Corriere della Sera, 24 marzo 2021
Il caso Eni e le gravi iniziative contro i giudici
«Le iniziative» volte nel processo Eni-Nigeria a «ledere il carattere di terzietà del giudice», poi espressosi con l’assoluzione per insussistenza della corruzione internazionale, «per il contenuto delle subdole ipotesi e insinuazioni rappresentano un gravissimo degrado», inedito persino per giudici abituati a subìre «attacchi scomposti e offensivi», e «vi sarà modo di esaminarlo una volta acquisito ogni elemento». Il presidente del Tribunale di Milano, Roberto Bichi, in una lettera ai giudici Marco Tremolada, Mauro Gallina e Alberto Carboni li ringrazia «per impegno, efficienza, riserbo e freddezza» mantenuti nonostante «il riflesso emozionale» per le «gravi insinuazioni». Tremolada è infatti la toga oggetto di obliqui «de relato» su imprecisate vicinanze con le difese Eni adombrati ai pm milanesi dall’indagato Piero Amara nel dicembre 2019: «omissis» trasmesso nel gennaio 2020 ai pm di Brescia dalla Procura di Milano, che il 5 febbraio 2020 con l’aggiunto Fabio De Pasquale a fine processo aveva anche provato a chiedere proprio all’ignaro collegio di convocare in extremis, come prova essenziale, Amara su «interferenze delle difese di Eni nei confronti di magistrati milanesi con riferimento al processo». Brescia ha poi archiviato le ipotesi di traffico di influenze illecite e abuso d’ufficio nel fascicolo (senza indagati) al quale la presidenza del Tribunale di Milano, soggetto istituzionale, ha ora chiesto l’accesso agli atti, a verifica delle notizie del Corriere il 21 aprile 2020 e 12 febbraio 2021.