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 2021  marzo 23 Martedì calendario

In morte di Sante Notarnicola

Se n’è andato Sante Notarnicola: scrittore, poeta, militante politico, gestore di osterie e rapinatore. Era infatti l’ultimo sopravvissuto della famosa banda criminale messa in piedi da Pietro Cavallero. Pietro era un ex militante del Pci, nato e cresciuto in una barriera operaia di Torino, che sognava la rivoluzione e che invece, tra il 1963 e il 1967, mise a segno con i suoi compagni come Notarnicola e Adriano Rovoletto, diciotto rapine, nel corso delle quali morirono sette persone.
Sante, pugliese di Castellaneta, dove era nato nel dicembre del 1938, veniva, come Cavallero, dal milieu comunista. E, come lui, agli inizi degli anni Sessanta, decise di passare all’azione diretta e come Cavallero avrebbe voluto aiutare la rivoluzione algerina; Sante, a sua volta, dopo avere ricoperto il ruolo di segretario della FGCI (i giovani del Pci) di Biella, e alternato al lavoro di venditore ambulante di fiori quello di facchino, si era avvicinato ai primi gruppi della sinistra rivoluzionaria. Il destino volle invece che diventassero lui, Cavallero, Rivoletto, i nemici pubblici numeri uno dell’Italia che stava consumando i fuochi estremi del Miracolo Economico.
Le rapine, le sparatorie, la cattura. Dopo l’ultimo sanguinoso colpo, li catturarono tutti. Al processo Cavallero cantò “Figli dell’officina”, una nota canzone anarchica. Notarnicola in carcere prese parte alle rivolte dei detenuti e divenne una sorta di icona del movimento carcerario della sinistra antagonista di quegli anni. Nel 1972 Feltrinelli gli pubblicò il suo primo libro: L’evasione impossibile. Nel 1978 venne indicato come il primo nella lista dei 13 nomi dei detenuti da liberare che le Brigate Rosse indicarono per il rilascio di Aldo Moro
Alla fine ebbero la libertà, dopo avere scontato un bel po’ di anni di carcere. Cavallero si mise a dipingere, si dedicò a opere di carità. Sante continuò a scrivere e aprì osterie di “compagni” in giro per l’Italia, come a Bologna, dove sarebbe morto ieri, a 83 anni (e dopo aver superato anche il Covid, ndr).
Poi Pietro Cavallero e Rovoletto morirono, Restava ancora lui, per niente cambiato nei sogni disperati di cambiare il mondo. Il suo libro più famoso, quella “Evasione impossibile”, era il manifesto della sua vita. La frase era stata presa in prestito dal rivoluzionario libertario Victor Serge: in un modo “senza evasione possibile”, non restava che battersi per “un’evasione impossibile”.