Corriere della Sera, 25 marzo 2021
Intervista a Franco Morbidelli
Quando parla del Brasile gli brillano gli occhi. La sua parte sudamericana salta fuori quando riflette sulla vita, sulle corse e sugli amici. Franco Morbidelli, madre di Recife, padre romano ex pilota (scomparso nel 2013) ha trovato il ritmo giusto per la stagione che parte domenica: una «bossa nova» morbida, suadente e molto rassicurante. «Vivo un momento magico. Tutto gira per il verso giusto, sport, vita e cuore. Sono carico, pieno d’energia e non vedo l’ora di cominciare».
I test sono andati bene. E chi ben comincia…
«Vero, ma i test non dicono mai tutta la verità. Come sempre l’ultima parola spetta alla gara, ma sono molto soddisfatto del lavoro fatto».
Ha chiuso il 2020 al secondo posto ed era dal 2005 che un pilota privato non finiva nei primi tre. Sentirsi tra i favoriti le pesa?
«Dipende dalla propria natura. Io lo vivo come una responsabilità e un privilegio che mi sono guadagnato sul campo vincendo tre gare in una stagione favolosa. E con un team satellite che aumenta il valore del risultato. Ho dimostrato di essere cresciuto e non sono spaventato da questa sfida, per quanto tosta possa apparire».
Su chi scommetterebbe?
«Gli avversari sono tutti veloci. Ma la velocità non è l’aspetto determinante. Conta di più la costanza e sotto quest’aspetto vedo bene le due Suzuki (Mir e Rins, ndr). Poi le Ducati e le altre Yamaha, tutti avversari fortissimi».
E Marquez dove lo mettiamo?
«Sono molto curioso di vedere come un grande campione sa reagire alle difficoltà. Me l’aspetto forte come prima e quindi bisognerà esser pronti per dargli battaglia».
Per il grande pubblico lei è quasi un nome nuovo. Come si racconta?
«Come un pilota tecnico e metodico. Uno che è cresciuto un passo alla volta perché è entrato dalla porta di servizio, senza l’esperienza di chi ha fatto il percorso canonico, partendo dalla Moto3. Io c’ho messo un po’ a maturare. Ma l’anno scorso sono migliorato in tutti gli aspetti. Sono più stabile, in sella e nella vita».
La tranquillità è la sua condizione abituale.
«Ci sono piloti velocissimi che si perdono per mancanza di tranquillità, quella che serve sulla distanza. Per fare bene questo sport bisogna stare bene con la capoccia…».
Le caratteristiche
Sono tecnico e metodico, c’ho messo un po’ a maturare. Marquez? Sarà forte come prima
Quanto ha pesato l’Academy di Rossi nella sua crescita di pilota?
«Ha contato tantissimo, soprattutto Vale che è il nucleo di tutto. Stare con loro ha plasmato il mio stile di vita. Io sono il prodotto della VR46».
Rossi è un amico ma anche il suo primo avversario. Come si scindono le due cose?
«È impossibile senza una grande amicizia. Bisogna violentarsi per riuscirci e ricordarsi che ciascuno è lì per dare il massimo e fare il meglio per se stesso».
Ha descritto la sua prima vittoria a Jerez come una sorta di Nirvana dove il tempo si dilatava e i ricordi s’inseguivano, mentre si avvicinava il traguardo. Vive sempre le corse con questa intensità?
«La prima vittoria in MotoGp è stata una botta fortissima, un pugno al cuore e allo stomaco, una scarica di adrenalina fantastica. La seconda aveva già un sapore diverso, senza conflitti interiori. Ma sì, vivo le gare con grande intensità perché do molta importanza alle sensazioni, persino in uno sport materiale come il motociclismo».
Dipende dalla sua anima brasiliana?
«Sì. Ne parlo spesso con mia madre che viene da Recife, un posto solare. Chi la conosce capisce questo lato del mio carattere».
Il Brasile ha sfornato grandi assi del volante. Manca ancora un campione delle due ruote.
«Da piccolo m’ispiravo a Barros (12 stagione in 500 e 5 in MotoGp, ndr), velocissimo e aggressivo. Mi scrive spesso, come molti brasiliani. In Brasile sono popolare».
Ma un eventuale titolo che nazionalità avrebbe?
«Quella italiana, ma una piccola parte di me tifa anche Brasile».