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 2021  aprile 03 Sabato calendario

Biot e i russi, almeno cinque incontri

Un incontro al mese senza telefonate o contatti preventivi. Era questa la modalità concordata tra il capitano Walter Biot e Dmitri Ostroukhov, il diplomatico russo che l’aveva agganciato nel novembre scorso, per la consegna di documenti riservati dello Stato Maggiore della Difesa. L’informativa dei carabinieri del Ros allegata agli atti dell’inchiesta rivela i dettagli dell’operazione che ha portato all’arresto dell’ufficiale italiano e all’espulsione immediata decisa dalla Farnesina dei suoi referenti di Mosca: lo stesso Ostroukhov e il suo diretto superiore Alexey Nemudrov. Il sospetto degli investigatori è che Biot fosse soltanto una delle «fonti» reclutate e per questo sono già state avviate verifiche sugli altri contatti dei due diplomatici, addetti militari dell’ambasciata russa a Roma. Ieri il capo della diplomazia del Cremlino in Italia Sergey Razov ha provato a smorzare la tensione resa altissima dall’operazione condotta dagli specialisti dell’Aisi, l’Agenzia per la sicurezza interna guidata dal generale Mario Parente, parlando di «episodio spiacevole che non deve influire negativamente sulle relazioni complessivamente costruttive tra i nostri Paesi». Ma dal carcere Biot ha chiesto di essere interrogato dai magistrati e le sue rivelazioni potrebbero aprire scenari nuovi e inquietanti in una vicenda segnata da molti punti ancora oscuri. 
Agli atti dei carabinieri del Ros coordinati dal generale Pasquale Angelosanto c’è la ricostruzione di quanto avvenuto martedì 30 marzo quando Ostroukhov scende dalla metropolitana al laghetto dell’Eur, zona a sud della Capitale, prende l’autobus, arriva nel parcheggio di un supermercato a Spinaceto dove lo attende Biot. Il capitano entra nel supermercato, acquista alcuni prodotti e poi sale in macchina dove lo raggiunge il russo. In quel momento avviene lo scambio: una scheda Sd caricata con 181 foto di documenti classificati per 5.000 euro in banconote da 50 euro. L’ultimo di una serie di appuntamenti sempre uguali. 
Per tre volte Biot è stato filmato mentre fotografava il computer con il suo smartphone: il 18, il 23 e il 25 marzo. Azioni preparatorie all’appuntamento del 30 marzo. Ma che cosa è accaduto prima? Quali altri documenti ha portato ai russi per dimostrare la propria affidabilità? L’attività di controspionaggio svolta a partire dal novembre scorso avrebbe documentato gli altri incontri. Adesso bisogna scoprire quali segreti Biot abbia venduto, quali informazioni lo abbiano trasformato in una pedina utile agli interessi di Mosca. Senza escludere che il governo possa decidere di apporre il segreto di Stato sui documenti, proprio per evitare ulteriori danni alla sicurezza dell’Italia e rispetto ai rapporti con gli alleati visto che nell’elenco dei dossier memorizzati nella scheda ci sono anche atti classificati della Nato. Il sospetto è che Biot non fosse l’unica «fonte» reclutata dai russi: altri suoi colleghi o comunque ufficiali impiegati in uffici strategici potrebbero essere stati agganciati dai due diplomatici di Mosca con le stesse modalità e con promesse di retribuzione anche più elevate. 
Ieri il capitano della Marina Militare ha incontrato in carcere il suo avvocato Roberto De Vita e ha depositato l’istanza per essere interrogato: «Ho sbagliato, travolto dai problemi della mia famiglia ho commesso un errore grave ma non ho messo a rischio il mio Paese perché io non avevo un accesso di alto livello, gli atti che ho ceduto erano comunque rintracciabili anche in altro modo. Sono comunque pronto a chiarire ogni dettaglio». Il procuratore Michele Prestipino e i magistrati delegati all’inchiesta decideranno dopo le festività pasquali se accogliere la richiesta ma l’avvocato De Vita tenta di ridimensionare il ruolo dell’ufficiale: «I documenti classificati non possono essere fotografati, ma solo stampati. Questa storia è molto diversa da come appare, molto più banale». Una linea di difesa che al momento si scontra con le decisioni prese dal governo e con la reazione di Mosca. 
E deve fare i conti con l’inchiesta già avviata dalla procura militare che sta esaminando gli atti e delegato nuove verifiche ai carabinieri. Biot – indagato per rivelazione di segreti militari a scopo di spionaggio – rischia l’ergastolo. Quanto basta per comprendere quanto alta sia la posta in gioco. E soprattutto come l’operazione dell’Aisi sia servita a lanciare un messaggio chiaro alla rete di spie che agiscono nel nostro Paese e a tutti coloro che, impiegati in posti strategici, potrebbero aver deciso di mettersi al servizio delle potenze straniere.