Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  aprile 02 Venerdì calendario

Aurora Ramazzotti e i fischi per strada

Aurora Ramazzotti, è amareggiata?«Molto. Non mi aspettavo commenti così offensivi, specie da parte di donne».
In un video diffuso sui social lei ha denunciato il cosiddetto «cat calling», quel fenomeno – purtroppo molto comune – per cui le donne vengono fischiate per strada e apostrofate con commenti sessisti. 
«Mi è sembrato giusto farlo perché tante donne non hanno la forza di reagire a quella che ormai è una prassi considerata normale. Ma quelli che fischiano, o che dicono di peggio, non sanno che cosa si prova. Paura, umiliazione». 
Aurora Ramazzotti lo ha detto chiaramente nel video, con quella spontaneità che veste abitualmente sui social network: «Possibile che nel 2021 succeda ancora il fenomeno del cat calling? Appena mi tolgo la giacca sportiva perché sto correndo e fa caldo devo sentire fischi, commenti sessisti e altre schifezze. Mi fa schifo e se sei una persona che lo fa, mi fai schifo». E le risposte alle frasi della conduttrice ventiquattrenne, figlia di Eros Ramazzotti e Michelle Hunziker, sono state da brivido. Dalla più gentile («Ma chi ti vede?»), fino a scendere giù, nel fondo del repertorio degli «hater», che la prendono di mira da anni. 
In una delle «storie» che lei ha pubblicato su Instagram ammette che stavolta fa più male del solito. 
«Intanto perché a intervenire sono state anche le donne. E poi perché alcuni commenti lasciano intendere che il cat calling “te lo devi meritare”, che non sono abbastanza bella per un fischio per strada o un commento sessista». 
Come se questa forma di molestia fosse un premio.  
«Sì, lo trovo assurdo. Grazie all’attività di mia madre (Hunziker guida da anni la Fondazione Doppia Difesa assieme a Giulia Bongiorno, ndr) sono cresciuta con una certa consapevolezza e so bene che ci sono delle donne che evitano persino di prendere i mezzi pubblici per paura delle molestie. Ci sono quelle che si rigirano le chiavi in mano mentre attraversano un parcheggio isolato di sera. Come si fa a rispondere che il cat calling richiede certi requisiti?». 
Confondere la molestia con un apprezzamento gentile è molto comune? 
«Sembrerebbe. Io penso di saper distinguere una frase gentile, un complimento, da una forma di molestia verbale. Certo, ci sono molestie molto più pesanti, per non parlare delle aggressioni e della violenza fisica, però io agli uomini dico: mettetevi nei panni di una donna che sta camminando da sola per strada o sta correndo in un parco deserto. Come pensate che possa reagire quando voi fischiate e richiamate la sua attenzione come se fosse un cane? Ci sono donne che hanno smesso di vestire come vogliono per non attirare sguardi imbarazzanti». 
Se ne parla poco, perché? 
«Temo che sia una prassi così normalizzata da risultare antipatico – per paradosso – un intervento come il mio». 
La risposta tipica, in questi casi, è: «Ora non vi si può più nemmeno fare un complimento». Come replicare? 
«Il complimento lo riconosci. Intanto perché non ti viene rivolto mentre sei da sola, per strada e stai facendo altro. Ti viene rivolto in altre situazioni, quando si entra in contatto con rispetto e si capisce che la donna si trova a proprio agio. Ma sa che cosa mi ha ferito di più?». 

Che cosa? 
«Che in tanti abbiano legato questo mio sfogo alla foto nella quale facevo vedere la mia pelle imperfetta, quella che ho diffuso qualche tempo fa. Il discorso è stato più o meno questo: prima si lamenta della pelle brutta e poi si lamenta se le fanno un complimento. Vuol dire non aver capito nulla, non aver colto né il primo né il secondo messaggio. Addirittura quando ho postato la foto con l’acne hanno detto che lo stavo facendo per farmi pubblicità». 
Sua madre è stata vittima di stalking. Come si cresce con questa ombra persecutoria accanto? 

«Si finisce per non essere mai da sole, ma sempre accompagnate da qualcuno». 
Pensa che in questa fase sia necessario l’appoggio di quegli uomini che rispettano le donne e che non si riconoscono nella categoria dei «cat caller»? 
«Importantissimo. La condanna da parte loro diventa un cambio di passo. Abbiamo bisogno degli uomini, non solo in questa battaglia ma anche in tante altre. Per esempio, quella per la parità salariale. Eppure anche io, che sono un’ottimista, di fronte a questa sfida mi deprimo. Cambiamo argomento».