la Repubblica, 24 marzo 2021
La missione sud di Draghi
Il Sud torna ad essere una questione nazionale. Solo riducendo il divario tra il Mezzogiorno e il Centro-Nord si può far ripartire l’intera economia. L’Italia è sprofondata nella crisi della pandemia dopo decenni di sostanziale stagnazione, anche perché in questi anni si è accentuato il divario tra le due aree del Paese. I 191,5 miliardi del programma Next Generation Eu possono rappresentare una svolta, purché si sappiano spendere bene. È la strategia che il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ha illustrato ieri nel suo intervento all’iniziativa della ministra per il Sud e la Coesione territoriale Mara Carfagna, dal titolo “Sud-progetti per ripartire”. Il tutto mentre il govrno vede tiepidi segnali di ripresa. «Il Pil calerà in modo lieve nel primo trimestre, ma ci aspettiamo una ripresa nel secondo e un’accelerazione nel terzo e nel quarto trimestre», ha spiegato nelle stesse ore il ministro dell’Economia Daniele Franco.
Tra gli obiettivi del programma europeo ci sono proprio quelli di rafforzare la coesione territoriale e favorire la transizione digitale ed ecologica. «Ciò – ha detto Draghi – significa far ripartire il processo di convergenza tra Mezzogiorno e Centro- Nord che è fermo da decenni. Anzi – ha spiegato – dagli inizi degli anni ’70 a oggi è grandemente peggiorato».
Alcuni numeri citati da Draghi: negli anni ‘70, il Pil per persona nel Sud era il 65% di quello delle Regioni del Centro-Nord mentre ora è sceso al 55%; tra il 2008 e il 2018 la spesa pubblica per investimenti nel Mezzogiorno si è più che dimezzata ed è passata da 21 miliardi a poco più di 10. E ce ne sono altri che fanno riflettere: la perdita di 5 milioni di residenti, tra il crollo della natalità e la ripresa dei flussi migratori con medie superiori ai 160 mila individui l’anno, che condurrà le regioni meridionali a costituire nel 2035 l’area del Paese con più concentrazione di anziani. Inoltre, c’è il costante assottigliamento del tasso di occupazione, in particolare per giovani e donne impegnati in lavori precari e di bassa qualità. È un processo che si è innescato a partire dalla doppia recessione dell’inizio degli anni Duemila e che è proseguito peggiorando la condizione del Mezzogiorno.
«Per la prima volta da tempo – ha detto Draghi – abbiamo l’occasione di aumentare la spesa in infrastrutture fisiche e digitali, nelle fonti di energia sostenibili». Tra le risorse del Next Generation Eu e altri fondi, per il Mezzogiorno ci sono 96 miliardi da spendere nei prossimi anni. Da spendere bene, però. Perché – sempre il presidente del Consiglio – «abbiamo imparato che tante risorse non portano necessariamente alla ripartenza del Mezzogiorno. Ci sono due problemi: uno è l’utilizzo dei fondi europei, l’altro nella capacità di completamento delle opere pubbliche. A fronte di 47,3 miliardi programmati nel Fondo per lo sviluppo e la coesione dal 2014 al 2020, alla fine dello scorso anno erano stati spesi poco più di tre miliardi, il 6,7%. Nel 2017, in Italia erano state avviate ma non completate 647 opere pubbliche. In oltre due terzi dei casi, non si era nemmeno arrivati alla metà. Il 70% di queste opere non completate era localizzato al Sud, per un valore di 2 miliardi. Divenire capaci di spendere questi fondi, e di farlo bene, è obiettivo primario di questo governo». Ed è la strada che può fermare il divario territoriale, orientando le risorse in particolare a favore delle donne e dei giovani. Ma passa sempre da qui la possibilità di recuperare «fiducia nella legalità e nelle istituzioni, siano esse la scuola, la sanità o la giustizia».
La partita si giocherà sulla stesura del piano italiano e poi entro il 2026 nella capacità di spendere e di semplificare le procedure. Anche intervenendo sul codice degli appalti, come ha suggerito ieri l’Antitrust nelle sue proposte inviate al governo per la legge sulla concorrenza: sospendere il codice per il tempo necessario a realizzare gli investimenti previsti dal programma europeo. Usare tutti gli strumenti possibili, anche perché – come ha calcolato la Svimez – per ogni euro di investimento al Sud si può generare circa 1,3 euro di valore aggiunto per il Paese e, di questo, circa 30 centesimi ricadono nel Centro-Nord.