Anteprima, 15 marzo 2021
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Biografia di Giovanni Gastel
Giovanni Gastel (1955-2021). Fotografo. «Era nato da un incrocio bizzarro: sua madre, Ida Visconti di Modrone, grande aristocrazia lombarda, nata e vissuta in epiche dimore come villa Erba a Cernobbio e il castello di Grazzano Visconti, si innamorò di un piccolo borghese che applaudì il giorno in cui vinse i littoriali di canottaggio. Si sposarono nel 1939, dopo anni di dispute in entrambe le famiglie, grazie alla mediazione del fratello di Ida, il regista Luchino Visconti. Giovanni era l’ultimo dei figli, il settimo, nato nel 1955, quando i genitori erano già avanti con gli anni. Il padre gli azzerò le mance il giorno in cui disse che non intendeva prendere un titolo di studio, voleva fare il fotografo. La madre, mai stata in un’aula, cresciuta con uno stuolo di istitutori, gli chiese: “Vuoi andare a scuola?”. “No, mamma”. “Allora lascia perdere”. Immaginare di campare facendo il fotografo negli anni Settanta era da folli. Totalmente autodidatta, a 17 anni cominciò a “scattare foto che ho conservato per mostrare come non si deve fare”. A 19 anni tentarono di rapirlo sotto casa per chiedere un riscatto» [Vercesi, CdS]. «Inizia negli anni Settanta come assistente fotografo: di quei momenti, Gastel ricordava soprattutto le giornate passate negli scantinati a imparare il mestiere. All’inizio scatta un po’ di tutto, anche matrimoni e cerimonie, finché nel 1981 un suo still life viene pubblicato sulla rivista Annabella. Basta questo per spalancargli le porte di Vogue Italia, e da lì di tutta l’editoria di moda che più conta. Sono gli anni del boom del Made in Italy, e Gastel diventa una delle sue voci più importanti assieme a Oliviero Toscani e Fabrizio Ferri: lavora con Missoni, Krizia, Tod’s, Ferragamo. […] La sua abilità non si fermava alla moda, cosa che Gastel stesso aveva capito solo dopo molto tempo: in occasione della personale al Maxxi di Roma lo scorso settembre, aveva ammesso di averci messo anni a smettere di definirsi “fotografo di moda”, per limitarsi al solo “fotografo": a suggerirglielo era stato Germano Celant, che aveva curato la sua mostra in Triennale a Milano nel 1997. Negli ultimi anni si era concentrato sulla poesia e sui ritratti in bianco e nero. “Ho azzerato l’abbigliamento per concentrarmi sulla persona”, spiegava. Nascono così i lavori con Vasco Rossi, Catherine Deneuve, Fiorello. Con Obama» [Tibaldi, Rep]. È morto per Covid nell’ospedale allestito alla Fiera di Milano.