Avvenire, 24 marzo 2021
Storia dei calciatori argentini in Italia
Argentini d’Italia, una lunga storia d’amore. Gli argentini venuti a giocare nel nostro campionato si possono dividere in tre categorie (più una). Prima categoria: i fuoriclasse che hanno lasciato una traccia profonda nella storia della Serie A e nella memoria collettiva. Esempi: Sivori, Batistuta, Zanetti. Seconda categoria: gli onesti mestieranti che - tra tackle e sacrifici - si sono fatti amare. Chamot, per dirne uno. Indomito guerriero scoperto da Romeo Anconetani. Pisa, Lazio, Foggia a cavallo tra gli anni ’80 e ’90. Burdisso, per dirne un altro: dodici anni in Italia, leader carismatico ovunque. Terza categoria: i bidoni, nei secoli dei secoli. Vivas, chi era costui? E Coloccini qualcuno se lo ricorda? Giocarono entrambi a Milano, vent’anni fa, Vivas con l’Inter, Coloccini col Milan. Due bronzi di Riace, difensori fermo-immagine. L’ultima categoria cui si faceva cenno - in realtà - è rappresentata da un fuori-categoria: Diego Armando Maradona. Non fa gara, non fa testo. Gioca una partita a sé, lì dove osano i baciati dalla grazia. Nessuno come Diego: sette anni a Napo-li, il brivido di un attimo eterno, due scudetti in una città che lo accolse come un profeta, il lusso di una bellezza che resterà per sempre. Fuori- categoria - se ribaltiamo la questione - è stato anche il fratello del Pibe de Oro, Hugo Maradona, in forza (risate) all’Ascoli 1987/88. Diego assicurò tutti che Hugo era più forte di lui, costrinse Ferlaino a comprarlo e - a fronte dei primi imbarazzi - trovò nell’Ascoli un club complice pronto ad accoglierlo. 12 presenze, zero gol, molte figure barbine: povero ragazzo, non era attrezzato per giocare in un campionato di livello e l’ombra del fratello gravava su di lui come una condanna. E che dire di Sergio Zarate? Ancona, 1992-93, probabilmente la squadra più scarsa capitata nella storia della Serie A. Zarate detto “El Ratòn” - Il Topone - era un Alvaro Vitali con il codone come si usava in quegli anni di plastica: entrò con più frequenza nei privé di certi locali equivoci che nelle aree di rigore avversarie. Quasi un secolo fa - a fine anni ’20 del Novecento - sbarcarono in Italia accolti da ali trionfanti di folla due geni del pallone, due oriundi, figli di emigranti che avevano attraversato l’Oceano per cercare fortuna in Argentina: Mumo Orsi e Renato Cesarini (quello del gol al fotofinish). Era di origini lucane Antonio Valentin Angelillo,
la dinamite nei piedi e un cuore innamorato. La sua love-story con la soubrette Ilya Lopez fece scandalo nell’Italia bigotta degli anni ’60. Angelillo, Sivori e Maschio erano gli “Angeles con caras sucias”, gli “Angeli dalla faccia sporca”: con la loro classe segnarono un’epoca; così come in provincia - con la maglia della Spal - divenne idolo Oscar Massei. Eccellenti ricordi hanno lasciato il “Caudillo” Passarella e Daniel Bertoni, campioni del mondo del 1978 arrivati dopo la riapertura delle frontiere nel 1980. I tifosi più giovani dell’Inter sono legati ai trionfi del Triplete, con Cambiasso e soprattutto il Principe Milito protagonisti assoluti di quegli anni d’oro. A proposito: i cannonieri argentini sono da sempre una garanzia. Nomi: Balbo, Crespo, Tevez, Higuaìn, Icardi e ovviamente Batistuta, che con 184 reti in Serie A è l’argentino più prolifico nella storia del nostro campionato (12° nella classifica All Time). Oggi i migliori argentini della Serie A - con Paulo Dybala ai box da tempo e col Papu Gomez costretto all’esilio dopo la lite con Gasperini - giocano a Udine. Sono il portiere Juan Musso e il trequartista Rodrigo De Paul. Il romanzo continua, vai col tango.