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 2021  marzo 26 Venerdì calendario

Charles de Vilmorin crea abiti no-gender

Colorata, poetica e no gender. È la moda portata in passerella dallo stilista francese Charles de Vilmorin, 24 anni, nuovo enfant prodige dello stile d’Oltralpe, da poco nominato successore di Alessandro dell’Acqua come direttore artistico di Rochas, marchio simbolo dello stile made in France. Diplomato presso la Chambre Syndicale de la Couture Parisienne nel luglio 2019, ha avuto il suo primo colpo di fortuna quando un benefattore anonimo ha acquistato la sua collezione di laurea. E ha poi investito quel denaro per finanziare la sua collezione di debutto nell’aprile 2020, in piena pandemia, un trionfo di colore e positività. Un talento il suo che è anche una questione di Dna e lo ha condotto proprio al brand che ora si trova a dirigere: la sua prozia, la scrittrice e poetessa Louise de Vilmorin, era una delle più care amiche di Hélène Rochas, vedova del fondatore della maison. Delle sue capacità si era reso conto anche Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci, che a novembre lo ha coinvolto nel suo GucciFest.
Charles, com’è nato il suo rapporto con la moda?
«Sono cresciuto in una famiglia molto sensibile all’arte e al fashion. I miei genitori mi hanno presentato artisti e designer che hanno risvegliato i miei sensi creativi già in tenera età. Mia nonna e la mia bisnonna disegnavano abiti da sposa, l’abbigliamento era un nostro argomento di conversazione abituale».
Ha sempre desiderato essere un designer?
«Quando ero piccolo volevo fare il regista di teatro perché mi piaceva coordinare luci, set, personaggi. Avevo 12 anni e adoravo mettere in scena delle storie con i miei cugini».
E invece è diventato stilista. Anche se in effetti le sue collezioni vengono presentate come dei tableaux vivants: i disegni sono suoi?
«Disegno da quand’ero bambino. Da lì inizia il mio processo creativo. Vado letteralmente pazzo per le stampe, in tutte le mie creazioni ci sono miei disegni fatti a mano».
Quali sono le sue ispirazioni?
«Gli artisti che hanno un loro universo poetico e onirico come Tim Burton, Chagall, Matisse e Dalí. Dal punto di vista strettamente fashion direi John Galliano che mi ha spinto a disegnare abiti, Alexander McQueen che mi ha trasmesso il desiderio di raccontare un storia e Christian Lacroix per l’uso di una tavolozza di colori senza limiti».
Che tipo di donna indossa de Vilmorin?
«Non mi piace fare differenziazioni di genere. Le persone che indossano il mio marchio, uomini e donne, sono creative, insolite, libere e amano esprimere la propria personalità attraverso i vestiti. Oggi che la società sta cambiando, se un uomo vuole indossare un vestito, deve poterlo fare. Il fatto che le fashion week stiano diventando sempre più gender-mixed è una cosa estremamente positiva».
Quale icona del presente e del passato vorrebbe vestire?
«Lady Gaga e David Bowie».
Lei succede ad Alessandro dell’Acqua come direttore creativo di Rochas. Come si concilia il suo stile con questo storico brand?
«Rochas è un marchio che occupa un posto speciale nel mio cuore, sia per i profondi legami familiari personali che per il patrimonio dell’etichetta, che trovo così ricca e stimolante. Partirò dalla donna Rochas che è sofisticata, tagliente, con una femminilità romantica e la renderò più definita, iconica, riconoscibile. Continuerò poi a disegnare le collezioni del mio brand. Quello resta per me il terreno della vera sperimentazione».
Le sue creazioni sono un inno all’amore e alla positività.
«L’idea centrale è la libertà. Che esprimo con l’uso smodato del colore, con i simboli della liberazione sui tessuti e presentando gli abiti su diverse tipologie di fisico. Ho creato vestiti, camicie, collant, giacche imbottite e fiori di tessuto sulle extension per capelli. Mi sono ispirato anche alle donne dell’artista Niki de Saint Phalle, per i vestiti con i grandi seni. La mia prima linea ha debuttato durante il lockdown: il mondo attraversava un momento davvero buio e io volevo portare colori e felicità a tutti».
La pandemia, appunto. Come pensa cambierà la fashion industry?
«Si dovrà pensare più a produrre con pratiche eco-friendly e meno a fare soldi. Io ad esempio creo abiti su ordinazione, credo sia l’approccio più sostenibile che ci sia».
Quindi come ci vestiremo d’ora in poi?
«Credo ci saranno due estremi: coloro che non potranno più rinunciare agli abiti comodi, al casual, con qualche tocco di originalità, e altri che, non appena si tornerà ad uscire normalmente avranno una voglia estrema di tornare a vestirsi, pure con look esagerati. Vive la liberté!».