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 2021  marzo 27 Sabato calendario

Intervista a Dada Grimaldi

La mia generazione è in grado di cantarlo in qualsiasi momento. «Un doppio hurrà per Nonna sprint/ la vecchia che è più forte di un bicchiere di gin/ la sola sua vista fa venire uno shock/ e tutti i suoi nemici metterà kappaò»: un inno per tutti i bambini Anni 60, i primi cresciuti con la tv in casa. Giovanna, la nonna del Corsaro Nero fu uno dei Programmi che hanno cambiato l’Italia, secondo Walter Veltroni. E la regista era Alda Grimaldi, detta Dada, che, nata nel 1919, vive e combatte gagliardamente insieme a noi, portando con grazia, buone maniere e memoria stupefacente i suoi quasi 102 anni. Raiplay le ha dedicato uno speciale di Raiteche con il centro di produzione di Torino, curato da Susanna Gianandrea per la regia di Maria Baratta. Una splendida centenaria.
Qual è il suo segreto?
«Faccio finta di non avere la mia età, e ogni volta mi devo trovare una nuova tecnica di sopravvivenza. Non ho più i genitori, è ovvio, ho perso mio marito 23 anni fa e da allora vivo sola, una cameriera “in prestito” viene due ore la settimana. La tecnica numero uno è la lettura, ma se leggo troppo mi bruciano gli occhi e vedo sempre meno, mi sono affezionata agli audiolibri. Cerco sempre di avere un piano di riserva. Mio marito mi chiamava “cintura e bretelle”. Mi faccio portare e lasciare la spesa sullo zerbino, sempre, non solo adesso che siamo in zona rossa. Non ho mai mangiato molto. Mai stata neanche cuoca, non mi interessava. Era mio marito che mi preparava le squisitezze».
Che cosa faceva suo marito?
«Il medico. 50 anni di matrimonio meraviglioso, due belle case di vacanza, prima a Sperlonga, poi a Filicudi, all’epoca dei pionieri; tante amicizie, Pavese che veniva a prendere il caffè, Fruttero, Calvino, la famiglia Einaudi, da cui andavamo a Dogliani; gli ultimi anni ero molto vicina a Renata Einaudi, poi è mancata anche lei».
Guarda la tv, lei che ne ha fatta tanta?
«La sera mai. Chiudo dopo aver seguito talvolta la Gruber. Poi guardo il Tg5 perché alla fine danno il tempo. Vedo dei pezzetti di Amici, mi diverte. Noi allievi del Centro Sperimentale mai avremmo osato ribellarci all’insegnante».
Centro Sperimentale di Cinematografia, Roma: lei abitava a Torino, era un’altra epoca, come le venne in mente?
«Ho avuto una mamma speciale. Sono figlia unica, i figli unici sono un po’ speciali, imparano presto a difendersi: appena imparai a leggere, divenni ingorda di libri di viaggio. Vedevo i film ed ero affascinata dalla figura del regista. Ma a quei tempi, al Centro, una ragazza non poteva frequentare il corso di regista. E allora mi iscrissi a quello di attrice. Stavo con una famiglia, al Quadraro. Poi con una compagna prendemmo un appartamentino».
Come furono quegli anni?
«Straordinari. Al Centro c’erano grandi attori, pittori, letterati, tutti mi hanno insegnato qualcosa. Io sono antica, ma le donne sono veloci a imparare, e sanno come comportarsi con gli uomini. E sul lavoro ho imparato a non alzare mai la voce. Avevamo anche un’insegnante di buone maniere. Andavamo al Caffè Greco per sentire parlare tutti quei soloni».
Chi incontrò, a esempio?
«Antonioni, Germi, Peppino De Santis che mi chiamava Dada, e da allora fui Dada per tutti; e sempre De Santis mi portò da Visconti. Per Visconti lavorai un anno e mezzo, in Ossessione ero addetta ai dialoghi. Da lui ho capito che cosa vuol dire la solitudine del regista. Il regista solo, con il suo pollo fritto, durante le pause di lavorazione. Conobbi Eduardo De Filippo ai tempi di Le ragazze di piazza di Spagna, dovevo collaborare alla sceneggiatura di un film tratto da Maupassant. Ma poi non trovò i soldi e non se ne fece nulla. Intanto doppiavo moltissimo, per guadagnare qualcosa, anche Riso amaro. Ho fatto di tutto e di più. Bastava aver voglia di lavorare, e il lavoro si trovava».
E la Rai?
«Anche lì, tempi dei pionieri. Avevo partecipato alla prima sperimentazione, fine Anni ’40, a Torino. Stavo per partire per Napoli, dovevo fare l’aiuto regista a Luigi Zampa nel Processo alla città, ma Pugliese, direttore della nascente tv, mi chiama: fermati, convinco io Zampa a non farti pagare la penale. Facciamo la tv. E così fu».
Ermanno Anfossi, dirigente della Rai di Torino, diceva che «di Dada Grimaldi tutti i maschi erano cotti»: è vero?
«Ma va. Io avevo mio marito, e pensavo a lavorare. La tv dei ragazzi mi piaceva molto, Giovanna e i suoi personaggi, Scaramacai. Poi facevo i varietà, ricordo Settenote, Voci nella sera con Sandra Mondaini, Sim Salabim col mago Silvan, sceneggiati, inchieste, i primi programmi di cucina con Ave Ninchi, Colazione allo studio 7, A tavola alle 7. E il teatro. Tutto in diretta, cameramen, carrellisti, tecnici bravissimi».
E questa famosa Nonna del Corsaro Nero con Anna Campori, mito fondante della tv?
«Un lavoro interessantissimo, colto e pop allo stesso tempo, già allora parodiavamo le canzoni famose: “Andavo ai cento all’ora per non essere infilzato” sulle note di Morandi».
Consigli alle ragazze d’oggi?
«Leggere leggere leggere. Portarsi sempre in borsetta qualche librino, in barba ai social. E poi forza, coraggio: bisogna imparare da tutti e cercare persone che possano insegnare qualcosa. Ma lo so che io sono stata fortunata e ho vissuto un periodo d’oro». —