Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 28 Domenica calendario

I bodybuilders indiani

Dove sono finiti i culturisti? Quei maschi e femmine compiaciuti che si rimirano allo specchio i bicipiti ben oliati? Dopo scandali sui farmaci proibiti e qualche decesso, le loro gare continuano, ma quel mondo nato in contrapposizione ai torsi segaligni dei pacifisti anti-Vietnam tra gli yuppie reaganiani negli anni Ottanta ispirati a Sylvester Stallone, Arnold Schwarzenegger e Lou Ferrigno nel ruolo di Hulk, sembra un po’ sbiadito. Ora, la religione del bodybuilding ha raddrizzato la schiena dall’altra parte del mondo: in India.

Il prototipo non è più Ghandi
La pigra trappola degli stereotipi potrebbe far credere che gli indiani siano sempre quelli del prototipo di Mahatma Gandhi, l’ascetico vegetariano il cui corpo magrolino esprimeva la capacità di rinuncia necessaria alle austerità spirituali, oppure quello del fisico dei guru arricchiti, con la pancetta da eccesso di carboidrati e aminoacidi che protende sotto il kurta pajama. Gli indologi più appassionati si saranno accorti invece che la Bollywood degli ultimi dieci anni propone un modello maschile dove la tartaruga negli addominali è un obbligo per i leading man di ogni film danzante. Ciò che è meno risaputo è che il look muscoloso si è infiltrato nell’immaginario di gran parte del sub-continente anche attraverso serie tv, riviste patinate e imponenti cartelloni pubblicitari che sovrastano lo sconcertante e allegro caos del traffico stradale, associando il senso del proprio corpo a quello di un prodotto di consumo come bevande gassate o auto di lusso. In India, "avere fisico" è diventato oggi l’equivalente di rivelare il sé aspirazionale. Ed è anche un modo per svincolarsi dall’appartenenza di casta e di classe e dimostrare che si hanno i soldi per una dieta migliore e per la palestra. Il fenomeno è così rilevante che l’antropologo olandese Michiel Baas lo ha documentato in un saggio meticoloso, frequentando per anni le palestre di quattro grandi metropoli indiane a Delhi, Mumbai, Bangalore e Chennai. "Muscular India" (Westland) racconta come negli ultimi dieci anni per moltissimi giovani indiani il primo passo verso una qualsiasi carriera inizia sulla soglia della palestra. Bisogna prima pensare a comporre il proprio corpo, dandogli una forma sportiva perché essa rappresenta uno status privilegiato ed è il simbolo dell’individualismo moderno, indicatore del fatto che si è in controllo della propria vita. Ecco la formula: più soldi=migliore alimentazione=più energia=più muscoli=migliore aspetto=maggiore mobilità sociale.

Nuovi manager di sé stessi
Il messaggio di questi corpi è che l’individuo non è più vittima dell’ambiente che lo circonda, ma è diventato un amministratore efficiente delle proprie risorse: un vero manager di sé stesso. Sviluppare i muscoli è una decisione che racconta il contrario della rinuncia e che incarna, termine più che appropriato, una trasformazione psicologica di massa adottata anche dalla politica. Dunque, mentre in Occidente le scuole di yoga crescono esponenzialmente soddisfacendo la ricerca di un corpo snello e "spirituale", in India le palestre si riempiono di ragazzi che vogliono deltoidi, tricipiti e bicipiti in un corpo possente ed energico. Sembra quasi la rappresentazione di un travaso di potenza da Occidente verso l’Asia, attraversando il culto del corpo.
Inizia tutto con il film di Bollywood "Om Shanti Om" (2007) nel quale la super-star Sharukh Khan mette in mostra addominali e pettorali che per molti altri attori indiani divengono uno standard da esibire. L’anno dopo, "Ghajini, " remake bollywoodiano di un film d’azione Tamil, diventa il punto di riferimento per i personal trainer. Nello stesso anno, esce anche la prima edizione indiana della rivista "Men’s Health," la cui distribuzione capillare dà il via a una fortunata categoria di magazine salutisti mirata alla crescente classe media che parla l’inglese.

I tempi laici del neoliberismo
Questo è il punto: la New India dove si guadagna finalmente di più dei genitori è una nazione con problemi di sovrappeso e diabete dovuti alla subitanea overdose di zuccheri e cibi grassi da ingollarsi nei fast-food che affollano le shopping mall, vero tempio laico della festa neoliberista. Il neo-liberismo, cui è stata aperta la strada nell’India socialista con le prime leggi nel 1991 e che ha subito un’accelerata negli anni Zero, carica la responsabilità del successo unicamente sulle spalle dell’individuo. Così, il corpo modellato con i propri sforzi riflette il concetto di meritocrazia della nuova India globalizzata dove le norme collettivistiche si allentano e le scelte individuali prendono più spazio. Il corpo cesellato rappresenta un impegno su sé stessi, contrapposto alla pancetta, simbolo del potere nella precedente generazione borghese che si giustapponeva alla muscolarità "volgare" della manovalanza operaia e povera. Oggi questa distinzione è morta. Un corpo muscoloso è il modo per farsi prendere sul serio nella propria professione: un indicatore di auto-controllo, disciplina ed efficienza.
Il premio Nobel V.S. Naipaul aveva già intravisto un’accelerazione nella mobilità sociale all’inizio degli anni ’90, nel suo India: un milione di rivolte, osservando che i figli dei domestici venivano mandati a studiare. Non aveva però previsto che i luoghi dove il proletariato avrebbe imparato a mimare il modo di fare della classe medio-alta, migliorando il proprio inglese e conquistando la fiducia dei più ricchi, non sarebbe stato solo nelle scuole ma anche nelle palestre.

Il corpo come una valuta
Ma è proprio così, spiega Baas nel suo "Muscular India", raccontando di trainer come Kishore, Vijay, Victor, Manish, Amit e Akash, di cui ha seguito negli anni carriere e traiettorie esistenziali, frequentandoli nei centri fitness dove ovviamente si manifesta anche l’aspetto omoerotico, con qualche trainer eterosessuale che si prostituisce perché «i soldi sono la cosa più importante», e altri allenatori apertamente gay, soprattutto dopo che in India, nel 2018, è stata abolita la legge anti-sodomia di retaggio coloniale. In un sistema dove le caste resistono da secoli, non è però così semplice conquistare subito "il paradiso sociale" solo con i muscoli, scrive Baas. «I loro corpi funzionano quasi come una valuta: consentono loro di acquistare l’ingresso a qualcosa che sarebbe altrimenti fuori portata. Allo stesso tempo, le relazioni tra trainer e clienti rivelano gerarchie inestirpabili tra diversi strati della classe media. Anche se cambiamento e opportunità illimitate sembrano caratterizzare la narrativa di un’India che muta rapidamente, in realtà la mobilità socioeconomica verso l’alto, è un cammino piuttosto lento». Il bodybuilding, che proprio per il richiamo alla mascolinità militaresca attrae molti sostenitori tra le file delle Rss, l’associazione fondamentalista indù dove ha militato per decenni il primo ministro Narendra Modi, sta diventando anche moneta politica. Il leader dell’opposizione di sinistra, Rahul Gandhi, durante la recente campagna elettorale in Tamil Nadu, non ha perso occasione per mettere in mostra il corpo palestrato mentre si tuffa in un fiume o fa una gara di flessioni con uno studente. E un personal trainer sikh ha chiesto agli agricoltori in sciopero da mesi alle porte di Delhi il permesso di organizzare una gara di culturismo nei loro accampamenti. Perché oggi, in India, flettere i muscoli non è più né di destra né di sinistra, ma un modo per comunicare la propria determinazione a farcela.