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 2021  marzo 31 Mercoledì calendario

Periscopio


Siamo la prima civiltà della storia che si lancia in una scommessa ambiziosissima: dichiarare che uomini e donne sono uguali. Ma fino a ieri non è stato così. Alessandro Barbero (Roberta Scorranese). Corsera.
Sul divieto di andare oltre il secondo mandato ribadito di Beppe Grillo un Cinque Stelle di peso dice. «È mutato tutto: dal Tav agli scontrini, dalle alleanze ai rapporti con Milano: chissà come mai solo questo tasto non si può toccare». Fabrizio Roncone. Corsera.
Vorrebbe Giuseppe Conte nella Dc? (Inarca le sopracciglia). «La sua stagione è finita. Non viene dalla gavetta». Matteo Salvini? «No. Troppo matto e impreparato». Giancarlo Giorgetti? «Un mediatore dotato di buonsenso». Nino Luciani, segretario della Dc (Stefano Lorenzetto), Corsera.
È interessante notare che la vicepresidente degli Stati Uniti, Kamala Harris, non abbia suscitato lo stesso tipo di reazioni che ha fatto scaturire Hillary Clinton, forse perché ha i piedi per terra, indossa le scarpe da ginnastica e ha un background meno da privilegiata. Martha C. Nussbaum, filosofa Usa (Roberta Scorranese). Corsera.
A sinistra si pensa che la politica determini l’antropologia. Esistono due categorie di italiani: quelli di sinistra, buoni, generosi, che non parcheggiano in seconda fila, pagano le tasse e leggono i libri, e quelli di destra, populisti, prepotenti, ignoranti, evasori e che non rispettano le regole. Pierluigi Battista di Huffington Post (Maurizio Caversan), la Verità.
Da sindaco, Massimo Cacciari realizzò il ponte sul Canal Grande detto di Calatrava, dal nome dell’archistar spagnola. Il cavalca acque è noto per essere sdrucciolevole. La signora Rosa, veneziana di periferia, scivolò e si ferì. Fece le sue rimostranze al sindaco che replicò spicciativo: «Stia più attenta. Io l’ho attraversato centinaia di volte. Se non è in grado, faccia a meno di farlo». Giancarlo Perna. la Verità.
All’inizio del governo Draghi avevamo suggerito e chiesto al premier di disporre una sorta di «due diligence» (una verifica «terza») sulla gestione della pandemia, in modo da mettere in luce tutti gli aspetti della sua gestione, rispetto alla quale le critiche erano e sono tante. Sarebbe stato un modo corretto e condivisibile per fare chiarezza. Purtroppo, questo non è accaduto. Purtroppo, questo non è accaduto e non ci possiamo accontentare della rimozione di Arcuri, del ritorno della Protezione civile, dell’arrivo del generale Figliuolo o del cambiamento radicale del Cts. C’è un’aura di dispotico mistero intorno alle decisioni del governo, delle quali è permanente portavoce, Roberto Speranza, un ineguagliabile trasmettitore di pessimismo cosmico. Domenico Cacopardo. Italia Oggi.
Adesso danno per morto anche Giuliano Ferrara. Non ci credete? Me lo raccontò lui stesso. Accadde su uno di quegli autobus mangiafuoco Atac di cui va fiera la sindaca di Roma. «Dotto’, ma sa che lei me rassomiglia a quello che stava in televisione e che mo’ non ce va più, me sa che è morto, come se chiama, grande e grosso…». «Giuliano Ferrara?». «Ecc’a llà! Sì, quello! Me scusi dotto’, ma ce somiglia proprio!». «Piacere, sono Giuliano Ferrara». E quello esterrefatto: «Ammazza dotto’, ma allora nun è morto, nun se po’ più crede a niente, a li mortacci!». È così. Se ti hanno visto in tv, nel momento in cui non appari più sullo schermo, vuol dire che sei morto. D’altra parte è il tipico horror vacui di cui soffrono non soltanto gli attori. Ma anche i giornalisti, gli intrattenitori e non parliamo ovviamente delle soubrette dei talk show. Luigi Amicone. Tempi.
Stiamo vivendo un colonialismo all’incontrario, il colonialismo del ventunesimo secolo con i nostri negozi pieni di merci generosamente prodotte in Asia a basso costo; con la produzione industriale delocalizzata in Asia, così da preservare il nostro ambiente naturale; con gli immigrati chiamati a fare, al nostro posto, i lavori più duri o più sporchi o tutti e due assieme, naturalmente sempre a basso costo. Giulio Tremonti. La paura e la speranza. Mondadori. 2008.
Il mio cinema fugge sempre da ciò che è attuale, contingente, anche dalla politica. Perché voglio che duri, le cose che contano volano più in alto del contingente. Nelle nostre case, nelle nostre vite ogni giorno entrano tante storie, tante beghe, gente che tutte le sere parla di tutto nei programmi di informazione, sono sempre gli stessi, la solita compagnia di giro. Sono stupito e anche ammirato dal fatto che, con tutte le cose belle che si possono fare, c’è chi sta là a dire la sua su tutto, senza tentennamenti. Io rivendico invece il diritto anche a non avere un’opinione su una vicenda, o a cambiare idea. Pupi Avati, regista (Alessandra Ricciardi). Italia Oggi.
Dante è il padre spirituale della nazione; essendo l’Italia una potenza culturale, non certo politica o militare. Scrive Anna Maria Chiavacci Leonardi, l’autrice di quello che considero il miglior commento alla Divina Commedia: «L’idea dell’Impero come garante della pace fra le nazioni in cui Dante credette era tramontata già nel suo stesso tempo». Inoltre, parlando della celebre invettiva «Ahi serva Italia», «non si deve sottovalutare l’importanza che viene qui ad assumere l’Italia come nazione. Aldo Cazzullo. Corsera.
«La Guerra civile spagnola», spiegherà George Orwell nel saggio Perché scrivo, «ha contribuito a farmi prendere una decisione, e da allora ho capito da che parte stavo. Ogni riga di lavoro serio che ho prodotto dal 1936 l’ho scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo». Maurizio Pilotti. Libertà.
Memmo concluse la sua vita con un gesto di grande stoicismo. Quando, uscito il prete che gli aveva dato l’estrema unzione, la nonna vide che stava per andarsene, pensò di offrirgli anche un viatico pagano a base alcolica e, conoscendo il vecchio, gli dise: «O Memmo, che lo volete un gocciolin di vin santo?». Il vin santo, in Toscana era, per i poveri, un elisir, come l’aceto balsamico per i modenesi, ma il morituro aprì l’unico occhio apribile e rispose: «No, tenetelo per maggior bisogno…». E spirò a ottantasei anni. Guglielmo Zucconi: La scommessa. Rizzoli, 1993.
Il lago è un catinone grigio, vaporante, pronto per i suffumigi di chissà quali ciclopi ammalati: afa grande luglio. Anche i juke-box di Malpaga sembrano paralizzati in quest’aria estiva molle e sfibrante, da lavanderia; e non è escluso che la pila dei dischi sia ridotta a un compatto cilindro di plastica appiccicosa. Nantas Salvalaggio: Villa Mimosa, Mondadori, 1985.
Com’è difficile essere se stessi quando gli altri ci vogliono diversi. Roberto Gervaso.