Specchio, 28 marzo 2021
La seconda vita delle Barbie riciclate
«Tutti abbiamo il diritto di giocare». Ne è convinta Rebecca Di Biagio, in foto a destra, trentenne di Abbiategrasso che raccoglie Barbie dismesse e malmesse, le restaura e poi le dona «a chi ne ha bisogno». L’idea è nata un anno fa, con l’arrivo della pandemia. È stato allora che ha deciso di trasformare la sua passione per le bambole in volontariato artigiano «facendo emergere una creatività ritrovata proprio nel periodo del lockdown, unita alla voglia e al bisogno di fare qualcosa di buono».
Il suo, racconta, «è un progetto che vuole trasmettere il valore di recuperare gli oggetti e usarli diversamente». Così le famose bamboline, rovinate e non più in tiro, invece di diventare rifiuti possono avere una nuova vita e dopo il restyling «essere giocate» ancora. «In cambio non chiedo denaro, ma che si firmi un contratto simbolico in cui l’adottante deve assicurare che le Barbie verranno trattate bene - spiega Rebecca - Non sono una collezionista, ho iniziato ad approfondire l’argomento, a seguire dei video modeling e dei tutorial. Quindi ho lanciato il mio primo appello sui social a dicembre, durante le feste di Natale, che diceva: "Cerco Barbie in disuso da restaurare per donarle a mia volta a bambini e persone che ne hanno bisogno perché tutti hanno il diritto di giocare". In questo lungo periodo che ha colto impreparati e messo tutti a dura prova, forte degli insegnamenti ricevuti in famiglia, ho scelto di adottare un atteggiamento di resilienza, di trarre il buono da ogni situazione».
Così ha pensato di «realizzare bambole personalizzate Ooak, One of a kind, una di ogni tipo, pezzi unici resilienti, che rappresentavano e raccontavano storie forti di donne che, pur attraversando esperienze difficili, riescono ad uscirne arricchite, non sconfitte». E non poteva mancare quella dell’infermiera con visiera anti Covid.
I destinatari privilegiati di questi piccoli, grandi doni sono quanti vivono in condizioni di fragilità, bimbi di famiglie bisognose e anche persone anziane, spesso sole. Ma chiunque, dimostrando la sua disponibilità a un’adozione responsabile di un simbolo di fantasia legata alla realtà, può farne richiesta. Le bambole non devono essere destinate ad attività di lucro, non vanno accumulate (se ne può ricevere una sola a testa). E chi le adotta «deve prendersene carico direttamente, deve essere una scelta e un impegno, non una cosa subita».A l progetto di doll adoption si stanno affiancando diverse collaborazioni. Come quella con la Family Room Ronald McDonald del Niguarda di Milano, che si occupa dell’accoglienza dei genitori dei bambini ricoverati in lunga degenza. In programma laboratori per coinvolgere famiglie e operatori in attività «che fanno star bene». Il tutto in collaborazione con l’associazione Cascina Blu, che punta all’inclusione delle neuro diversità, con attenzione alle esigenze dell’autismo e di cui Rebecca è membro attivo, essendo figlia e sorella di persone autistiche. Per informazioni sulle donazioni si può inviare una mail all’indirizzo adottaunabambola@gmail.com.