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 2021  marzo 29 Lunedì calendario

Gli anticorpi monoclonali, spiegati

«Se vuole, possiamo darle i monoclonali». Il nome non è nato per rassicurare. Ma i contagiati che hanno ricevuto l’offerta, nella prima settimana di uso in Italia, non hanno detto no. I monoclonali sono anticorpi artificiali contro il Covid. Sono stati somministrati in 15 Regioni a 230 positivi, scelti con criteri precisi. Devono essere nella fase iniziale della malattia, a pochi giorni dal tampone. Diventano inutili quando arriva la polmonite e i guai nascono dalla tempesta immunitaria, più che dal virus.
Il loro uso è un esercizio di “cogli l’attimo”, ma anche di “prevedi il futuro”: Francesco Menichetti, direttore delle Malattie infettive a Pisa, li ha somministrati a 25 pazienti: «Vanno dati a persone che hanno ancora pochi sintomi, ma con fattori di rischio che fanno prevedere un aggravamento». Si tratta degli over 65 con un’altra malattia importante o under 65 con più malattie gravi, secondo un elenco stilato dall’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco. Un trattamento costa 1.500-2.000 euro, a seconda della marca. Il Ministero della Salute ha stanziato 400 milioni, garantendo per ora 150mila dosi.
«I pazienti vengono scelti da medici di famiglia o Usca, arrivano in ospedale, un’ora per l’infusione, un’altra per l’osservazione, poi tornano a casa», spiega Menichetti. Qui inizia il terzo esercizio, che consiste nel chiedersi: la cura ha funzionato? «Non è facile dirlo – ammette Paolo Bonfanti, primario di malattie infettive al San Gerardo di Monza, che ha trattato una decina di pazienti. «L’obiettivo è evitare sintomi gravi e ricovero. Ma molti pazienti superano l’infezione da soli. È difficile per noi capire se il merito di una guarigione è degli anticorpi monoclonali o della risposta naturale del paziente».
A Pisa Menichetti ha ricoverato una persona: «Ma era nella sperimentazione dei nuovi anticorpi AstraZeneca. Metà dei pazienti ricevono un placebo e non sappiamo chi». La vigilanza Aifa, per valutare i benefici, sarà fondamentale. «Prima di somministrarli dobbiamo chiedere all’Aifa l’autorizzazione per ogni paziente», spiega Cristina Mussini che dirige il reparto di malattie infettive a Modena, dove si partirà questa settimana. «Poi dobbiamo compilare una scheda 30 giorni più tardi. Dovremo farlo bene per capire l’utilità dei monoclonali, o rischieremmo di aver speso 400 milioni inutilmente». Anche Donald Trump, il presidente americano, ha ricevuto un’infusione di monoclonali a ottobre. Dopo di lui, il trattamento è stato offerto ad altri membri dell’entourage, con criteri non sempre trasparenti. Complice il costo, a carico spesso delle assicurazioni, nel paese pioniere dei monoclonali questi farmaci non si sono rivelati decisivi.
Pierluigi Viale, primario di malattie infettive al Sant’Orsola di Bologna, ha però avuto un paziente che gli lascia in seno pochi dubbi: «Aveva avuto un trapianto, era immunodepresso e con il Covid ha sviluppato febbre e polmonite in pochissimi giorni. Dopo il trattamento è migliorato rapidamente. Un paziente che da solo non riesce a produrre anticorpi è il tipico caso in cui i monoclonali sono utili, senza troppi dubbi».
Fra i dilemmi, uno dei più seri riguarda le varianti. I monoclonali si legano infatti alla spike del coronavirus in un punto ben preciso. Una mutazione proprio lì è in grado di spiazzarli. Il ceppo inglese – come con i vaccini – non pone problemi, ma quelli sudafricano e brasiliano sì. Questo ha costretto gli Stati Uniti a cambiare rotta, il 24 marzo. «Un anticorpo della Eli Lilly che era somministrato da solo è stato bloccato» spiega Massimo Puoti, che dirige le Malattie infettive al Niguarda di Milano, dove sono stati trattati 4 pazienti, 2 dei quali già ricoverati per altri problemi. «Anche in Italia sono arrivate nuove indicazioni. Ora può essere somministrato solo in combinazione con un altro monoclonale, sempre di Eli Lilly. Cerchiamo comunque di effettuare anche un test sulle varianti per capire quale ceppo abbiamo di fronte». Anche perché, fa notare Bonfanti, «un anticorpo efficace solo a metà rischia di favorire la selezione di nuove mutazioni». Anche un secondo cocktail di Regeneron e Roche è in distribuzione in Italia in questi giorni.