Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2021  marzo 27 Sabato calendario

Intervista a Oksana Lyniv, la prima donna sul podio di Bayreuth

Alle giuste rivendicazioni femminili in termini di pari opportunità, l’ucraina Oksana Lyniv aggiunge il talento. Debutta in Italia, domani in streaming sul sito del Comunale di Bologna. E il 25 luglio apre il Festival di Bayreuth (prima direttrice d’orchestra in 145 anni). C’è un tema caldo. Beatrice Venezi vuol essere chiamata direttore e non direttrice, qualcuno ha detto: «Ha riportato indietro di 50 anni le battaglie delle donne».
Lei cosa ne pensa? «Per secoli determinate professioni erano destinate agli uomini. Per questo sono d’accordo che mi si chiami direttrice, altrimenti sarei una eccezione nel mondo degli uomini, in un sistema patriarcale. Le quote rosa non aiutano, in ogni lavoro ciò che conta è la qualità. Solo attraverso una sana concorrenza le donne posso avere davvero successo ed essere un esempio positivo per le generazioni future».
Le eccezioni nel passato, a parte Nadia Boulanger, sono Antonia Brico, americana di origine olandese, diresse i Berliner nel 1930 e prima di lei, nel ’23, quasi del tutto sconosciuta, Eva Brunelli. «Se guardiamo alle orchestre, fino agli anni ’90 non c’erano donne. Se poi analizziamo la condizione generale della donna in Germania, il Paese della grande tradizione sinfonica, dei compositori e delle orchestre più rinomate, si fa fatica a credere che fino al 1977 si veniva licenziate se il marito sosteneva che il lavoro fosse in conflitto con gli obblighi familiari. Una condizione che si potrebbe definire di schiavitù. E parliamo della progredita Germania dell’Ovest. Sono stata invitata al Parlamento tedesco dove è emerso che le donne guadagnano fino al 35 percento in meno degli uomini negli stessi lavori. Per questo dobbiamo parlarne ma non dobbiamo speculare. La parte più difficile è quella iniziale, nello studio si è insicuri e manca l’esperienza. Io ai masterclass ero l’unica donna e questo è già psicologicamente difficile. Mi sono sentita dire da musicisti, non da quelli con cui lavoravo: chi te lo fa fare? Tanto non avrai mai lo stesso successo di noi uomini».
Nella musica tutto è simbolo, sul podio indossa i pantaloni o la gonna? «Dipende da ciò che dirigo. È una questione di sforzo fisico, è come uno sport. Lo paragono al fioretto, dove sono importanti velocità, leggerezza, flessibilità. Devo mantenere l’eleganza ma niente deve disturbarmi nel movimento. Spesso si sta sulla punta dei piedi o ci si appoggia a una sola gamba, sul podio devo avere libertà».
La pianista Yuja Wang suona con gonne molto corte. È un modo moderno di proporre musica classica? «I solisti fanno spesso qualcosa di stravagante per farsi notare, quasi come una strategia di marketing, pensano a qualcosa che faccia subito pensare a loro. Anch’io ho uno stile, abiti su misura che diano eleganza e non mi limitino nei movimenti». Cosa rappresenta Bayreuth? «È l’apice per qualsiasi artista, è un onore inatteso, era talmente impensabile e irraggiungibile... Wagner un mondo maschile? Non sono d’accordo, ha creato ruoli di donne forti, che non hanno paura di lottare contro il patriarcato, inoltre dopo la sua morte fu la moglie Cosima a gestire il Festival e oggi c’è la bisnipote Katharina Wagner».
Esiste una sensibilità e una gestualità femminili? «La direttrice e cantante Barbara Hanningan dice che se si chiudono gli occhi si hanno le stesse aspettative, sia che suoni un uomo o una donna. Per il direttore finlandese Jorma Panula, alle donne va data musica femminile, tipo Debussy. Un’assurdità. Ad ogni modo, più che parlare di voler cambiare le cose, vorrei che ci mettessimo a farlo».