Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 30 Martedì calendario

Beppe Furino ha perso la moglie per Covid

Beppe Furino ha perso una parte di sé. La gloria della Juventus ha avuto bisogno di qualche giorno per rivisitare il dramma che lo ha sconvolto, tentando di riempire almeno di parole il vuoto che ha invaso la sua esistenza. Furino racconta i tempi (stretti) e i modi (atroci) con cui il Covid si è preso la moglie, Irene Vercellini: «Sono frastornato, è accaduto tutto troppo in fretta». Pausa. Respiro. E un angosciante mea culpa: «Temo di avere fatto da untore, portando a casa il virus. Ci ha preso tutti, in famiglia. Ma mentre noi guarivamo lei cominciava ad avere seri problemi di saturazione. Da quando è stata ricoverata non l’ho più vista. Un dolore tremendo».
Sua moglie era anche una apprezzata politica.
«Tanto da tirare dentro pure me. Amava la politica quasi quanto la Juve. Andava nei distinti al Comunale. Erano anni meno esasperati, si poteva perdere ma non si perdeva il sorriso. Siamo tutti peggiorati. Vivo una tensione che non mi apparteneva».
Un’altra epidemia, da piccolissimo, la obbligò a cambiare casa. 
«Ci furono dei casi di tifo in Campania, nel paese di mio padre. Andai a vivere per un anno dai nonni a Ustica. Ero juventino ben prima di arrivare a Torino. La mia carriera è stata una cavalcata felice, il calcio mi ha dato tutto».
I suoi derby erano all’insegna del «tremendismo» granata. 
«Altri tempi, altri derby. Il Toro lottava con noi per lo scudetto. Anche l’ultima Juve è cambiata. Il ko con il Benevento mi ha sbalordito. Non capisco come possano mancare motivazioni a chi è strapagato per fare il mestiere più bello del mondo».
Lei non ama essere definito una bandiera bianconera, detesta i piedistalli. È vero?
«Quel termine non mi è mai piaciuto. E se non ho avuto una seconda vita alla Juve è colpa mia: l’avvocato Chiusano mi tormentava affinché facessi il corso da tecnico a Coverciano. Ma io niente». 
Pirlo invece ha accettato. 
«Diamogli tempo. L’80% del lavoro, nel bene o nel male, lo fanno i giocatori. Anche Pirlo avrebbe vinto con Pirlo, Marchisio, Pogba e Vidal».
Il nuovo Furino è Barella? 
«Mi piace molto. L’avrei voluto alla Juve: ha personalità, qualità e agonismo». 
E poi ci sono i suoi due nipotini, gli eredi diretti. 
«Ora se ne fregano del calcio. Il più grande fa la seconda elementare in Dad. Siamo riuniti tutti a casa mia, dove però è rimasto un vuoto enorme».