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 2021  marzo 28 Domenica calendario

Le 5 giornate da incubo del commercio mondiale

Steve Park sa già che il suo container di latte di cocco (arrivo previsto tra una decina di giorni) non approderà a Felixtowe, nel Suffolk, almeno fino a maggio. Al rigassificatore di Rovigo fanno i conti per capire se e quando arriverà il gas liquefatto dal Qatar. I big dell’auto tremano per i ritardi delle consegne di chip e componenti, la chimica tedesca ha paura di rimanere senza polimeri, gli artigiani di Matera temono lo stop agli arrivi delle imbottiture dei divani.
Il Canale di Suez è l’aorta del commercio globale. E la Ever Given, il tappo che blocca da 5 giorni il traffico sui 190 chilometri d’acqua dove transita il 30% dei container mondiali, è il granello di sabbia responsabile della valanga che sta travolgendo il commercio planetario. La logistica del terzo millennio è una macchina perfetta fondata sulla teoria del just-in : inutile spendere soldi in scorte e magazzini. La merce arriva quando deve essere utilizzata. Unico problema: basta un piccolo inconveniente, come la raffica di vento o l’errore tecnico e umano che ha spiaggiato la supercontainer da 400 metri, e tutto salta.
La Ever Given si è arenata alle 7.40 di martedì 23 marzo. E le 120 ore passate da allora sono state un incubo per il commercio mondiale, già messo a durissima prova dalla pandemia e ostaggio ora del gigante incagliato.
L’effetto domino dell’incidente di Suez è tracimato ben oltre i confini egiziani. Il prezzo del greggio è salito del 5%. Le tariffe per il noleggio di navi – con 321 imbarcazioni bloccate all’ingresso del canale – sono balzate tra il 30 e il 70% in una settimana. Le quotazioni dei container, già rarissimi perché bloccati in giro per il mondo dal virus, sono quadruplicate su alcune rotte.
Gli armatori stanno decidendo in queste ore se mettersi in coda al Canale (ogni giorno di ritardo della merce costa penali da 15 a 30mila euro) o se circumnavigare l’Africa doppiando Capo di Buona Speranza. Una rotta più lunga di almeno sette giorni, con il rischio- pirati e che a causa consumi carburante (circa 800 tonnellate extra) costa 400mila euro in più. La Ever Greet – gemella dell’imbarcazione incagliata in Egitto e in viaggio dalla Malesia a Rotterdam – lo ha già fatto, virando verso sud-ovest e mettendo la prua sul Sud Africa.
In ogni caso non si tratta di scelte indolori. Nell’era del just-in, ogni giorno di ritardo di una consegna pesa come un’era geologica. I big dell’auto e deglismartphone sono già in difficoltà per la mancanza di semiconduttori, diversi settori sono stati costretti a rallentare gli impianti per carenza di materie prime. E la Ever Given intraversata a Suez è la classica goccia che rischia di far traboccare il vaso. Da qui passa il 60% delle merci cinesi per l’Europa, 80 miliardi di prodotti da e per l’Italia, il 16% del fabbisogno dei colossi chimici tedeschi. E i guai non finiranno quando il Canale tornerà percorribile. «L’arrivo di tante navi in contemporanea rischia di paralizzare i porti in Italia e in Europa, con il pericolo di lunghe liste d’attesa», è sicuro Luigi Merlo, presidente di Federlogistica e a lungo numero uno dell’autorità portuale di Genova. Quelli americani, dove la lista di attesa per carico e scarico era di 60 navi già prima di Suez, rischiano il collasso.
Chi pagherà i danni di questo colossale ingorgo navale? La responsabilità è in capo all’armatore giapponese. La Ever Given è assicurata con un massimale di circa 140 milioni di dollari, dicono fonti del settore. Cifra del tutto insufficiente per eventuali rimborsi. A far causa potrebbero essere le navi bloccate (molte hanno merci deperibi-li), quelle danneggiate dalla chiusura del Canale, le autorità di Suez. Più ci sono da saldare la bolletta dei soccorsi e le riparazioni all’infrastruttura danneggiata. Un conto miliardario che sarà direttamente proporzionale al tempo necessario per liberare la portacontainer. «Al momento non siamo in grado di fare previsioni», hanno detto ieri sera le autorità egiziane. Le navi in rada dovranno aspettare, sperando che il picco di marea tra domenica e lunedì sblocchi la situazione. E il commercio mondiale si prepara a vivere nuove ore da incubo.