La Stampa, 3 aprile 2021
Federica Pellegrini conquista la quinta Olimpiade
C’è una firma precisa sui risultati importanti di Federica Pellegrini e la qualificazione alla quinta Olimpiade rientra in pieno nel catalogo. È una griffe incisa sui tempi, un modo di vincere che si porta dietro una spremuta di tensioni, una centrifuga di motivazioni ed esce tutto allo scoperto ogni singola volta in cui lei si prende la vasca e la scena.
La regina del dramma, «the drama queen» e non si tratta affatto di protagonismo o di eccesso: è energia pura, è voglia, determinazione che pulsa e sfonda, è un modo di essere, un carico che si aggiunge alle aspettative e infatti lei lo dice subito, appena si calma da un pianto che arriva come un temporale e se ne va in un attimo: «Stavolta il peso me lo sono cercata io. Me lo sono messa addosso». Lei era già nella lista dei partenti per il Giappone, meriti acquisiti, solo che ha rifiutato il regalo e certo il suo nome è rimasto lì, nell’elenco, ma se sei la portabandiera degli ultimi Giochi, l’azzurra più seguita, se vai sul podio da quando hai 16 anni, diventa difficile annunciare un obiettivo, fissare un punto e poi fare finta di niente. Ha detto che voleva prendersi il cronometro necessario in acqua e lo ha fatto: 1’56"69, con un passaggio veloce nei primi 100 metri (56"24) e gli ultimi 50 da tenere tra i denti, con le gambe che hanno dato quello che avevano e la testa che insiste a spingere.
Una volta superato l’ostacolo, Pellegrini si scioglie. Non è uno schema, ciascun timbro ha la sua reazione, sempre evidente: «Volevo meritarlo questo traguardo storico. Ed è stata dura. Mesi non semplici, a partire dal sacrosanto rinvio olimpico la scorsa estate che mi ha tenuta sei settimane fuori dall’acqua. Alla mia vetusta età natatoria pesano». Poi ci si è messo il Covid, altro stop: «Con tutte le sfighe di questa stagione almeno non ho proprio pensato a Tokyo, niente ossessioni, ma ho perso le speranze di gestire le emozioni. Io le gare le sento». E la fa sentire anche a chi la guarda, a chi la tifa, a chi la aspetta, a chi la teme, a chi la adora e achi la critica. Per questo è così popolare, per questo motivo il suo nome non è legato solo al nuoto e lei ha retto così tanto. Ha lasciato che vita e sport si mescolassero, senza filtri, portando successi e delusioni a fior di pelle e ora centra un obiettivo che è fuori dai parametri. Ci sono altri nuotatori arrivati a cinque edizioni dei Giochi e due a sei, ma tra loro i medagliati sono solo tre, e quelli sul podio in più occasioni si chiamano Michael Phelps e Dara Torres, un pezzo di storia di questa disciplina. Federica Pellegrini sta in questa scia, anche se con le Olimpiadi, che l’hanno svelata, nel 2004, ci ha sempre litigato: «Cinque sono tante, se ci penso mi rimetto a piangere, ma voglio tenere lontano lo stress. Ora respiro meglio, dopo un tempo che, come minimo, mi rimette in linea con le altre annate. In questo periodo di solito sono allo stesso livello di oggi quindi va bene così».
Tornare lì, al punto in cui ci sente di nuovo sicuri della propria strada è stato più faticoso del previsto, «morire negli ultimi 50 metri in una gara che conosco a memoria e gestisco da sempre. Non da me. È stato complicato accettare sensazioni e riscontri che non mi appartengono. Peccato per i decimi mancanti al possibile pass nei 100 stile. Quelli li ho ritrovati più semplicemente». I 200 sono di un’altra pasta, come dice lei «hanno struttura, non li inventi, non li improvvisi, soprattutto a 32 anni». Li costruisci, ancora, ancora e ancora perché cambiano con l’età.
Pellegrini non si è vaccinata al momento, solo gli atleti dei corpi militari ne hanno avuto la possibilità, «tengo costantemente monitorati i miei anticorpi per vedere fino a dove posso stare tranquilla e spero che il Cio trovi il modo di varare una normativa che valga per tutti gli atleti. Se invece tocca ai singoli Paesi, la nostra Italia deve prima occuparsi dei più fragili».
Ora si riattiva il vero programma olimpico organizzato dal tecnico e sostegno Matteo Giunta: due settimane di altura a Livigno a inizio maggio, gli Europei «in cui vorrei nuotare solo le staffette», il Settecolli di Roma a giugno, magari un test in una tappa del circuito Mare Nostrum e poi a Monte Remoe, Pirenei fino alla partenza per Tokyo. Un’ultima tirata con il fiato sospeso, un altro viaggio da portarsi dietro e da buttare in acqua con tutte le scosse da Federica Pellegrini.