Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  aprile 03 Sabato calendario

Il ristoratore di Verona finito nella lista nera di Trump

«Quando mio figlio smanettando su internet ha visto che si trattava di un giro d’affari per 32 milioni di dollari, mi ha guardato e mi ha detto ridendo: “Ma davvero siamo così ricchi papa?”. “No, lo sai anche tu che l’unico olio che tratto è quello che mettiamo sulle pizze”, gli ho detto». La butta sul ridere Alessandro Bazzoni, 45 anni di Verona, titolare di un ristorante pizzeria alle porte della città scaligera, ma la sua vicenda è un incubo durato due mesi. 
Tutto è nato per un caso di omonimia con un altro Alessandro Bazzoni, milanese residente a Lugano, finito nella lista nera del Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti che riporta i sanzionati dall’amministrazione americana per i commerci paralleli del petrolio venezuelano. La trama consentiva a una rete di società strumentali di esportare milioni di barili di greggio prodotto da Petroleos de Venezuela SA (Pdvsa) in barba alle sanzioni imposte dagli Usa al regime di Maduro. Il petrolio era destinato a Paesi dell’Asia e del Medio Oriente. Scoperto il raggiro, lo scorso 19 gennaio, ultimo giorno d’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il nome di Bazzoni è così finito sulla blacklist dell’Office of Foreign Assets Control del Dipartimento del Tesoro Americano, la Specially Designated Nationals and Blocked Persons list, siglata come SDN List. 
Peccato che al momento di stilare l’elenco delle società riconducibili al manager milanese, i burocrati di Washington, traditi dall’omonimia, vi abbiano inserito pure quella del ristoratore di Verona. Un bel pasticcio, quale ultimo ricordino lasciato da The Donald: «Quando lo scorso primo febbraio mi sono recato in banca, il direttore mi ha comunicato che ero finito sulla lista nera del governo americano. Subito pensavo scherzasse: “Guarda che oggi è il 1° febbraio, mica il 1° di aprile”, gli ho risposto. E invece era tutto vero», racconta Bazzoni. Avendo accesso alla lista nera, le banche sono tenute a prendere provvedimenti: «Mi è stato semi bloccato il conto corrente in entrata, un bel guaio, ma quella è d’altronde la procedura». Ma siccome il peggio non conosce mai fine, sulla lista dei sanzionati è finita anche la società di un terzo Alessandro Bazzoni, stampatore di magliette a Porto Torres; così il conto corrente lo hanno bloccato pure a lui. Che fare? Accomunati dal destino avverso, il Bazzoni veneto e il suo omonimo sardo hanno unito le forze: «Abbiamo tempestato il Tesoro Americano di mail evidenziando la nostra totale estraneità alla vicenda; abbiamo fornito codice fiscale, passaporto, carta d’identità, e la visura camerale dell’attività. Gli ho anche scritto che io servo pizza e birra, mica petrolio». L’inghippo si è risolto nella giornata di mercoledì, quando il Dipartimento del Tesoro ha comunicato sul suo sito Internet di aver cancellato dalla lista le società dei due Bazzoni sbagliati: «Non sono arrivate scuse, ma solo una mail che certifica come le nostre società non facciano più parte della blacklist. L’incubo è durato due mesi, ma potevano essere di più, almeno sette o otto mi è stato riferito. Ringrazio il governo americano per aver risolto questa faccenda». 
Tutto bene ciò che finisce bene, con postilla: «Io e l’Alessandro sardo siamo diventati amici; appena sarà possibile, lui verrà a Verona, poi io andrò a trovarlo a Porto Torres». Bene così.