il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2021
Ritratto al veleno di Barbara D’Urso
Barbara fa le luci e la regia. E se qualcosa non garba agli autori o al regista, strilla: “Questa è una D’Urso scelta!”. Barbara fa i copioni, inventa gli ospiti, sceglie gli argomenti, misura le scollature. E se qualcosa non garba agli autori o al regista, strilla: “Questo è un D’Urso pensiero!”.
Barbara è la regina di tutte le massaie crivellate dalla noia, tormentate dai figli, dal marito, dall’amante, dall’ufficio, dalla suocera che ancora si fa viva e dalla stronza del primo piano che ancora non muore. È la loro consolazione da divano. Colei che, esibendo il serraglio di mostri campionati dalla vita vera, le fa sentire meno sole e qualche volta persino migliori. È infine, e specialmente, l’alchimista che con il solo abracadabra della voce, coniugata alla luce iridescente dei suoi zigomi, trasforma il fegato di Corona, il ciuffo di Malgioglio, le lacrime della Lecciso, in una pozione che allontana tutti i mali del mondo, o almeno sembra, finché dura la dose per lo stordimento, senza più bisogno di buttare giù una manciata di Prozac con due dita di brandy, ascoltando in cuffia Radio Maria.
Tutto è incredibile da Barbara. A cominciare da Barbara. I suoi occhi hanno la luce delle comete. I suoi denti il candore della neve a Natale. I seni la morbidezza dei cuscini in culla. Mangia bacche e cereali bio. Beve succo di aloe. Si sottopone a infiltrazioni dell’osso zigomatico e a due ore di palestra al giorno. Il risultato è un favoloso effetto Dorian Gray, che ogni anno la ringiovanisce di due. Il che spiega il giovanile entusiasmo del suo eloquio: “Se tu mandi un pensiero di energia negativa al cielo, il cielo ti rimanda sempre l’energia che tu mandi lì”. E poi: “Buona domenica, domenica, domenica! Il mio cuore è il vostro!”
È la regina del piagnisteo lunatico e del saluto al sole. Provatela una volta nella vita, per crederle. Ascolterete cose incredibili, cose mai sentite, dai suoi “ospiti di eccezione”, come Morgan, Walter Nudo, Jessica, Lele Mora, Alba Parietti, Vladimir Luxuria, Vittorio Sgarbi, Platinette, Al Bano. Anche se nessuno è d’eccezione quanto lei che mette in rete la sua stessa intimità nel video: “Barbara D’Urso canta e balla mentre lava i piatti”.
Il più bello, tra i recentissimi, è quello in cui, invece dei piatti, Barbara si occupa di Nicola Zingaretti, che dall’oltretomba democratica le aveva chiesto la cortesia di farlo tornare nel mondo dei vivi, suscitando l’ira dell’intera Spoon River da cui l’ex segretario voleva fuggire. “Nel tuo programma si può parlare seriamente di politica” aveva detto. E lo ha fatto, poverino, parlando in pieno transfert, come fosse lei: “Le mie dimissioni sono un atto d’amore. L’ho fatto per dire: ributtiamoci anima e corpo, per dare una mano all’Italia, al Paese che amiamo!”.
Barbara è la mano tesa al Paese. Il suo riassunto narrativo. Capace, nella stessa puntata, di passare dai dettagli di un infanticidio a quelli sulle tette finte. Dai morti in corsia ai tatuaggi. Dagli stupri ai tacchi a spillo. Per poi insaporire il piatto con i politici – da Di Maio a Salvini a Renzi – che non vedono l’ora di prestarsi ai suoi incantamenti, fanno la fila, come sudditi davanti alla regina.
La quale regna non solo su tutti gli intrecci di amori e disamori, i tradimenti, le lagne, le confessioni dei morti di fama, ma pure sulle geometrie del quadro politico, i rimpasti, il prodotto interno lordo e il marasma sociale che ne consegue. Fino al suo imperdibile sospiro finale che la vita è vita, anzi, “la vita è tutto: serio, faceto, risate e malattia, banalità e lacrime”.
Contundente è stata la vita di Maria Carmela D’Urso, in arte Barbara, che di ogni spigolo incontrato ha fatto un appiglio verso le vette della morbidezza. È nata nell’ombra di Napoli il 7 maggio 1957. Orfana a undici anni, scappa a Milano a 19, in cerca di fortuna. Troppo bassa per la moda, troppo ostinata per non provarci, fa la gavetta nel retropalco dei fotoromanzi e nelle prime tv locali. Si mette in scia dei giovani comici milanesi, Abatantuono, Boldi, Teocoli, con giro notturno di cabaret. Incrocia un certo Berlusconi Silvio, palazzinaro, agli esordi televisivi. Poi Pippo Baudo, cacciatore di talenti. Canta, presenta, fa un po’ di cinema minore. Molti amori le affollano il cuore, da Memo Remigi a Vasco Rossi. Due figli con il produttore Mauro Berardi, un matrimonio e un divorzio con il ballerino Michele Carfora.
Il successo arriva con le fiction tipo La dottoressa Giò e la conduzione del Grande Fratello. In Mediaset è amata, odiata, temuta: “Con le pietre che mi tirano addosso ho imparato a costruire castelli”. Porta ascolti e perfeziona il trash, aggiungendogli la lacrima e la morale.
Nel 2011 combina il guaio dell’intervista a Francesco Nuti malato, sofferente, inchiodato in un primo piano senza pietà. Protestano il pubblico e il Web. Il direttore dell’informazione, Mauro Crippa, che non la regge, prova a chiuderle il programma. E così pure Pier Silvio. Ma Barbara ha una linea diretta col babbo, il Dottore, che dai tempi di Telemilano non le ha mai lesinato contratti, complimenti e cene. Perciò lei vince e rilancia. Si prende tutto, i pomeriggi, le serate, gli speciali pure a Capodanno.
Vive e ringiovanisce in diretta. Ride, consola, fa vento con le ciglia, sussurra: “Vi amooo!”. È l’apostrofo rosa della televisione. Solo ogni tanto le impalcature del suo sorriso perenne hanno un cedimento, spalancando l’abisso: “Ogni mattino mi guardo allo specchio e so cosa è stato il mio passato”. Pausa, respiro: “Molte volte mi chiudo in bagno e piango da sola. Nessuno lo sa. Non lo deve sapere nessuno”. Guarda in silenzio la telecamera, sorride. L’abisso si rimargina, la luce vince sulle tenebre, il pomeriggio live continua. Da milioni di divani parte il sospiro e l’applauso.