La Stampa, 26 marzo 2021
Intervista a Emmanuel Macron
Presidente Macron, come giudica la reazione dell’Europa alla crisi del Covid?
«Fin dagli inizi, ha realizzato un formidabile successo a livello economico. Da quel punto di vista abbiamo reagito rapidamente e in maniera incisiva. La risposta monetaria è arrivata nelle settimane seguenti. E quella finanziaria e per il bilancio già nell’estate. La volta precedente, per l’altra grande crisi, ci avevamo messo quattro anni per dare una vera risposta ed era stata incompleta».
E quella sanitaria?
«L’Europa della sanità non esisteva, non è una competenza dell’Ue. Siamo riusciti a fare delle cose, ma alcuni, a ragione, ci dicono che avremmo dovuto procedere più velocemente e in maniera più incisiva. Sui vaccini siamo stati troppo lenti, meno rapidi degli Stati Uniti. Non è stato un problema di coordinamento: non abbiamo capito che le cose sarebbero andate così in fretta».
Cosa significa?
«Una parte importante della ricerca sui vaccini è stata fatta in Europa. Ma gli americani hanno avuto il merito di dire, fin dall’estate 2020: non badiamo a spese e andiamo avanti. Hanno avuto più ambizioni di noi. E il principio per cui le cose si fanno “a qualsiasi prezzo”, che noi abbiamo applicato alle misure di accompagnamento di tipo economico, loro l’hanno applicato ai vaccini e alla ricerca. Noi abbiamo pensato che arrivare alle dosi avrebbe necessitato più tempo. Anche gli esperti lo dicevano: mai nella storia dell’umanità si era messo meno di un anno per concepire un vaccino».
E invece i tempi si sono ridotti.
«Sì e su quello abbiamo sognato meno degli altri. Deve essere una lezione per noi europei. Abbiamo avuto torto nel mancare di ambizione, di follia: di dire, sì, è possibile. Forse siamo stati troppo razionali».
Non sarebbe stato meglio, almeno in questo, agire a livello nazionale?
«No, difendo l’idea che la vaccinazione possa funzionare solo per tutta l’Europa. Non ha senso farlo separatamente in ogni Stato. Se si vaccinano tutti in Grecia, ma non si possono aprire le frontiere, perché non si è vaccinato in Francia, Spagna e Germania, il turismo non ritornerà. Dobbiamo avere una vera vaccinazione dei 27 Paesi e, poi, dovevamo acquistare i vaccini insieme. D’altra parte, stiamo recuperando, siamo come un diesel, che si mette in moto lentamente ma va lontano. Abbiamo ordinato 2,5 miliardi di dosi. Saremo, da qui al secondo semestre, l’area geografica che produrrà più vaccini nel mondo. E poi dobbiamo preparare la capacità produttiva per quelli che serviranno a rispondere alle varianti. Ora dobbiamo riuscire davvero a coordinarci».
Anche per la riapertura ci vuole un coordinamento?
«Certo, perché lo abbiamo visto, quando c’è stata la crisi, si sono verificati troppi comportamenti non cooperativi. Molti Stati hanno voluto subito chiudere le frontiere, gli uni contro gli altri. Schengen, che è questo spazio di libertà, si è ridotto. Ora dobbiamo avere delle regole che siano comuni, per riaprire, anche le attività commerciali e il turismo. È l’idea del certificato vaccinale, per far sì che nello spazio europeo si ricominci a circolare liberamente».
Già la prossima estate?
«A quel momento sarà dura chiedere a tutti di aver fatto il vaccino per viaggiare. In realtà ci staremo ancora vaccinando. E stiamo cominciando dalle persone più anziane. Un giovane di 18 anni forse il primo luglio non sarà vaccinato. Potrà viaggiare con un test negativo, ma bisogna applicare regole chiare e le stesse per tutti. Dobbiamo proteggerci ma riaprendo, questo significa convivere con il virus».
E i turisti in arrivo dai Paesi non europei?
«Applicheremo le stesse regole. Nell’estate, gli Stati Uniti avranno vaccinato un’ampia parte della loro popolazione e in tanti vorranno viaggiare. Chi ha ricevuto i vaccini che l’Autorità europea ha autorizzato, come Pfizer, Moderna o AstraZeneca, e può dimostrarlo, potrà trascorrere le vacanze in Europa».
Quali le sue previsioni sull’epidemia?
«Prima di tutto, bisogna dire la verità. L’estate scorsa avevo detto che avremmo convissuto in maniera duratura con il virus. Occorre molta umiltà e non si riesce mai a padroneggiare tutto. In ogni caso, in Francia, entro la fine dell’estate, ci siamo fissati l’obiettivo di proporre un vaccino a tutti gli adulti che lo vogliono. Paesi come l’Italia, la Germania e la Spagna hanno esattamente lo stesso calendario. A quel momento avremo vaccinato a un livello per il quale il virus non dovrebbe più circolare. Ma probabilmente ci saranno delle varianti, il virus continuerà ad adattarsi. Ci vorranno dei richiami. Quello che dobbiamo preparare oggi è la capacità europea di fabbricare il più rapidamente possibile queste risposte, i nuovi vaccini».
La pandemia non arresta un altro problema europeo, quello migratorio.
«Ci sono uomini e donne che fuggono dai loro Paesi, perché sono in guerra. E loro vanno accolti, nutriti, protetti, bisogna permettergli di ricostruire la propria vita. L’Europa su questo deve organizzarsi e ha bisogno di più solidarietà. Poi siamo di fronte ad un utilizzo non sempre appropriato del diritto d’asilo. In tanti fuggono per motivi economici e utilizzano questo status di rifugiati per arrivare nel nostro continente. Chiedono l’asilo e sanno che, nella maggior parte dei casi, non lo avranno e i trafficanti utilizzano le nostre lentezze burocratiche, così i migranti restano in Europa in situazioni molto precarie e ci mettono in difficoltà da un punto di vista umanitario, morale, economico».
Che fare?
«Dobbiamo proteggere meglio le nostre frontiere esterne, smantellare le reti dei trafficanti, che fanno tanti soldi sfruttando la miseria umana. E organizzare in maniera europea il tema migratorio. Abbiamo lasciato troppo a lungo da soli la Grecia, l’Italia e la Spagna di fronte a questo problema». —