Corriere della Sera, 1 aprile 2021
La tribù dei Marley
«Ero su un campo di calcio, come sempre, del resto, all’epoca. Venne un ragazzo e mi disse: “Tuo papà e morto”. D’istinto mi misi a ridere e gli risposi “Non scherzare, mio padre è un supereroe, non può morire”». L’11 maggio prossimo ognuno (ri)vivrà il lutto a modo suo: perché a quarant’anni di distanza ognuno, a tutte le latitudini del Pianeta, ha il suo Bob Marley personale. E supereroe è la parola giusta, perché i supereroi non invecchiano mai: per tutti, sì, Bob Marley di anni ne avrà sempre 36, quelli che soltanto aveva quando se ne andò quell’11 maggio del 1981 per un tumore devastante.
Supereroe era di sicuro per Rohan, il quinto figlio degli undici naturali di Bob (altri due gli avrebbe adottati dalla moglie Rita, Rohan è invece figlio di Janet Hunt) che quel giorno aveva solo nove anni. «I miei fratelli maggiori Ziggy e Stephen non c’erano, erano andati a Miami con lui – racconta proprio da Miami, dove vive oggi —. Quando tornarono senza di lui, realizzai definitivamente che papà non c’era più e mi misi a piangere a dirotto. Stephen mi prese la testa e mi disse: “Smetti di piangere, papà è solo andato da un’altra parte”».
Già, allora come oggi, la famiglia Marley è un monolite: da undici, arrivando alla quarta generazione, la tribù conta ormai settanta persone: «Non esistono nipoti, quelli dei miei fratelli e delle mie sorelle sono tutti nostri figli: così portiamo avanti il messaggio di papà, ispirato all’amore e al rispetto». Rohan è uno dei pochi della tribù che non si è dedicato alla musica e oggi fa l’imprenditore, dopo un passato come giocatore di football americano che l’ha visto avere come compagno di squadra nientemeno che Dwayne «The Rock» Johnson: «Non sapevo cantare» scherza. E prosegue: «Non sapevo però nemmeno “falciare” come si fa nel football: così, dopo aver provato a giocare a calcio, ho smesso definitivamente con lo sport». Dedicandosi quindi alla coltivazione di caffè sostenibile (ma anche di marijuana curativa), rigorosamente marchiate Marley: «Alla musica ci pensano i miei figli: Joshua si dedica all’elettronica, Selah ha provato la strada del cantautorato. Anche grazie alla mamma». Già, la mamma dei suoi cinque figli è la grandissima Lauryn Hill, già diva dei Fugees, con cui Rohan si è lasciato nel 2009, ma con cui mantiene ottimi rapporti.
E ovviamente il buon sangue del nonno Bob non mente. Perché dunque a 40 anni di distanza la sua leggenda non muore mai? «Perché ogni cosa che diceva e cantava era vera. E non guardava semplicemente il mondo, ma sapeva immaginarselo» prova a spiegare Rohan. Che ricorda Bob «come un padre estremamente tollerante e comprensivo». E se dovesse scegliere un brano della sua sterminata produzione opterebbe per uno «laterale», ma per lui importantissimo a livello emotivo: Smile Jamaica del 1978 «Sento la sua anima mentre la canta, il suo amore per il nostro Paese. E mentre ci invita a sorridere, mi sembra che pianga».
Dalla Giamaica all’Italia il passo è breve. Rohan, insieme ai fratelli Julian, Damian e Stephen, sostiene Music for Love, disco con diversi artisti nostrani (come il trombettista Fabrizio Bosso), realizzato insieme all’ amico e collega imprenditore Franco Nannucci: il ricavato andrà a progetti solidali in contesti di estrema povertà in diverse parti del mondo. Dei leggendari concerti a San Siro di Bob nel 1980 anche Rohan ha sentito parlare: «So che la magia di quegli show ha toccato l’anima di molti di voi, segnandone il destino per sempre».
E se Bob vivesse oggi, come ha avuto modo di dire anche la sorella maggiore Cedella «Sicuramente si metterebbe alla testa del movimento Black Live Matters — conferma Rohan – : lui era una voce per l’Africa, voleva la sua redenzione. Ma avrebbe sostenuto anche uno yellow, un red live matters: era per l’uguaglianza di tutti, la positività era il suo verbo». E oggi che di positività ce n’è poca, in questo mondo cupo segnato dalla pandemia, se cantasse, Bob cosa intonerebbe? La voce non è certo la stessa, ma Rohan ci prova ugualmente: «Let’s get together/and feel all right…». One love, già: «Solo grazie all’amore possiamo uscirne – conclude -. Non so se mio padre fosse l’uomo perfetto, ma le sue parole, quelle sì, ieri come oggi, sono sempre perfette…».