla moneta digitale; per rispondere alla preoccupazione dei possessori, ha cominciato una tipica, ma significativa, definizione cinese: lo yuan digitale godrà di «un’anonimità controllabile» per mantenere la stabilità finanziaria e contribuire a lottare contro il riciclaggio del denaro sporco, il finanziamento del terrorismo e l’evasione fiscale».
Ma non passa giorno che banche od operatori finanziari non annuncino la creazione di una nuova criptovaluta o di qualche strumento finanziario. Nel silenzio delle autorità, sostiene Savona, le varie forme monetarie che nascono vengono di fatto legittimate, facendole diventare una realtà di mercato.
In pratica oggi e ogni giorno di più nel mondo esistono monete private e monete pubbliche. Evidentemente c’è una differenza fondamentale fra le criptovalute private e la trasformazione di monete tradizionali, degli Stati, che vengono trasformate
In valute digitali. Anche la Bce sta lavorando a una versione dell’euro digitale. Se ne sta occupando l’ex direttore generale di Bankitalia, Fabio Panetta. Mentre chi è decisamente resistente all’idea è il presidente della Federal Reserve americana, Jerome Powell, che ritiene che ancora non sia il momento e prevede che comunque ci vorrà tempo per il dollaro digitale, anche perché tuttora il dollaro domina nel mondo. Ma Powell ha mandato un ammonimento preciso al mercato: chi opera e usa valute private digitali, si ricordi della loro instabilità che può essere anche di decine di punti da un giorno all’altro. Lo dimostra il bitcoin, che si potrebbe definire il dollaro delle criptovalute per la sua diffusione, essendo stato anche il primo. La tendenza è alla crescita perché un numero crescente di investitori lo acquista, in molti addirittura come bene rifugio, ma i suoi sbalzi in alto e in basso sono violenti.
A spiegare indirettamente il fenomeno delle oscillazioni è stato Mario Draghi, quando nella ultima conferenza stampa ha spiegato che l’euro non può essere una moneta di riserva, a differenza del dollaro, perché non fa riferimento e il suo valore non è espressione del bilancio di uno Stato. L’Ue non ha un suo bilancio consistente e non è uno Stato. L’unico bilancio, nell’incompiuta Europa, è quello della Commissione europea che riceve finanziamenti dai vari Stati e che in seguito alla pandemia, per finanziare il Recovery fund, è costretta a emettere Eurobond, anche se non si chiamano in maniera così chiara perché l’Europa non è uno Stato.
In altre parole, le valute ufficiali e statali possono valere di più e di meno in assoluto e in confronto ad altre valute, in base alla ricchezza degli Stati che le emettono, della loro forza nell’economia reale e in quella finanziaria.
Per la stessa ragione che Draghi ha spiegato con chiarezza relativamente all’euro, le criptovalute private non fanno, almeno al momento, riferimento a nessuna ricchezza o forza, non hanno cioè un riferimento reale, ma valgono più o meno a seconda della loro diffusione e della quantità di acquisti o vendite.
Siccome il fenomeno sta crescendo e coinvolge un numero crescente di possessori e utilizzatori, è evidente che senza una regolamentazione, una nuova Bretton Woods per intenderci, il fenomeno va classificato nell’ambito della rivoluzione tecnologica che cambia le democrazie e le cambierà fino a un punto che non riusciamo a prevedere.
Il parallelo è quello dell’informazione senza la quale non ci può essere democrazia, ma se l’informazione è fake news per più del 50% delle notizie che circolano sulla rete, inevitabilmente nascono organizzazioni come la Bestia di cui si serve Matteo Salvini, che almeno ha avuto il coraggio di chiamarla con un nome appropriato.
Certamente cosa diversa è la tecnologia digitale per pagare e ricevere pagamenti. Da questo punto di vista i cittadini del mondo saranno agevolati, non dovendo portare in tasca denaro, non dovendo andare in banca... Basti pensare che in Cina i genitori danno la paghetta ai figli sul telefonino e perfino chi, povero, chiede l’elemosina, la riceve sul cellulare, Questa, per il quale esistono già delle regole, è la faccia assolutamente positiva della rivoluzione digitale applicata ai pagamenti. Senza, regole, invece, le criptovalute possono essere più un pericolo per l’economia dei popoli che un vantaggio.
Anche perché, in ultima analisi, tutto si basa sulla sicurezza blockchain e la crittografia. Ma chi dice che questa sicurezza sarà tale rispetto agli hacker? I problemi di sicurezza sul digitale sono diventati enormi non solo per la diffusione dell’uso dei device, ma anche perché si è moltiplicato il numero di coloro che riescono a violarne i sistemi. Qualcuno si stupirebbe se anche la blockchain e la crittografia prima o poi venissero hackerati? Personalmente non mi stupirei. In fin dei conti succederà quanto succede da quando esistono le monete: ci sono quelle vere e quelle false. I falsari non saranno mai annientati. Fanno parte del sistema. E qualcuno può pensare, perché tutto passa dalla blockchain ed è sorretto dalla crittografia, i falsari si arrenderanno a perdere il lavoro?
P.S. Cari lettori, Auguri di buona Pasqua e, almeno per il momento, di non trovare un bitcoin nell’uovo. (riproduzione riservata)