Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 27 Sabato calendario

Natalia Aspesi risponde a Francesco Piccolo

Gentile dottor Piccolo, mi permetta, da signora d’altri tempi cresciuta nel fascismo maschio, di ringraziarLa per il suo articolo di ieri su queste pagine, intitolato “Date ai maschi il giusto processo”. Lei si sottrae finalmente all’imperio dei furbetti che sembrano condividere e addirittura esaltare la nuova guerriglia delle giovani donne per liberarsi dagli ultimi resti di un patriarcato fuori di sé: Lei dice, gli uomini lo fanno per paura, temendo, per senso di colpa, di esserne coinvolti. Mi perdoni i cattivi pensieri: io credo invece che la loro solidarietà talvolta accompagnata da qualche lacrima, sia solo frutto di un calcolo: noi gli diamo spazio a queste menagramo, gli facciamo dire quel che vogliono, ne facciamo delle dive tanto poi alla realtà ci pensiamo noi. Poi ogni tanto qualcuno dice «Ci vuole una donna!» Una donna purchessia, non la persona migliore, non la più adatta, non la più preparata di tutti. Che molto spesso è proprio una donna. E qui nasce un’altra difficoltà non maschilista, come districarne una dal wrestling che sempre impegna le signore nella loro secolare rivalità, vedi ieri Madia- Serracchiani. Se fossi un uomo mi offenderei per questo nuovo corso che ha preso quella che io chiamo donnità: perché senza offesa per nessuno il femminismo segue strade più impegnative, c’è ancora tanto da scavare, da studiare, e nel passato ha combattuto e ha ottenuto la distruzione delle leggi più patriarcali, costruendo l’inizio di una parità che va oltre il genere e che oggi, intrappolata dal genere stesso, si sta fermando. Lei dice, voi donne avete ragione, ma non basta, anche chi ha torto, Caino, forse può averne, o comunque ha diritto a non essere condannato al carcere o all’ergastolo della cancellazione civile, senza che si avvii un giusto processo, si stabilisca la colpevolezza o l’innocenza, individuale o addirittura collettiva. Appare collettiva la nuova scoperta che tende a collegare le parole al femminicidio, il che mi sembra molto riduttivo di una tragedia che non si ferma: un uomo comincia a dire alla sua donna, minacciosamente, «la pasta è scotta», e finisce per tagliarle la gola, non subito magari ma quasi. Quindi se non gli sbatti in testa la stessa pasta dattela subito a gambe e salvati dall’assassino misogino. Non so a quale realtà corrisponda oggi questo tipo di rapporto, io non conosco neanche tra le donne più anziane qualcuna che stia con un uomo dal linguaggio incivile e scemo, (anzi mi pare che siano loro, i maschi, ad avere soggezione della compagna, spesso molto musona). E certo l’idea è molto piaciuta, i libri lamentosi vanno a ruba, l’informazione si è subito impegnata con ogni mezzo a dar spazio a un appassionante vittimismo che sta sostituendo sia le ricette di cucina che le rubriche del cuore (e che la Soncini da Lei citata affianca giustamente alla noiosissima suscettibilità che ci sta togliendo il senno). Per fortuna viviamo di mode ed è già passata quella molto americana (episcopale, metodista, battista, ecc.) del MeToo, che ci fece godere moltissimo per tutte queste star sot tomesse alle voglie di orribili vecchiacci mentre i divi di massimo fascino erano impegnati a togliersi di torno torme di seduttrici. Non credo che i maschi di potere abbiano smesso di approfittarne, temo infatti che le loro vittime attuali sanno che denunciandoli il prezzo da pagare sarebbe tuttora troppo alto, e stanno zitte o, se ancora importerà a qualcuno, lo riveleranno tra vent’anni, come le signore che a suo tempo non avevano denunciato Weinstein. Lei chiede agli uomini di prendersi la responsabilità collettiva di stare sul banco degli imputati «e lottare insieme alle donne consapevoli contro la furia dell’aver ragione che travolge tutto» (e sottolineo le parole “consapevoli” e “furia"). E io chiedo a lei, scusi l’ovvietà, ma che fine ha fatto la parola amore? Anche in Italia le leggi sono molto severe su ciò che viene considerata molestia, e noi che fummo giovani quando gli uomini erano davvero mascalzoni pericolosi, ci chiediamo, ma sarà davvero meglio adesso? Se devo dare il consenso scritto non sarà che a tutti e due passa la voglia? Poi forse stiamo già parlando del passato, perché le tredicenni di oggi si dichiarano bisessuali o fluide, agitano sapienti il sedere su tiktok e conoscono il loro potere sui ragazzi più grandi; mentre i loro coetanei terrorizzati stanno curvi sulla playstation e forse non se ne staccheranno mai.