La Stampa, 29 marzo 2021
Erica Jong e la marijuana legale a New York
«Bene, ottimo. Così la marijuana diventerà sempre meno sexy, e la gente perderà interesse. Quando eravamo adolescenti a New York, fumavamo tutti per lo stesso motivo: la trasgressione. Ma se una cosa diventa legale non c’è più trasgressione, e la gente si stanca».
Parola di Erica Jong, che qualcosa deve saperne. Perché lei si era laureata negli anni Sessanta al Barnard College, quando la Columbia University, già frequentata da Allen Ginsberg e Jack Kerouac, era il cuore della contestazione americana. «Paura di Volare» poi lo aveva pubblicato nel 1973, anno degli Accordi di Parigi per mettere fine alla guerra in Vietnam, favoriti anche dalle proteste associate alla «liberalizzazione dei costumi».
Come giudica la decisione dei legislatori del suo Stato di legalizzare la marijuana?
«Va decriminalizzata, prima di tutto perché oggi è principalmente una scusa per arrestare i neri, più dei narcos. Poi come droga non fa gravi danni, se fumata in maniera moderata».
Non è preoccupata per gli effetti sulla salute, e il rischio che crei dipendenze più pericolose?
«Premetto che io non fumo marijuana regolarmente, perché è illegale, e soprattutto perché il fumo provoca il cancro. Quindi non è mai una buona idea praticarlo, per la tua salute. Detto questo, ci sono persone capaci di diventare dipendenti da qualsiasi cosa, incluso lo zucchero. Ma se viene usata in maniera moderata, e la gente è ben informata dei pericoli, può anche essere una buona droga. Penso agli usi terapeutici in crescita, ad esempio per trattare il dolore. Tutto ciò contribuisce alla normalizzazione, anche se bisogna sempre tenere presente che il fumo fa male e andrebbe evitato».
Sua figlia Molly ha descritto in un libro la propria discesa verso la dipendenza, e ha raccontato che proprio lei l’aveva accompagnata al centro per disintossicarsi. Come madre che ha vissuto questo dramma, ha qualche riflessione personale da aggiungere?
«Quando i ragazzi sono teenager vogliono sempre provare le cose illegali. Non puoi fermare questo istinto, anche se devi cercare di farlo in tutti i modi. Mia figlia ora è cresciuta, e per fortuna è completamente libera dalla droga. Non ha alcun interesse a fumare marijuana ed è in ottima salute. Spero con tutto il cuore che ogni genitore possa dire lo stesso dei suoi figli».
New York è sempre stata una città degli eccessi. Come ricorda la scena degli anni Sessanta e Settanta?
«Era tutto nuovo, e la gente voleva provare qualunque cosa. La trasgressione però era il movente principale, più dello stesso effetto delle droghe».
Le cose sono cambiate?
«La droga si usa ancora, ma adesso non è più così eccitante. Siamo passati attraverso varie fasi. Quando io ero giovane, negli anni Sessanta e Settanta, le droghe erano cool. Ora non più. Sono ancora usate per gli effetti che provocano, ma non attirano così tanto come fenomeno culturale e sociale. Se poi consenti che qualcosa diventi legale, dopo un po’ la gente si stanca di farla».
Quindi la legalizzazione frena l’uso?
«Esatto. La gente smette di usare la droga perché non è più sexy. Ovviamente gli adolescenti restano ribelli e devi proteggerli, ma non sono sicura che la legge sia la maniera migliore per farlo».
Cosa suggerisce invece, come madre?
«Servono genitori intelligenti e coinvolti. Devi convincere i figli a fidarti di te. E’ molto difficile, ma essere genitori è difficile. Se però sei davvero coinvolto e vuoi proteggere i figli, loro lo capiscono. Devi costruire il dialogo, così quando dici qualcosa non ti vedono come il solito genitore che rompe le scatole perché è il suo ruolo».