Corriere, la Repubblica, 25 marzo 2021
L’importanza della seta per Ferragamo
“Un giorno, nella primavera apparve tutta ridente in una seta di quel colore ideale tra il roseo e l’azzurro pallidissimo, di quel colore che, secondo l’immagine di un poeta di Kyoto, è fatto di luce lunare e di fiore del pesco”. Così Gabriele D’Annunzio nelle sue cronache mondane descrive la vision fugitive della marchesa Aurora Canale. Lussuosa, voluttuosa, regale, la seta è da migliaia di anni la fibra che ha messo in comunicazione Oriente e Occidente.Non stupisce che il Museo Salvatore Ferragamo abbia voluto dedicare alla seta la sua annuale mostra (da oggi al 18 aprile 2022). Se tutti conosciamo Ferragamo e le sue creazioni all’avanguardia, dalle scarpe con la zeppa in sughero alle ormai storiche décolleté Vara, “non tutti sanno”, ci racconta Stefania Ricci, direttrice del museo fiorentino e curatrice della mostra: «che il sogno del grande calzolaio era quello di trasformare il suo marchio noto in tutto il mondo in una casa di moda che vestisse la donna dai piedi alla testa».Purtroppo non fece in tempo a vederlo realizzato visto che il primo foulard della griffe raffigurante il quartier generale dell’azienda, il medievale Palazzo Spini Feroni situato all’inizio di via Tornabuoni, vide la luce nel 1961, appena un anno dopo la sua morte.All’indomani della sua scomparsa, così come la figlia maggiore Fiamma e la secondogenita Giovanna, iniziarono a occuparsi rispettivamente del settore calzaturiero e degli abiti, a riprendere il filo del discorso (e della seta) sarebbe arrivata Fulvia, la quarta dei suoi sei figli. Su di loro, le prime in famiglia a iniziare a lavorare in azienda, vigilava con amore la madre Wanda che ha continuato a occuparsi della griffe fino alla morte, a 96 anni, nel 2018.«Nostra madre», ricorda oggi Giovanna Ferragamo, «portava sempre il foulard al collo e guardava al nostro lavoro con occhio attento, esigente, sempre avanti. Era davvero orgogliosa di noi». Quando perse il padre, ad appena sedici anni, Fulvia era una giovane studentessa del collegio femminile di Poggio Imperiale a Firenze. Ospitato nella villa medicea, divenuta residenza estiva del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, Poggio Imperiale – uno degli educandati più prestigiosi d’Europa – aveva alcune stanze decorate con chinoiseries.Quei dipinti esotici che raccontavano varie attività dell’antica Cina, dalla raccolta del riso alla lavorazione della seta, esercitarono una grande influenza sulla sua creatività. Non bisogna poi dimenticare, come nota Giovanna, il singolare amore di Fulvia per i viaggi: «andavamo ovunquue, soprattutto in India, era sempre pronta per fare una fotografia che le ricordasse un colore, un motivo, un disegno, un animale, un volto, un monumento».Molti dei foulard scaturiti dall’inesauribile fantasia di Fulvia, insieme a cravatte, accessori e a una piccola sezione di abiti in seta sono oggi protagonisti della mostra. «L’esposizione», continua Ricci, «dedica grande spazio agli album ( circa un migliaio) in cui Fulvia e suoi collaboratori raccoglievano disegni, annotazioni e collage all’origine della stampa di ogni foulard. Partendo da questi album Judith Clark, che mi ha affiancato nella cura della mostra, ha creato l’allestimento dell’esposizione».L’onirico percorso, composto da nove sezioni, si apre con un’installazione degli artisti cinesi contemporanei Sun Yuan & Peng Yu che immerge il visitatore in una scena surreale, popolata da quegli stessi animali che decorano i foulard di Ferragamo. Si passa poi a una serie di stanze dedicate alle “ispirazioni” di Fulvia. A partire appunto dalle chinoiseries della villa di Poggio Imperiale, per arrivare all’amore per una natura lussureggiante.In molti foulard creati con la collaborazione di alcune delle più note seterie comasche – da Ravasi, a Ratti, fino a Mantero – saltano all’occhio i motivi patchwork caratterizzati magari da una farfalla o da un elefante composti da tanti piccoli fiori. Un concetto quello del patchwork questo molto caro già a suo padre che in epoca autarchica ricorse a questa lavorazione per sopperire alla carenza di materiali dando vita così ad alcune delle sue più straordinarie creazioni. A partire dal Sandalo Arcobaleno (1938).«Oltre che dalle orme paterne», spiega ancora Ricci, «nella realizzazione dei suoi celebri patchwork fioriti, Fulvia venne influenzata da alcuni film di animazione – di Jirí Trnka, il Walt Disney cecoslovacco – che nei primi Settanta venivano trasmessi in prima serata dalla Rai. Non è inoltre da escludere, vista la sua passione per l’arte, il richiamo ai ritratti burleschi di Giuseppe Arcimboldo fatti di fiori, frutta e ortaggi».Il risultato è una mostra magica e affascinante, piena di colori e lussureggianti scenari che, conclude Judith Clark: «Rende omaggio al caleidoscopio culturale che si traduce all’interno di un foulard italiano ».