La Stampa, 3 aprile 2021
La spia russa Shvets: «Siete il paese ideale per gli 007»
Il proliferare di partiti politici, la corruzione e l’inclinazione a chiacchierare della gente rendono l’Italia attraente per lo spionaggio russo». Yuri Borysovych Shvets, ex maggiore del Kgb ha operato, fra l’altro, a Washington sotto copertura come corrispondente dell’agenzia Tass. Tornato in patria, a causa di dissidi con l’intelligence, gli è stato impedito di recarsi all’estero. Nel 1993 è riuscito però a tornare negli Stati Uniti, dove ha ottenuto la cittadinanza. Nel 2006, Shvets è emerso come potenziale testimone chiave dell’avvelenamento dell’ex ufficiale dei servizi russi Alexander Litvinenko. A lui è ispirato il libro American Kompromat di Craig Unger.
Cosa ne pensa di ciò che è avvenuto in Italia?
«L’Italia è stata sempre un Paese di particolare rilevanza per l’intelligence sovietica e russa. Appartiene al "fianco sud-orientale" della Nato da sempre utilizzato da Mosca come una fonte importante di informazioni militari. A "gestirla" è il distretto di Odessa, quello con la maggiore concentrazione di sistemi, armamenti e personale specializzato da sempre usato anche per spiare il vostro Paese».
Di cosa vanno a caccia gli 007 russi in Italia?
«Tutto ciò che riguarda l’Alleanza, il concorrente più temuto a Mosca dopo gli Stati Uniti. Fanno gola tutte le informazioni sui sistemi di armamento e ogni tipo di sviluppo riguardante il comparto di alta tecnologia, soprattutto quello con doppio utilizzo, civile e militare».
Le operazioni hanno successo?
«La qualità delle attività negli ultimi tempi sta peggiorando, con un numero crescente di fallimenti in Europa, Germania, Francia, Bulgaria, Lituania, Estonia, ma anche altrove, come in Colombia».
Chi agisce direttamente?
«In questo caso sono stati gli 007 militari del GRU, ma l’Italia è uno Stato chiave per il Federal Security Service (Fsb) e il Foreign Intelligence Service (SVR). La strategia di Mosca è creare falle e indebolire le alleanze occidentali come Nato ed Ue per trovare sponde bilaterali nei Paesi occidentali grazie a cui contrastare la debolezza economica russa».
Si concentrano sull’Italia perché lo giudicano il ventre molle dell’Occidente?
«Lo è sempre stato dalla Seconda guerra mondiale. L’Italia è differente dagli altri Paesi, gli italiani sono persone aperte, amichevoli e parlano tanto. Si chiaro, sulla carta si tratta di pregi, ma sono vulnerabilità quando si tratta di sicurezza nazionale. Con loro è più facile allacciare rapporti di amicizia e coltivarli nel tempo».
Ci sono anche responsabilità politiche?
«Si certo, un vantaggio per gli agenti stranieri è data dalla molteplicità di partiti e politici che offrono una vasta gamma di opportunità per chi vuole incassare informazioni. Si può andare dall’uno o dall’altro a seconda della necessità o dell’opportunità. È più facile che si creino vulnerabilità e chiavi di accesso, a volte pagando, o ventilando opportunità politiche o di affari. E poi, la corruzione nel vostro Paese è un problema così come in Russia, e questo rappresenta un terreno fertile per l’intelligente di Mosca».
Quanto accaduto in Italia è più un fatto di intelligence o un caso geopolitico?
«Cinquemila dollari a mano è poco, credo che si trattasse di informazioni di basso livello, di solito i russi mettono sul piatto cifre assai più alte. Quando serve possono pagare anche milioni di euro».