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 2021  marzo 24 Mercoledì calendario

L’indice che cerca di prevedere le bolle di Wall Street

La domanda è di quelle che accendono dibattiti agguerriti. Di quelle che animano i guelfi e i ghibellini della finanza: sulle Borse c’è una nuova bolla speculativa? Confrontando le performance dei vari indici dallo scorso marzo con l’andamento delle varie economie, verrebbe da rispondere «sì». Senza indugi. Wall Street e il Nasdaq hanno guadagnato in un anno rispettivamente il 76% e il 95%, arrivando sui massimi storici più volte, mentre il Pil degli Stati Uniti nel 2020 ha registrato un sonoro -4,27%. In Europa dai minimi di marzo 2020 le Borse di Milano e Parigi hanno guadagnato il 63% e il 59%, mentre le economie dei due Paesi sono crollate del 10,65% e del 9,75%.
È vero che le Borse scontano il forte rimbalzo del Pil nel 2021 e nel 2022, post pandemia, ma in ogni caso uno scollamento tale delle Borse dalla realtà forse non si era mai visto. Ma siamo davvero di fronte a una bolla? Cioè a qualcosa che può scoppiare come nel 2001 o nel 2008? Questa è la domanda.
L’indice che prevede le bolle
Mentre il dibattito è aperto, e ogni fazione porta le sue valide argomentazioni, un contributo arriva da Emiel van den Heiligenberg, capo dell’Asset Allocation di Legal & General Investment Management (LGIM). Il gestore da anni studia il fenomeno delle bolle, tanto da avere elaborato un indicatore che cerca di anticiparle, monitorando vari parametri. Ebbene: il suo indice relativo alla Borsa americana è tornato ai massimi dal 2008 (intorno a 35), ma è ancora lontano dai picchi di quell’anno (sfiorò i 50 punti). E soprattutto è lontano dai massimi del 2000, quando toccò il record storico a circa 65. Segno che i rischi aumentano, ma che ancora di bolla vera e propria non si può parlare.

Bolla ancora lontana
È lui stesso a spiegarlo: «Stiamo iniziando solo adesso a riemergere dalla recessione economica causata dal Covid-19 e ciò significa che gli indicatori macroeconomici stanno migliorando, che i gap produttivi sono ancora molto ampi e che la politica monetaria è molto accomodante – osserva van den Heiligenberg -. Sebbene uno scenario del genere sia l’ideale per la formazione di bolle, ritengo che sia prematuro riadattare i propri portafogli in vista di uno scoppio».

Le ragioni della cautela
I motivi – sottolinea – sono tanti: innanzitutto c’è molto denaro investito in depositi e in fondi comuni monetari, il tasso di risparmio dei consumatori è alto ed è appena stato varato negli Usa un pacchetto di stimoli fiscali. Questo significa che «la potenza di fuoco a cui poter fare ricorso è ancora molta e non si vedono particolari catalizzatori che la possano fermare». Insomma: di soldi da investire ce ne sono così tanti che i mercati hanno probabilmente la “benzina” sufficiente per crescere ancora. La “riserva”, per intenderci, è lontana.
Ma ci sono altre motivazioni: per esempio il fatto che le politiche monetarie e fiscali siano ancora molto espansive e non accennino a fare marcia indietro, sostenendo ancora per un po’ il mercato finanziario. Anche qui non ci sono – per ora – segnali di fiato corto. Si potrebbe obiettare che proprio questo sta gonfiando una potenziale bolla, e che un giorno le politiche ultra-espansive dovranno pur finire. Quel giorno, risponde però implicitamente van den Heiligenberg, è ancora lontano.

Come funziona l’indice
L’indice infatti tiene conto di tanti di questi elementi. Tra i dati che vengono considerati, per quantificare il rischio bolla, ci sono molti fattori sia numerici sia soggettivi (commenti di analisti e così via). Ma due sono quelli che ultimamente l’hanno fatto salire.
Innanzitutto si è registrato un forte aumento del capitale raccolto tramite Ipo e Spac: «Molte di queste ricordano la bolla del settore tech della fine degli anni ’90 – osserva -, quando le azioni di imprese appena quotate hanno registrato dei rendimenti incredibilmente alti durante le prime contrattazioni pubbliche».
Inoltre la partecipazione degli investitori retail statunitensi al mercato è andata alle stelle. Anche questo è un segnale di esuberanza. Che però – conclude van den Heiligenberg – può continuare. Fino a quando? Quando scoppierà? Per la risposta non basta un indice, serve la sfera di cristallo. Ma questo è un altro paio di maniche.