ItaliaOggi, 1 aprile 2021
Periscopio
Approdato come un naufrago in una terra sconosciuta, ho misurato il territorio e appreso la lingua dei nativi. Sono invecchiato raccontando del mio mondo lontano, ma ancora la notte, nel buio, lo sogno. Giovanni Gastel, fotografo (Pier Luigi Vercesi). Corsera.
I comunisti dissero che De Gasperi si era rallegrato per l’impiccagione di Cesare Battisti. Era una vecchia calunnia fascista, che lo feriva molto. Con Cesare Battisti era stato nelle carceri austriache, per aver chiesto un’università in lingua italiana. Maria Romana De Gasperi (Aldo Cazzullo). Corsera.
Ma perché i giornali ci ammorbano di non notizie? Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Beppe Grillo negli ultimi due mesi: ha costretto il Movimento a seguire Mario Draghi (passato dall’essere «figlio di Troika» a «banchiere dotato di sentimenti»); ha espulso i parlamentari che si opponevano alla capriola (urlò a Stefano Patuanelli: «La Lezzi non è d’accordo? Ho-ca-pi-to-be-ne? Cacciatela!»); ai grillini che vanno in tivù ha ricordato le vecchie regole: «Non fatevi interrompere. Se succede, vi alzate e ve ne andate» (quelli, vanitosi e preoccupati, hanno subito scritto agli autori dei talk: «Per favore, non fateci interrompere»); si è convinto che il futuro debba essere «green», parola misteriosa per la maggior parte dei parlamentari, che così adesso nelle interviste parlano tutti come Greta Thunberg; ha rotto con Davide Casaleggio, con il quale è sempre stato cordialmente in antipatia; poi ricordandosi che, fondamentalmente, è un comico, si è esibito nella solita pagliacciata, uscendo dall’hotel Forum di Roma con un casco da astronauta in testa; poco prima, nella sua suite al quinto piano con vista Colosseo, serissimo aveva però annunciato a capi e capetti che «il Movimento andrà avanti con il centrosinistra e il vostro nuovo leader sarà Giuseppe Conte». Fabrizio Roncone. Corsera.
A metà degli anni Ottanta, quando lavoravo alla redazione romana del Giornale, l’arrivo da Milano del direttore, Indro Montanelli, era un avvenimento. Veniva a Roma a cadenza bimestrale, come le bollette. Lo faceva per noi e per trovare la moglie, Colette Rosselli (Donna Letizia), che abitava poco distante, in Piazza Navona. La voce dell’arrivo si spargeva nel Palazzo e cominciava la fila per vederlo. Occupavamo un magnifico appartamento in Piazza di Pietra, sopra il Tempio di Adriano. Per noi cronisti – una dozzina – c’era un open space. Le star della redazione, Cesare Zappulli, Federico Orlando, Renzo Trionfera, avevano stanze a sé. Montanelli si era riservato uno stanzino che usava per scrivere gli editoriali. Confinava col nostro salone e potevamo sentire il ticchettio dell’Olivetti. Il parto durava un paio d’ore ma ci rimuginava già prima di mettersi seduto. Indro Montanelli, Giancarlo Perna. La Verità.
Sotto la pressione della crisi che arriva stanno infatti, e per primi, dichiarando il fallimento proprio gli alchimisti che, appena ieri (solo alla fine del Novecento) hanno inventato il mercatismo, l’utopia-madre della globalizzazione, il suo strapotente motore ideologico: i liberali drogati dal successo appena ottenuto nella lotta contro il comunismo; i post comunisti diventati liberisti per salvarsi; i banchieri travestiti da statisti; gli speculatori-benefattori, e i più capaci pensatori di questo tempo, gli economisti, sacerdoti e falsi profeti del nuovo credo. Giulio Tremonti, La paura e la speranza. Mondadori, 2008.
Il mondo delle imprese sta chiudendo mestamente i battenti, e il blocco dei licenziamenti ha impedito ogni seria ristrutturazione dell’apparato produttivo. Se non si ricostituiranno margini di profitto adeguati, al crollo occupazionale si sommerà l’incapacità di creare nuovi posti di lavoro. La «società parassita di massa», in cui una minoranza lavora e il resto della popolazione campa di sussidi, è il grazioso futuro che il governo giallo-rosso ci lascia in dono. Luca Ricolfi, sociologo (Alessandra Ricciardi). ItaliaOggi.
I giornali perdono copie per troppa politica o perché lontani dalla vita reale? «Per entrambi i motivi. Ma anche perché sta finendo l’era gutenbergiana a vantaggio di altri linguaggi, l’immagine, la vocalità. Ai quali corrispondono altrettanti social media, i podcast e gli audiolibri. Il nuovo social è Clubhouse fatto di stanze dove si commentano i fatti e tutto si autodistrugge. Puro effimero». Pierluigi Battista di Huffington post (Maurizio Caversan). La Verità.
Centomila morti per Covid sono troppi. Sono il frutto di tante cause che abbiamo il diritto di conoscere, assieme ai nomi e cognomi dei responsabili. Così funziona uno Stato democratico col dominio della legge. Così dovrebbe funzionare l’Italia, togliendo ogni credibilità a chi non ce l’ha la ha per tragici errori commessi o, peggio, per l’esercizio distorto dei pubblici poteri conferitigli. Domenico Cacopardo. ItaliaOggi.
L’uccisione dell’agente Viscardi è una storia che comincia a Milano, alla Stazione centrale, alle 8 e 40 del 13 novembre di quell’anno. Un venerdì grigio, come può esserlo solo un venerdì autunnale a Milano. Un agente di polizia è di pattuglia nell’atrio. Ha un nome strano, si chiama Eleno Anello Viscardi, 25 anni. Ha anche una storia strana, se è per questo: è nato a Utinga, nello stato di Bahia. È figlio di una famiglia italiana, che dal Sud se ne era andata fino in Brasile a cercare lavoro e prosperità. Non deve essere andata troppo bene, se i Viscardi coi loro sette figli se ne sono tornati in Italia. A Eleno non restano molte opzioni: si arruola in polizia nel 1975, dopo la scuola allievi di Piacenza viene destinato a Milano, in servizio alla Digos. Quel 13 novembre nell’atrio ha notato due giovani che parlottano. Qualcosa lo insospettisce, o forse è solo sfortunato: si avvicina e chiede loro i documenti. Uno dei due tira fuori una pistola e gli spara diversi colpi a bruciapelo. Per Eleno Anello da Utinga, Brasile, la vita finisce in quell’istante. Maurizio Pilotti. Libertà.
Ci sono almeno due signore (e le conoscete meglio di me) che ci vivono negli studi televisivi. Non ci hanno ancora invitato nessuna donna a partorire in diretta e poi a far crescere giorno dopo giorno il pupattolo (sintesi tra pupo e giocattolo) tra Amici o a Barbara Live. Però la vita è quella: come ai tempi delle monarchie assolute di Francia le regine dovevano partorire in pubblico, così succede nell’età dello spettacolo totale, sempre in fase evolutiva, essendo dirimente non la vita e il cosmo reale ma l’intrattenimento e il divertimento. Luigi Amicone. Tempi.
I biografi non dicono mai la verità, ma la loro verità. Roberto Gervaso.