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 2021  marzo 26 Venerdì calendario

Contro Dante

VIENNA – Il Dantedì? Ce lo si può benissimo risparmiare. Nel pieno dei festeggiamenti per l’autore della Divina Commedia, arriva dalla Germania un lungo e articolato attacco della Frankfurter Rundschau contro Dante, l’Italia e le celebrazioni dantesche. Il giornale di Francoforte non ha usato mezze misure: la sferzata è approdata in prima pagina e in due paginoni interni, in pieno Dantedì. A firmare è lo scrittore e commentatore Arno Widmann (fondatore dello storico quotidiano Taz, nonché traduttore di Eco e Malaparte), che elenca in un infastidito articolo di fondo i numerosi “capi di accusa”.
C’è ben poco da festeggiare secondo il giornale tedesco, punto di riferimento degli intellettuali tedeschi engagé: in Italia si celebra oggi nient’altro che un poeta medievale «anni luce dietro a Shakespeare», egocentrico e arrivista, che ha poco a che fare con la nascita della lingua italiana. Ricordando che il 25 marzo è la ricorrenza nazionale dantesca, Widmann commenta che «l’Italia lo loda perché ha portato la lingua alle altezze della grande letteratura: si è costruito la lingua per la sua opera e da questa lingua è nata la lingua dei suoi lettori e poi dell’Italia». Ma subito precisa, con un tono beffardo che percorre tutto l’articolo, che questa è una sintesi che veniva ammannita agli scolari di 60 anni fa.
Ma quale padre della lingua italiana: Dante come poeta lirico è stato preceduto dai trovatori di Provenza. Anche Brunetto Latini, maestro e amico di Dante, avrebbe scritto il suo Trésor in francese «perché sapeva che avrebbe avuto più lettori». Dove, in Italia? Peccato che il commentatore della Rundschau non osi chiarire; non esce dal suo giochino di allusioni malevole e rimandi fuorvianti. E non si accorge della trave nel proprio occhio: quello di Latini era lingua d’oil e non francese.
La stessa Commedia, insinua Widmann, in fondo non è originale: lo studioso spagnolo Asín Palacios nel 1919 affermò che si basava su un poema mistico arabo in cui si narra l’esperienza dell’ascesa al Cielo. Certo, tutti i dantisti l’hanno smentito, ma è solo orgoglio ferito: «Vedevano minacciata l’originalità del loro eroe Dante».
Infine arriva sarcasticamente l’invito a «non fare un torto a Dante, sottovalutando la sua spregiudicata ambizione», perché in realtà «potrebbe aver sognato, col suo viaggio cristiano nell’Aldilà, di fare un colpaccio ai danni del poema arabo». Questa ci mancava: Dante plagiatore. Dell’acredine della Frankfurter Rundschau viene gratificato anche il povero T.S. Eliot, autore di un famoso saggio su Dante e reo di equipararlo a Shakespeare.
A tanto inspiegabile livore risponde signorilmente il ministro della Cultura Dario Franceschini che con un solo tweet fa piazza pulita: «Non ragioniam di lor, ma guarda e passa», scrive citando il terzo canto dell’Inferno relativo, probabilmente non a caso, agli ignavi.
Tra le miriadi di commenti al vetriolo c’è anche l’Accademia della Crusca, per bocca del presidente Claudio Marazzini: «Mi sembra che Arno Widmann, per amor di polemica, con le sue argomentazioni, sia dia persino la zappa sui piedi», e giù legnate sui tedeschi e i loro «pregiudizi da Santa Inquisizione».
Mentre infuria lo shitstorm degli italiani sul profilo Facebook del giornale tedesco, entra in campo la tv bavarese a difendere il compatriota con analoga spocchia e tanto di foto del sindaco di Ravenna mentre versa l’olio nella lanterna del Mausoleo di Dante. Il sindaco reagisce coi fatti: la lettura perpetua della Commedia che si svolge ogni sera presso la tomba del poeta, sarà fatta anche in lingua teutonica «in segno di fratellanza e amicizia fra i popoli nel nome di Dante».
La Frankfurter Rundschau intanto manda online un pezzo “neutro” sul giubileo dantesco. Bandiera bianca.