la Repubblica, 28 marzo 2021
Una nuova economia costruita sui diritti
L’impatto della pandemia sul sistema economico delle democrazie avanzate – Italia inclusa – è di tali dimensioni da porre la questione di come debba essere ricostruito. Ovvero, se la profondità della ferita subita dal capitalismo industriale offre l’opportunità di una ricostruzione a tal punto radicale da pianificare una crescita economica capace di dare risposte efficaci alle maggiori sfide del nostro tempo. Lotta alle diseguaglianze, protezione dai cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, parità di genere, integrazione dei migranti. A dare una risposta positiva in questo senso è il libro di Ronald Cohen uscito in Gran Bretagna con il titolo Impact per illustrare come si può “ridefinire il capitalismo per favorire il vero cambiamento”. Il volume, edito da Penguin Book, è arrivato in libreria quasi in coincidenza con l’inizio della pandemia Covid 19 evocando quanto avvenne nel 2001 con What Went Wrong, il saggio di Bernard Lewis che uscì a ridosso degli attacchi dell’11 settembre spiegando “cosa è andato storto” nel rapporto fra Islam e Occidente. A volte i libri anticipano la Storia, consentono di comprendere meglio quanto ci avviene attorno ma bisogna avere il coraggio di leggerli e comprenderli per impossessarsi di interpretazioni rivoluzionarie, capaci di sfidare i tabù.
Come nel 2001 il merito di Bernard Lewis fu di spiegare che il jihadismo nasceva dall’Islam che rifiutava la modernità così nel 2020 il merito di Ronald Cohen è stato di affermare che il profitto deve essere bilanciato con il miglioramento della qualità della vita dei consumatori.
Ciò significa che le democrazie industriali, espressione contemporanea di un capitalismo modellato da oltre due secoli di battaglie sociali, devono trovare il coraggio di ripensarsi, reinventarsi mettendo al centro non più solo il proprio profitto ma anche la protezione dei cittadini. Nel settembre 2019 fu il “Business Roundtable” – che riunisce le trecento maggiori aziende americane – a fare proprio il principio che “migliorare la società” è più importante di “fare profitti” e ora è la formula della “Impact economy” a imporsi come possibile ricetta per la ricostruzione nel dopo Covid 19. Per comprendere di cosa stiamo parlando bisogna guardare a singoli episodi che descrivono questa nuova tendenza: da Zipline, la start up di ingegneria robotica che usa i droni per recapitare medicinali salvavita nelle località più sperdute di Ruanda e Tanzania, all’israeliana Orcam che ha investito nell’intelligenza artificiale per realizzare automobili destinate a essere guidate da non vedenti, fino all’imprenditore brasiliano Carlos Edmar Pereira che ha creato un software capace di far comunicare i disabili solo con il movimento dei loro occhi. E non si tratta di eccezioni ma della cima di un iceberg. Fra il 2019 e il 2020 il mercato delle società “ESG” (acronimo di “Environmental Sustainable Governance” con cui si classificano le aziende che investono in progetti responsabili) è cresciuto da 22 a 31 trilioni di dollari raggiungendo il 15 per cento di tutti gli investimenti finanziari globali e dimostrando che avere un impatto sociale positivo non è solo un investimento che produce consenso ma anche un buon business. Il motivo ha a che vedere con il fatto che i consumatori del XXI secolo tendono a spendere con maggiore facilità per acquistare beni e servizi che percepiscono come uno strumento per migliorare il mondo in cui viviamo. Questo significa che il consenso crescente, non solo fra i giovani, per risposte efficaci a cambiamenti climatici, diseguaglianze, parità di genere, migranti e inclusione digitale porta a consumare in maniera conseguente. È un segno di maturità da parte di chi acquista e investe che deve portare a scelte conseguenti da parte di chi vende e produce. Tanto più che i governi appaiono in difficoltà nel trovare soluzioni efficaci a problemi globali e dunque hanno bisogno di risorse – a cominciare da quelle dei privati – per cercare possibili vie d’uscita. La “Impact economy” trova un’ulteriore motivazione nella Sanità: se la pandemia di Wuhan ha testimoniato oltre ogni ragionevole dubbio la necessità di considerare la salute come tassello della sicurezza nazionale, sappiamo bene che nessuna democrazia industriale ha oggi risorse a sufficienza per garantirla a ogni suo cittadino e dunque c’è bisogno di una maggiore integrazione con le start up private che possono sviluppare innovazioni, generare conoscenza e moltiplicare risorse e investimenti. Proprio i casi della tedesca BioNtech e dell’americana Moderna – a cui va il merito del vaccino anti Covid in tempi record – testimoniano come la somma fra ricerca privata e finanziamenti pubblici possa dare risultati strategici in tempi rapidi. Nella sintesi di Paul Romer, premio Nobel per l’Economia nel 2018, «l’economia di impatto è una nuova e importante idea per ridisegnare e salvare il nostro sistema economico». Ecco perché nella ricostruzione che sta per iniziare, in Nordamerica come in Europa e Giappone, l’indispensabile ruolo dello Stato nell’economia deve guardare ben oltre la necessità di fare debiti per generare ricchezza, volgendosi a ricette innovative per migliorare la qualità della vita dei cittadini e delle loro famiglie come strumento non solo di stabilità sociale ma anche di rinascita collettiva. Basata sulla necessità di proteggere le categorie più deboli in ogni angolo della vita nazionale: chi soffre per le diseguaglianze, chi è minacciato dai cambiamenti climatici, chi perde il lavoro solo a causa del suo genere, chi non riesce a integrarsi dove vuole vivere, chi è scartato dal mondo della produzione a causa delle innovazioni tecnologiche, chi è malato, anziano o disabile e ha bisogno di aiuto. È dalla protezione di questi individui che le democrazie industriali possono trovare forze ed energia a sufficienza per risollevarsi, aumentando sicurezza e prosperità collettiva. Compito dei governi, in questa fase di ricostruzione, è dunque far coincidere risorse pubbliche e attività private attorno a un nuovo modello di società industriale, dove i profitti valgono quanto i diritti.