la Repubblica, 1 aprile 2021
Vaxzevria, un nome che sa di Romagna
Cambiare nome a un prodotto è un passo delicato, da prendere in considerazione in circostanze eccezionali. Si chiama “renaming” e per i consumatori può essere ragione di disorientamento o peggio: c’è chi non si è mai ben ripreso dal passaggio da “Corriere dei Ragazzi” a “CorrierBoy” (1976).
Quando a un prodotto succede quello che è successo al vaccino AstraZeneca la rinominazione è però giustificabile: contratti non rispettati, approvigionamenti in ritardo, immagazzinamenti misteriosi e poi anche “eventi avversi”, sospensioni, diffidenze.Dietrologie e controdietrologie danno spiegazioni mercantili: “È perché costa poco”, dicono alcuni; altri, sulla scorta di una sibillina battuta del poco loquace premier Draghi, immaginano comportamenti anche più scorretti. I titolari fanno notare che in realtà il loro prodotto sinora un nome non l’aveva, ma si chiamava genericamente “Vaccino Covid-19 AstraZeneca”, che è come se “I promessi sposi” si intitolassero “Romanzo di Alessandro Manzoni”. Che sia per attenuare il ricordo degli infortuni, che sia per preservare il nome della ditta, che sia che solo ora abbiano trovato il tempo di occuparsi del nome, sta di fatto che i signori di AstraZeneca hanno dato al loro prodotto un nome: “Vaxzevria”. “Vaxzevria”, sì.
Non si sa dove cada l’accento, sulla E o sulla I (si spera su nessuna delle due A), ma sembra il minore dei problemi. Che nome è? Un che di romagnolo lo ha, potrebbe essere interpretato forse come “va’ che è vero”, ma siamo molto oltre lo “Snaporaz” felliniano (che leggenda vuole significasse “non sei che un poveraccio”). Incomincia con “Vax” e va benissimo, si capisce. Ma poi c’è una Z e non si ricordano parole in cui X e Z siano ravvicinate, senza neppure la pausa con il trattino dell’Ex-Zaire o senza trattino del buon Alex Zanardi. Un posto dove X e Z sono contigue è la tastiera e dato che anche le altre lettere sembrano disposte in modo inconsulto si teme sia successo come nello storico tweet trumpiano “Covfefe”, probabile frutto di un colpo di sonno durante la digitazione e di un Invio preterintenzionale.
Sapremo mai scrivere “Vaxzevria” senza pensarci troppo sopra? Troveremo una pronuncia accettabile e soprattutto compatibile con la necessità igienica di moderare la produzione orale di droplet nel parlare? E AstraZeneca non era un nome già abbastanza assurdo? È una tradizione svedese, tipo modelli Ikea? Non avremo mai risposte. Speriamo di avere almeno il vaccino.